«I mercati devono tornare a ragionare sull'economia reale»

«I mercati devono tornare a ragionare sull'economia reale» «I mercati devono tornare a ragionare sull'economia reale» Il manager italiano di Franklin Templeton: cruciale il ruolo degli analisti Ora che la bolla è finita, si può tornare a scommettere sui tecnologici intervista Flavia Podestà HHH VIVIAMO in ima fase delicata che richiede molta attenzio¬ ne: si tratta di capire se i mercati stanno creando basì solide per ripartire, oppure se invece dovre¬ mo registrare ulteriori correzioni al ribasso». Messo a confronto con il minirally offerto dalle piazze finanziarie nell'ultimo periodo, Sergio Albarelli - responsabile per l'Italia dì Franklin Templeton - a botta calda non si sbilancia e fa ricorso alla prudenza. Albarelli - una laurea alla Bocconi e lunghe esperienze in Deutsche Bank Sun, in Robert Fleming, in J.P. Mor¬ gan, e in Morgan Grenfell Asset Management Sgr - sì trova oggi ad operare in una realtà che gh con¬ sente uno straordinario monito¬ raggio delle piazze finanziarie mondiali. Il gruppo Franklin Tem¬ pleton, nato dalla fusione di quat¬ tro antiche società statunitensi, è infatti uno dei dieci leader mon¬ diali nella gestione dei fondi con oltre 11 milioni di clienti. Perché oggi è così difficile capire sela vivacità mani¬ festata dalle piazze finan¬ ziarie dopo la pesante cadu¬ ta dell'11 settembre, sia l'inizio della svolta o solo un fuoco fatuo? «Perché lo scenario intemazio¬ nale presenta elementi contra¬ stanti. La caduta dell'indice dì confidenza dei consumatori americani al livello più basso dal dopoguerra; la conferma da parte della Banca del Giappone che quel Paese è in piena reces¬ sione; il baratro su cui si muove l'Argentina sono tutti elementi che non consentono soverchi ottimismi nelle previsioni del 2002. Ma ci sono altri fattori - come il rallentamento (-O^1}*)) della produzione in Usa nel terzo trimestre dell'anno, mol¬ to più beve di quanto non ci sì attendesse; la decisione della Fed, ma anche della Bce, di iniettare liquidità nel sistema; e la robusta pohtica dì sostegno allo sviluppo varata dall'ammi¬ nistrazione Bush - che portano a credere in una ripresa dalla metà dell'anno prossimo, della locomotiva americana: con be¬ nefici per tutta l'economia mon¬ diale». Ma nel frattempo? «Nel frattempo, e c'è da augu¬ rarsi definitivamente, che i mer¬ cati tornino a ragionare in ter¬ mini dì fondamentali, di dati economici». Se l'economia Usa dovesse essere per oltre due trime¬ stri in crescita zero, il qua¬ dro potrebbe precipitare? «Bisognerà vedere quanti mer¬ cati abbiano già scontato rispet¬ to a quell'ipotesi che io non credo realistica. In ogni caso sarà necessario chiedersi quali comparti potranno essere più direttamente toccati dalla crisi. Oggi, per le incertezze prodotte dagli attacchi terroristici alle Torri gemelle, a soffrire mag¬ giormente sono i titoli delle Compagnie aeree e del turismo. Con una recessione prolungata, soffriranno probabilmente di più i titoli legati ai beni di consumo: specie quelli durevo- li. Anche in presenza di ima gelata dei consumi, comunque, non necessariamente in Borsa tutti i titoli di un dato comparto sono destinati a soffrire allo stesso modo». Se si deve ragionare sui dati economici oggi c'è po¬ co da stare allegri vista la pioggia di proni warning che si abbatte settimanal¬ mente sui mercati. «I bilanci delle imprese non possono che fotografare l'avvi¬ tamento dell'economia avvenu¬ to da giugno ed aggravatosi dopo l'I 1 settembre. Tuttavia il mercato non si limita a prender atto dei risultati, ma valuta attentamente i modelli di busi¬ ness predisposti per reagire alla crisi: la portata del destoccag¬ gio, dei