MEA CULPA lo sguardo degli ebrei di Boris Biancheri

MEA CULPA lo sguardo degli ebrei IL DIBATTITO LETTERE, FAX, E-MAIL, MESSAGGI DEI LETTORI SULL'ARTICOLO DI BARBARA SPINELLI MEA CULPA lo sguardo degli ebrei LA DIFFICILE STRADA DELLA VERITÀ Boris Biancheri IO penso a Barbara Spinelli come a una Bin Laden del bene. Arroccata nel suo inaccessibile eremo parigino, circondata da alcuni fiammeggianti intellettuali, lancia, con una personale vocazione al destino dei kamikaze, i suoi strali settimanali contro le alte torri del conformismo. Non sempre coghe il bersaglio: non perché la direzione sia sbagliata, ma perché qualche volta attraversa l'obiettivo e va oltre. Nel suo appassionato editoriale di domenica scorsa, l'obiettivo era davve¬ ro di scala smisurata: non Israele, non la diaspora ebraica ma tutto l'ebrai spio, quello di oggi come quello storico, al quale Barbara Spinelli rimprovera di essere cieco di fronte ai propri errori, incapace di ricono¬ scerli anche quando quegli errori rischiano di portare la nazione ebraica alla catastrofe e di tra¬ scinare in quella catastrofe anche gli altri. Come era pre¬ vedibile, come certo lei stes¬ sa aveva previsto, le sono piovute addosso proteste indignate da ogni parte. Soprattutto e in modo unanime - anche se con grado diverso di aggressi¬ vità - da coloro che in quella grande nazione ebraica si riconoscono. T^Ih tm certo sensorpro- rjiriò questa reazione unani- , ^jme conferma la tesi di Bar- '*T'basa"-Spin6llir E' 'difficile |. comprendere come possa es¬ sere che gli stessi/ebrei che sanno leggere conj|tanta sotti- ghezza nelle pieghe e nei dubbi dell'animo umano e che ogni giorno arricchiscono il pensiero, la scienza e l'arte dell'umanità con questa loro straordinaria percettività, si avvolgono poi in ima corazza di certezze quando giudicano se stessi e il loro desti¬ no come popolo. Nel cogliere questo aspetto, che spesso con¬ statiamo ma di cui raramente parliamo apertamente, Barbara Spinelli ha coraggiosamente af¬ frontato un elemento di verità. Più esitante, a dire il vero, sono di fronte all'invito rivolto a una intera nazione di fare il mea culpa. Ciò che conta quando ci si trova di fronte a una crisi grave e imminente, non è cosa i miei progenitori o i progenitori dei miei progenitori abbiano fatto e pensato quando si sono create le condizioni di questa crisi; ciò che conta è fare adesso il neces¬ sario affinché la crisi si risolva nel rispetto della propria e del¬ l'altrui sicurezza. E ciò che Israe¬ le deve fare, e la diaspora deve aiutare a fare, è dimostrare con le parole e con i fatti che è sua intenzione di dar vita a uno Stato palestinese indipendente così come fu concordato ormai molti anni fa a Oslo, dai confini certi e intoccabili, quali che essi siano, in modo che palestinesi e israeliani possano vivere separa¬ tamente e autonomamente negli anni a venire. Ciò che è necessa¬ rio è ricondurre il problema palestinese a un problema politi¬ co, togliendo ad esso l'aspetto religioso che ne fa una leva usata per mobilitare masse isla¬ miche contro Israele e contro l'Occidente. Ciò che è suprema¬ mente necessario fare è dissipa¬ re la convinzione prevalente che gli israeliani non consentiranno mai l'esistenza di un vero Stato palestinese, come è dimostrato da anni di politica volta alla creazione di nuovi insediamenti israeliani in Palestina e alla estensione di quelli che già esi¬ stono. E, per andare ancora più in fondo, ciò che conta è ricono¬ scere che esiste un popolo pale¬ stinese, come esiste un popolo egiziano, o siriano, o giordano e che questo popolo ha diritto di continuare a esistere in Palesti¬ na. Esattamente come il mondo arabo e islamico devono ricono¬ scere che esiste un popolo ebrai¬ co e che questo popolo ha diritto di continuare a esistere in sicu¬ rezza in Israele. I torti del passa¬ to, sia degli uni che degli altri, sono meno importanti dei diritti del presente. a BisogSignora colta, è uprenda anche sosalemmHedera, di comeisraelianmikaze, nosciutagari camte, che tii soldati chi, nonSharon armati periodo ca mai. Lè molto camere te con mSpinelliCelomi,rebberoun «meaho 