GII Apache salvano l'uomo del re di Mimmo Candito

GII Apache salvano l'uomo del re GII Apache salvano l'uomo del re Usa in soccorso di Karzai, braccato dai taleban Mimmo Candito inviato a QUETTA La caccia all'uomo da qui non si vede, è solo un rumore d'aereo alto nel cielo. Qui l'Afghanistan è un deserto piatto che sta dall'al¬ tra parte della frontiera, giallo, vuoto, perduto dentro la polvere del vento. Ma quando il vento cala e la polvere si posa, allora da qui si toccano con la mano le montagne di Kandahar, un mas¬ siccio cupo e grigio dove la guer¬ ra in questo momento sta incro¬ ciando la vita di due uomini. Sono due uomini braccati alla morte, uno per salvarsi, l'altro per essere salvato. Il primo è Osama, quello che gli aerei che volano alti nel cielo cercano gior¬ no e notte; sono aerei sofisticati che neanche un'astronave gli sta alla pari, con la mighore tecnolo¬ gia degli scienziati in divisa, occhi elettronici, raggi infraros¬ si, visori notturni, tracciati di frequenze - un armamentario di computer e di supermacchine. Eppure, l'altro ieri, venerdì, giorno sacro per i musulmani, Bin Laden sarebbe apparso per le strade di Kandahar, infischian¬ dosene degli aerei che lo cercano giorno e nòtte alti nel cielo, dei loro occhi elettronici, dei loro tracciati, delle loro sofisticatez- ze, e dei commandos. Era l'ora della preghiera di mezza giorna¬ ta (la jumma), la più importante del venerdì, e dentro la vecchia moschea bin Laden avrebbe pre¬ gato, tenendo l'orazione, scam¬ biando affettuosità con la folla che lo ascoltava. Sarebbe poi andato anche all'ospedale a salu- tare i feriti. Quando il buio è cominciato a scendere dalla montagna, sareb¬ be tornato indietro, perdendosi dentro le gole che s'arrampicano alle spalle di Kandahar. Non ci sono conferme indipendenti, for¬ se si tratterebbe di un sosia, mandato all'aperto per farsi bef¬ fe degli americani, o per confon¬ derne i piani; ma forse no. Quelli che sanno tutto (e qui ce n'è un'infinità, alcuni travesti¬ ti da spia, altri che. spia lo sono davvero), dicono che però gli americani hanno ormai saputo dove si rifugi Bin Laden, e che gli stanno addosso; fanno anche i nomi di tre anfratti della monta¬ gna: Temur, Abdali, Sangraz, con i loro bunker e i cammina¬ menti scavati nella roccia. Può essere. L'altro uomo braccato alla morte è Hamid Karzai. E se Osama deve sfuggire agli ameri¬ cani, Karzai deve sfuggire ai taleban. Finora, è andata bene a entrambi. Karzai è uno di qui, di Quatta; ha una bella casa, ricca, con un giardino e tanti servitori dentro e fuori. E' un uomo impor¬ tante, uno dei più importanti di questa parte del Belucistan, che è una terra dove la frontiera è una pura ipotesi e tutti si sposta¬ no da questa parte e da quella senza nemmeno mostrare un documento. Perché da qui fino a Kandahar tutti sono pashtun, con una sola storia, una lingua, una tradizione, una faccia, e della «linea Durando, che gliin- glesi tracciarono due secoli fa per dividere il Raj dall'Afghani¬ stan, non sanno nemmeno che cosa sia. Karzai, quando c'incontram¬ mo un mese fa, parlò della Loya Jirga e del ruolo che deve avere il re nel futuro dell'Afghanistan. Era appena tornato da Roma, dalla villa di re Zahir, disse che i taleban hanno fatto il loro tempo e che ora bisogna cambiare. In quell'incontro lo disse a parole; poi, non appena la guerra è scoppiata, ha voluto dirlo anche con i fatti, raccontando in concre¬ to quello che non aveva voluto espheitare al reporter ch'era an¬ dato a incontrarlo: che passava in Afghanistan per montar su la ribellione dei pashtun. Se a Nord ci stava provando Abdul Haq, che con una valigiata di dollari viaggiava a comprare il consenso dei capi tribù dei terri¬ tori della frontiera, qui a Sud ci si è messo Karzai, che ha alle spalle l'appoggio del potente clan dei Popuzai. Karzai dalle parti di Kandahar è molto popola¬ re: nella guerra con i sovietici fu un comandante di quelli che contano, e la liberazione della città è uno dei vanti che ancora lui rivendica. Gli americani lo calarono da un eheottero sulle montagne che lui conosce a memoria, con un telefono satellitare, una ventina d'uomini, e qualche decina di kalashnikov e lanciagranate. E' una storia di 24 giorni fa, più o meno sulla coda del primo bom¬ bardamento. Karzai in queste montagne ci va come il pesce di Mao nella sua acqua; ma sono pesci anche i taleban, e in tre settimane di caccia all'uomo l'emissario del re è stato bracca¬ to senza respiro, protetto dalle tribù che gli devono amicizie antiche ma anche costretto a spostarsi di continuo per sottrar¬ si all'accerchiamento. Abdul Haq lo tradirono anti¬ chi rancori all'interno della tribù Ahmedzai, di quando suo fratel¬ lo Hcyi Qadir era stato governato¬ re di Nangarhar. Karzai finora non ha mostrato debiti da paga¬ re, del tempo in cui fu vicemistro degli Esteri con i mujaheddin. Per tre volte i taleban lo hanno dato per morto, pre tre volte lui ha chiamato suo fratello sul sa¬ tellitare e lo ha rassicurato: «Ok, va tutto bene». Ghhanno cattura¬ to 25 uomini (tre li hanno già impidfcati), gli hanno preso le armi, lo hanno quasi acchiappa¬ to. Ma un elicottero americano è sempre arrivato prima dei tale¬ ban. E non è stata solo fortuna: dopo aver fallito con Haq, gli americani con Karzai si giocano la loro credibilità presso gli af¬ ghani. Come Abdul Haq è entrato clandestinamente nel paese per fomentare la rivolta. Tre volte ha rischiato la morte ed è stato soccorso in extremis ZahirShah l'ex sovrano dell'Afghanistan in esilio a Roma dal 73 Un suo uomo Abdul Haq è già stato catturato e ucciso dai taleban