tagli di organico, della guerra ai costi, e gli sforzi di diversificazione. Per questo an¬ che nell'ambito di uno stesso comparto i titoli sono apprezza¬ ti o deprezzati in modo diverso. Questa fase, in altri termini, richiede una capacità di analisi molto maggiore». Vuol dure che diventa cru¬ ciale il ruolo degli analisti? «Non c'è dubbio, sono loro che, disponendo dei numeri azienda¬ li, delle strategie e delle tattiche illustrate loro dai Consigli di amministrazione, si trovano nella posizione migliore per de¬ cifrare la bontà dei piani indu¬ striali e finanziari e quindi per valutare se il soggetto in que¬ stione avrà o meno la capacità di superare lo scoglio della re¬ cessione economica: se sarà at¬ trezzato per vincere eventuali nuove sfide competitive». Fino a che punto gli anali¬ sti sono preparati per un compito così delicato? «Gh analisti dei grandi gruppi di gestione di fondi, delle grandi banche d'affari, sono indubbia¬ mente preparati: hanno modelli matematici con cui decodifica¬ re la realtà. Questa volta verrà, però, chiesto loro di dare segna- li forti: non potranno più na¬ scondersi dietro il classico «mantenere». Dovranno esporsi dicendo: «comprare», o «vende¬ re». E con gli analisti cresce anche il ruolo dello strategist, ossia di colui che - analizzando l'evoluzione del quadro macro¬ economico - può indicare con anticipo i settori di volta in volta più colpiti dalla congiun¬ tura». Ha già visto segnali forti da parte degli analisti? «Molti, dopo che i mercati han¬ no fatto giustizia degli eccessi di euforia accumulati in passa¬ to. In Italia, per esempio, ho visto le prese di posizióni forti su Mediolanum: significa che il mercato considera vincente quel modello di business». Veniamo all'auto, ossia ad un settore che soffre della possibile cadu¬ ta di consumi. La Volkswa¬ gen ha chiesto in Germania incentivi alla rottamazio¬ ne: ritiene quegli strumen¬ ti efficaci per una ripr^oa della domanda? «Credo proprio di sì. La rotta¬ mazione, fatta in un certo modo, può indurre una svolta positiva per il settore. Sono convìnto che in una fase come questa, senza ricadere nelle tantazioni di un ritomo genera¬ lizzato della mano pubblica in economia, qualche singolo in¬ tervento ben costruito possa risultare molto positivo. Non è un caso, del resto, che gli Stati Uniti siano tornati ad avere assunzione di debito pubblico netto: per ol¬ tre due anni erano invece in fase di restituzione del debito. Questo per dire che i governi devono essere flessibili co¬ me gli imprenditori nelle politiche di spesa». Si può tornare a scommet¬ tere sui tecnologici? «Ora che la bolla si è sgonfiata, direi di sì: ma anche in questo comparto valgono i modelli di business. Non ci possono più esse¬ re, diversamente dal passato, acquisti a multipli incredibili solo sulle attese. Ci vogliono ì risultati e programmi credibili per conseguirli». Quali sono, in questa fase, i classici titoli rifugio? «Ancora una volta direi le pu¬ blic Utilities che non vengono influenzate dai cicli: non pro¬ mettono guadagni sconvolgen- ti, ma nemmeno perdite spaven¬ tose. Il mondo anglosassone le apprezza da tempo, ora - con le privatizzazioni e le liberalizza¬ zioni - vengono scoperte ed apprezzate anche da noi. Ce ne sono alcune, tra l'altro, che si sono deprezzate molto davvero per cui sono da comprare». Per esempio? «Per esempio Deutsche Te¬ lekom, Ma anche Telecom Ita¬ lia che è un belhssimo titolo: solido, con una base di clientela amplissima e tecnologie molto avanzate», Qual è, secondo lei, un mo¬ dello vincente nel campo dei Pubblici Servizi? «Il modello Vivendi, senza dub¬ bio, perché il gruppo francese ha avuto il coraggio di spostarsi dal suo business