84 fascismleggi anche in Imorte. E«mea cscritto na PerseChi amdiritti dgno e gano. Anchnire peraccorgenuare adevono Israele edi degli nesi. Noanni pasca di ioccupatganza non solozo di taamici dre applirappresno nellaterroreuccidiaanche'!terrorisdo a qu a Bisogna viverci Signora Spinelli, Lei è ima donna colta, è una mente aperta. Adesso, prenda un aereo e vada a vivere anche solo per 2 settimane a Geru¬ salemme, nel quartiere di Chilo, a Hedera, a Tel Aviv e si renda conto di come si svolge la vita degli israeliani, sotto l'incubo dei ka¬ mikaze, di qualunque persona sco¬ nosciuta che ti passa accanto, ma¬ gari camuffato da ebreo osservan¬ te, che ti può pugnalare. Vedrà che i soldati rispondono solo agli attac¬ chi, non sparano mai per primi, e Sharon è pronto a ritirare i carri armati ma pretende almeno un periodo di tregua che non si verifi¬ ca mai. La propaganda palestinese è molto abile sia davanti alle tele¬ camere straniere sia in foto scatta¬ te con molta astuzia. No, signora Spinelli, né Suo Padre, né Eugenio Celomi, né tanti altri martiri vor¬ rebbero che Israele pronunciasse un «mea culpa». Io sono anziana, ho 84 anni, ho vissuto sotto il fascismo che ha promulgato le leggi antiebraiche, poi il nazismo che in Italia mi ha condannato a morte. Eh no, glielo ripeto, il mio «mea culpa» non sarà mai né scritto né pronunciato. Marcella Ascoli Bolaffi a Perseguitati e persecutori Chi ama la libertà e privilegia i diritti dell'uomo non dà però soste¬ gno e garanzie in bianco a nessu¬ no. Anche il perseguitato può dive¬ nire persecutore ed è l'ultimo ad accorgersene, convinto di conti¬ nuare a difendersi. Gli amici ebrei devono distinguere fra nemici di Israele e amici dell'uomo - e quin¬ di degli ebrei, ma anche dei palesti¬ nesi. Non è piaciuto vedere negli anni passati continuare una politi¬ ca di insediamenti nei territori occupati che esprimeva solo l'arro¬ ganza del più forte, ignorando non solo l'Onu ma anche l'imbaraz¬ zo di tanti ebrei moderati e degli amici degli ebrei. Non piace vede¬ re applicare oggi quel sistema di rappresaglia che molti di noi han¬ no nella memoria e ricordano con terrore: «per ogni nostro ucciso ne uccidiamo tanti dei vostri». E anche'! nostri venivano chiamati terroristi e banditi. Anche riguar¬ do a questo si potrebbe far notare come nella nostra cultura all'anti¬ ca legge del taglione si è andata faticosamente sostituendo l'idea che la reazione debba essere infe¬ riore all'offesa, se si vuole smorza¬ re la violenza. Sperando che pre¬ sto si riaccenda, per Israele e la Palestina, quella luce che si spen¬ se con l'uccisione di Rabin, ringra¬ zio per la scintilla positiva fatta scoccare da La Stampa Tito Conti a Ci crede? Gentile signora, mi dica, ma vera¬ mente crede a quello che scrive? Se vuole la verità venga a vederla da vicino qui da noi, nella Israele così cattiva che lei dipinge. Saluti Vittorio Sasson a II dibattito esiste Uno Stato, un popolo, è fatto di corpi, di stomaci, di budella, e quando questi vengono fatti salta¬ re dai kamikaze di turno non è facile sedersi, dibattere ed essere ascoltati in merito alle questioni da lei sollevate. Se tiene conto inoltre che la migliore intellighen¬ zia ebraica di sinistra è stata recentemente spiazzata dalle scel¬ te di Arafat contro il processo di pace voluto da Barak, forse potrà avere un quadro migliore della situazione politico-culturale in cui il dibattito interno al mondo ebraico possa versare oggi. (...) Ciononostante, già dagli Anni 90 esistono in Israele storici che han¬ no indagato e «riletto» la storia dei giovane stato ebraico: sono i cosid¬ detti «storici revisionisti» israelia¬ ni; Hanno riscritto il periodo d'oro dei pionieri, oltre che gli errori da loro commessi. Il dibattito quindi, nonostante le difficoltà sopra elen¬ cate, esiste. Davide Romano ex segretario nazionale della Federazione giovanile ebraica d'Italia a La morale Certo per la Spinelli e per buona parte del mondo un mondo senza ebrei sarebbe più comodo. Ed invece non si ricorda che l'Olocau¬ sto è stato provocato dalla conni¬ venza dell'intera civiltà occidenta¬ le ! Dà fastidio