I mito della Guggenheim in un secolo di immagini di Manuela Gandini

I mito della Guggenheim in un secolo di immagini NEL MONDO I mito della Guggenheim in un secolo di immagini A Lugano le foto di Abbott, Freund e Ray fanno rivivere l'epopea della grande collezionista Manuela Gandini — un bianco e nero che ci ^ riporta indietro di mezzo secolo, in quell'altra Ameri¬ ca ca: terra di pionieri, dove numerosi artisti europei dell' avanguardia, nel corso della Se¬ conda Guerra Mondiale, hanno trovato rifugio, protezione e fa¬ ma. «Il ritrovo degli artisti. Breve storia in immagini della Collezio¬ ne Peggy Guggenheim» è una mostra documentaria attorno al¬ la figura della mecenate america¬ na, in corso a Lugano alla Galle¬ ria del Gottardo, organizzata per siglare il sodalizio nato tra la banca svizzera del Gottardo e la multinazionale della cultura Fon¬ dazione Solomon R. Guggenhe¬ im. Con un'immersione negli anni a cavallo tra la prima e la secon¬ da metà del secolo scorso, la mostra - curata da Luca Patocchi, direttore della Galleria del Gottar¬ do, e dalla nipote di Peggy, Karole Vail - ricostruisce il clima del tempo con fotografie, aneddoti e alcune delle opere della collezio¬ ne. L'insolita esposizione per la galleria, che normalmente propo¬ ne visioni fotografiche sulla con¬ temporaneità più che sulla mo¬ dernità, è parte del progetto di sostegno finanziario della Banca al museo. La banca ha infatti provveduto a sponsorizzare l'am¬ pliamento dell'attuale sede vene¬ ziana e sostenere lo studio del progetto preliminare per la crea¬ zione della seconda sede della Fondazione a Punta Dogana a Venezia. La mostra permette un viaggio in quegli ambienti surreali e ul¬ tra moderni dove negli armi '30 e '40 si stava creando una folgoran¬ te immagine di futuro indebolita¬ si via via nel corso della storia. Ci si ritrova in «Art of This Century», lo spazio newyorchese al 30 West 57th strada, dove nacque la prima galleria della grande mecenate. L'atmosfera è straniante, i pannelli sono curvili¬ nei, le pareti nere, i mobili bio- morfi e le luci alterne illuminano le opere in momenti diversi, men¬ tre si avverte il rombo di un treno si avvicina. Questi allestimenti architettonico-scenografici, rea¬ lizzati da Frederick Kiesler, fon¬ dono le opere con l'ambiente, perché, secondo l'autore, non do¬ vevano più esistere comici e confini tra i quadri e lo spazio. Accanto alle belle foto, tra le quali alcune di Berenice Abbott, Giséle Freund, André Kertész, Man Ray, sono esposte le opere della collezione, per cercare di conferire alla mostra indizi di tridimensionalità ambientale. Una domanda rimane aperta, per¬ ché Peggy - questa «nonna diffici¬ le», questa donna generosa, ec¬ centrica e geniale, che amava, coccolava e nutriva gli artisti e i suoi terrier Lhasa - non ha mai considerato la fotografia una ve¬ ra e propria arte? Eppure per lei tutto era arte: dai bellissimi orecchini di Calder e di Tanguy (in mostra) agli abiti di Elsa Schiapparelli agli occhiali di Edward Melcarth. «Peggy osserva "Girls in the Arches"» in una foto di P.Veìl

Luoghi citati: Lugano, Venezia