inizia e ed ha usato i robusti flussi di cassa di cui disponeva per fare investi¬ menti innovativi e trasformarsi in multiutility. Vivendi è nel portafogho di tutti i gestori». Trova corretta, allora, la strategia di diversificazio¬ ne deli'Enel? «Premesso che l'energia è un settore eccellente, sono anni che sostengo che l'Enel era il titolo mancante al Ustino di Piazza Affari. Ora c'è e la strate¬ gia di Tato - che ancora oggi può beneficiare di una posizione largamente dominante nell'elet¬ tricità - è corretta se intende diversificare la sua presenza in altri business come l'acqua, i rifiuti, le telecomunicazioni, consentendo nello stesso tempo l'ulteriore apertura del mercato elettrico in Italia che è solo in parte liberalizzato». La liberalizzazione effetti¬ va fa dunque premio? «Non c'è dubbio. La liberalizza¬ zione, che aumenta la concor¬ renza effettiva, non può che far bene alle Società: e il mercato ne è più che mai convinto». Come vede la Edison? «La Edison sta cambiando pel¬ le. Il suo rapporto con la Edf - che ha una grandissima storia alle spalle e dispone di un'eleva¬ ta tecnologia e di eccellente qualità nel servizio - costituisce una marcia in più per la Società italiana nel momento in cui questa intende conquistare mer¬ cati fuori dai confini nazionah. Si tratta, insomma, di una bellis¬ sima iniziativa di business: mol¬ to buona anche sotto il profilo economico». Come giudica le liberalizza¬ zioni italiane? «Ancora insufficienti». Chi deve svolgere i control¬ li in un mercato liberalizza¬ to: lo Stato o le Authority? «Lo Stato deve limitarsi a detta¬ re le regole-quadro: sui settori e sulle regole del gioco debbono vigilare, come avviene nei paesi anglosassoni, autorità assoluta¬ mente indipendenti». Eppure, da noi, c'è chi pen¬ sa di riportare certe compe¬ tenze o certe autorità al¬ l'interno dei ministeri. Che ne pensa? «Sarebbe una jattura. Il merca¬ to non ci metterebbe molto a fiutare l'inghippo: il sospetto dì accordi presi sottobanco, e il rìschio dì una contaminazione dei business da parte della pohtica». Con tutto il corollario che è emerso con Tangentopoli, è così? «Non c'è dubbio. Quei vìzi non solo non debbono tornare, ma sì deve persino evitare che il mer¬ cato ne sospetti il ritomo. I capitali prenderebbero subito il largo. Oggi, infatti, non c'è che l'imbarazzo della scelta e ì capi¬ tali privilegiano ì lidi meno inquinati o inquinabili». «L'Enel era il titolo che mancava al listino italiano La strategia di Tato è corretta se intende diversificare la presenza in business come acqua rifiuti e anche Tic La Edison che cambia è una buona iniziativa Peccato che in Italia le liberalizzazioni siano insufficienti» «Un bene rifugio sono le public Utilities: non promettono guadagni immensi ma neanche perdite spaventose Alcuni titoli sono così deprezzati che vale la pena di comprarli subito Un esempio? Vanno bene sia Telecom sia Deutsche Telekom» ono onare reale» le il ruolo degli analisti mettere sui tecnologici «Un bene rifugio sono le public Utilities: non promettono guadagni immensi ma neanche perdite spaventose Alcuni titoli sono così deprezzati che vale la pena di comprarli subito Un esempio? Vanno bene sia TelecoSergio Albarelli esponsabile per l'Italia dì Franklin Templeton n un disegno dì Ettore Viola Veniamo all'auto, ossia ad un settore che soffre della possibile cadu¬ ta di consumi. La Volkswa¬ gen ha chiesto in Germania incentivi alla rottamazio¬ ne: ritiene quegli strumen¬ ti efficaci per una ripr^oa della domanda? tervento ben devono sia Deutsche Telekom»essre, diversamente dal passaacquisti a multipli incredib Sergio Albarelli responsabile per l'Italia dì Franklin Templeton in un disegno dì Ettore Viola