che la nostra memo¬ ria storica non si ferma all'11 settembre, dà fastidio che non ci assimiliamo, dà fastidio che benpensanti come la Spinelli non siano riusciti a cancellarci in due¬ mila anni di repressione. Forse è ora che qualcuno capisca che ci vorranno millenni prima che l'Oc¬ cidente possa permettersi di farci la morale. Jonathan Pacifici a Tocca all'Occidente L'articolo della Spinelli è la cosa più importante scrit¬ ta dopo 1' 11 settembre. Tut¬ tavia mi sembra limitativo rivolgere la critica al solo ebraismo, sia d'Israele sia della diaspora. Il «mea cul¬ pa» auspicato dalla Spinel¬ li è dovuto in varia misura a tutto l'Occidente, nel sen¬ so che le responsabilità oc¬ cidentali (e non solo israe¬ liane) sono cronologicamen te e logicamente antecedenti alle pur gravissime e ingiustifica¬ bili reazioni del mondo arabo-isla¬ mico. La presa di coscienza non vi è stata nell'ebraismo, ma non vi è stata neppure nell'opinione pub¬ blica occidentale in genere. Maurizio Cestelli a Diritti Signora Spinelli, può dirmi in qua- li punti la democratica Palestina concede ai suoi cittadini non arabi diritti maggiori di quanti ne abbia¬ no gli arabi in Israele? E dove sono i soldati bambini israeliani? Luisa Pellegrino a La soluzione Sono un italiano che cinque anni fa si è trasferito con la sua fami¬ glia in Israele. Non sono ebreo ma lo è mia moglie, nata in Egitto, espulsa con tutti gli ebrei egiziani da Nasser nel 1956, con un bisnon¬ no nato a Gerusalemme e una lunga serie di antenati vissuti per secoli in quella terra che i Roma¬ ni, in spregio degli ebrei che allora vi abitavano, chiamarono Palesti¬ na. Ci siamo decisi a trasferirci in parte sull'entusiasmo che la spe¬ ranza di una pace aveva solleva¬ to, ma principalmente perché vo¬ levamo dare ai nostri figli non un'educazione religiosa, ma un'identità. Quando lei afferma che l'ebraismo è un monoteismo, credo che non colga il fatto che l'ebraismo non è solo una religio¬ ne, ma anche un'identità cultura¬ le e, come tale, non si esprime pienamente senza poter stabilire una relazione con un luogo fisico. E' questa necessità, oltre i vari travagli cui hanno dovuto sotto¬ stare, che ha spmto e spinge tutto¬ ra molti ebrei a venire in Israele, nonostante tutto, perché qui tro¬ vano la loro casa. Lei suggerisce di chiedere perdono. Ammettiamo che sia dovuto e che lo si faccia, crede forse che potrà risolvere il nodo di fondo? Shalom Gianfilippo Pietra a La casa in Iraq Riguardo al mea culpa che gli ebrei dovrebbero pronunciare nei riguardi dell'Islam vorrei porle una domanda. E' al corrente della violenza fisica e morale, degli espropri che i «civilissimi» paesi islamici hanno attuato nei con¬ fronti dei «loro» ebrei negli anni che vanno dal 1948 al 1967, e dai quali è derivata l'ennesima diaspo¬ ra ebraica? Io stessa avrei casa, terreni e capitali in Iraq, paese nel quale i miei antenati furono depor¬ tati come schiavi dall'antica Israe¬ le (eh sì, esisteva già!) dal re babilonese Nabucodònosor nel 597 a.C. (vuoi vedere che i veri iracheni siamo noi?). L.K. a II valore Ringrazio Barbara SpineUi. In un mare sconfinato di stupidità e di ipocrisia, articoli inteUigenti ed onesti moltiplicano per mille il loro valore, in funzione della loro estrema scarsità. Maurizio Donatini a Noi e le Torri La invito a documentarsi su come sia complesso e variegato il mon¬ do della diaspora e quale dibatti¬ to, quale analisi religiosa e politi¬ ca e anche quali lacerazioni venga¬ no vissute al suo intemo. Ciò avviene anche nel nostro piccolo gruppo di ebrei italiani. Si conti¬ nua volutamente a confondere l'ebraismo con lo Stato d'Israele e con la politica dei suoi governi: è ora di finirla! Le Torri sono crolla¬ te anche per noi l'I! settembre, portiamo U peso dei recenti tragici avvenimenti esattamente come tutti gli altri cittadini del mondo civile. Sandra Terracina a La verità Gentile signora Spinelli, molti la pensano come lei, pur conservan¬ do un profondo .rispetto per il popolo della Bibbia, che per noi cristiani è anche il nostro fratello primogenito, che ci ha dato un modo così originale di rivolgerci a Dio. Ci sono tanti riguardi, troppe attenzioni ad un popolo piccolo ma potente. Si teme dì offenderlo, dicendo quanto ha detto lei: la verità. Piero Gallo a Terra francobollo Io mio aspettavo che si chiedesse ai musulmani di schierarsi contro Bin Laden; invece no, la signora Spinelli chiede a me di dir male dello Stato di Israele. E poi, come ebreo europeo, dovrei chiedere scusa ai palestinesi, pur risieden¬ do altrove e non occupando un centimetro della Terra d'Israele, da lei arbitrariamente assegnata ai palestinesi. Ma crede che quel pezzettino di terra, grande come un francobollo, su cui risiedono i miei fratelli israeliani sia troppo? No, non farò mai quello che dice. Angelo Muggia a C'è da imparare Ritengo che il pezzo della Spinelli fosse duro ma educato e argomen¬ tato. Mi chiedo come mai gli attacchi contro di lei siano così maleducati e aggressivi e violenti. Kla chi non è d'accordo non è capace di dialogare? E poi credo che l'articolo avesse un grande pregio: per andare avanti bisogna saper guardare indietro e saper riconoscere le cose e giuste come quelle sbagliate. Qualche giorno fa, un bell'editoriale di Gianni Riotta citava Edwar Said, intellet¬ tuale palestinese, che diceva, in sintesi: facciamo mea culpa an¬ che noi arabi per tutto quello che abbiamo sbagliato. C'è da impara¬ re ancora parecchio, in tema di civiltà. Anche da Said. Simona P. b Colpa? No: merito In breve dobbiamo recitare il mea culpa perché esistiamo come un popolo.in un unico stato democra¬ tico in mezzo al mondo dell'Islam fondamentalista, fanatico...- No¬ stra colpa - no: nostro merito! Yosef Tiles e Claudio Collina LETTERE, fax, e-mail, messaggi al forum aperto nel nostro sito Internet: il dibattito acceso dall'artìco¬ lo di Barbara Spinelli pubblicato domenica su La Stampa sì fa appassionato. «Ebraìsmo senza mea culpa»: questo il titolo dell'intervento, nel quale, fra l'altro. Barbara Spinelli scrive: «Il mondo ebraico non ha saputo recitare un "mea culpa" nei confronti dì popolazioni o individui che hanno dovuto pagare il prezzo del sangue o dell'esìlio per permettere a Israele dì esistere». Questo egli altri temi sviluppati nell'artico¬ lo fanno discutere e dividono politici, esponenti del mondo della cultura, dell'ebraismo, semplici lettori. C'è chi replica o analizza passo per passo l'intero scrìtto, chi allarga il discorso, chi porta ad esempio la propria esperienza personale, chi si limita a un lapidario commento. In questa pagina abbiamo raccol¬ to alcuni dei numerosissimi contributi arrivati al giornale e al forum attivo su www.lastampa.it aggi al forum aperto nel ttito acceso dall'artìco¬ blicato domenica su La Ebraìsmo senza mea ervento, nel quale, fra «Il mondo ebraico non ulpa" nei confronti dì anno dovuto pagare il er permettere a Israele mi sviluppati nell'artico¬ politici, esponenti del mo, semplici lettori. asso per passo l'intero hi porta ad esempio la e, chi si limita a un pagina abbiamo raccol¬ contributi arrivati al ww.lastampa.it che li non n due¬ orse è che ci e l'Oc¬ i farci n nti ifica¬ o-isla¬ non vi on vi è LA LUNGA DELLA TOLAmos Luzzatto* < -g^. BISOGNA premettere né di una messa all'inclassificazione. Tutto quelal contingente, sempre amdi condanna generale e sesua totalità, che viene prideale che non può che ccrimine, è antisemitismo. Plo come tale? Evidentemencapirne le radici e le motianalisi, per cercare di porvSecondo l'articolo di foStampa» del 28 ottobre 20israeliana apparterrebbepaiono ignorare ciò chPerché? Ecco la risreligione di Mosèdo valere diripiù che stche al ddel mfatesrimtativFortazione E STRADA TÀ lli come a una occata nel suo , circondata da ettuali, lancia, e al destino dei manali contro le . Non sempre hé la direzione qualche volta tre. editoriale di era davve¬ sraele, non to l'ebrai e quello Spinelli i fronte ricono¬ errori ione tra¬ ofe e¬ ¬ ¬ he tti- ubbi ogni iero, anità naria oi in ando Yasser Arafat e Ariel Sharon visti da David Levine In alto, il Muro del Pianto, uno dei simboli dell'Ebraismo Yasser Arafat e Ariel Sharon visti da David Levine In alto, il Muro del Pianto, uno dei simboli dell'Ebraismo