La frontiera dei MISERABILI

La frontiera dei MISERABILITUTTE LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE CHE SI OCCUPANO DEI PROFUGHI E DELLA POPOLAZIONE CIVILE AFGHANA La frontiera dei MISERABILI reportage Giovanni Cerniti inviato a QUETTA NELLA terra di nessuno, in questi duecento metri di sab¬ bia, sacchetti di plastica e afgha¬ ni cenciosi, il blindato blu della guardia di frontiera pakistana si muove a mezzogiorno. Alza pol¬ vere e ordini: «Andate via, anda¬ te vial». Dal confine i soldati agitano i bastoni, uno spara una raffica in aria. Che restino in Afghanistan sotto le bombe. Sen¬ za acqua, senza cibo, senza nien¬ te. Saranno trecento, adesso. E laggiù, all'ultima fiontiera afgha¬ na, altri mille arrivati a piedi, i più fortunati sul carretto tirato dall'asino. Sulla loro «burqa», le donne invisibili nascondono fa¬ gotti con piccoli tesori: collane di lapislazzuli e bracciali d'oro da vendere al bazar di Quetta: se adrà bene, se diventeranno pro¬ fughi. I soldati spostano il rotolo di filo spinato e il blindato ritor¬ na, missione compiuta. I misera¬ bili se ne sono andati, sono arre¬ trati fino alla frontiera abbando¬ nata dai taleban. Tra mezz'ora si ricomincia. «Sono in trappola, poveracci. Ma noi che ci possiamo fare?». Ahmad Bhatti, il comandante delle guardie di'frontiera, ha la camicia marrone strappata sulla spalla. Dice che è stata una sassata, domenica pomeriggio. Quando gli afghani prima si sono seduti in cerchio e poi hanno deciso di dar l'assalto al filo spinato. Prima i ragazzini, le donne, gli anziani. «In trecento, come oggi. E tutti a tirar sassi - racconta Bhatti -. Abbiamo rispo¬ sto anche noi». A sassate. «Ma non si allontanavano e allora abbiamo sparato in aria». Così in aria che ne hanno dovuti medica¬ re cinque, e imo era un ragazzino di 13 anni. «Ma anche oggi han¬ no tirato sassi. li mandiamo via e tornano, li rimandiamo via e ritornano». I miserabUi dell'Af¬ ghanistan bombardato sono in prigione. Indietro non possono andare, le bombe e i taleban. Avanti non possono andare, il Pakistan delle frontiere chiuse e del blindato blu. Non sono ancora profughi, sono disperati che nemmeno rie¬ scono a fuggire. Non hanno nem¬ meno i dollari per pagare i signo¬ ri del contrabbando, e ne baste¬ rebbero 25 per ottenere una buo¬ na guida e un passaggio sicuro in Pakistan. «Da qui comincia il deserto che porta a Kandahar - spiega il comandante -: arrivati a Chaman sono in trappola. Se ne vede appena un migliaio, ma saranno 15 mila». Per lasciare Kandahar c'erano le cinque cor¬ riere del contrabbandiere Ame- er, voleva 15 dollari per arrivare a 5 chilòmetri da Chaman. Da giovedì non c'è neppure il servi¬ zio pubbhco di contrabbando, perchè Ameer è rimasto senza gasolio: il suo deposito e tre bus centrati dalle bombe che cerca¬ no Bin Laden. Però dev'essere rimasto con un bel pacco di dollari: alla frontiera pakistana dicono che i suoi cinque autobus, in un mese, hanno portato a Chaman 400 mila afghani in fuga. Il confine pakistano è un corri¬ doio di bastoni e fili di plastica. Chi entra si trova in un labirinto e va avanti a zig zag. Quando arriva davanti agli uomini del comandante Bhatti deve tenere i documenti in bocca e le mani sul turbante. Non si sa mai. Come dice Faruk Shah, l'ufficiale che da Peshawar comanda i 1400 chilometri della frontiera, «tra la povera gente potrebbero esserci terrorista. Ma nel labirinto di bastoni può entrare solo chi ha il visto, chi è in regola. Chi è amico dei taleban, chi ha pagato. Le donne di Kandahar si avvicinano con i bimbi infagottati in brac¬ cio, addormentati dalla fatica, da venti ore di cammino, dal sole del giorno e il freddo della notte, dalla sete. Il comandante di Cha¬ man dice che non può commuo¬ versi. L'ordine arriva da Islama- bad: «L'abbiamo detto e ripetuto che in Pakistan abbiamo già 3 milioni di rifugiati afghani», di¬ chiara il portavoce del governo Riaz Mohammad Khan. E non ne vogliono più. Kandahar è vuota, solo i tale¬ ban che proteggono il Mullah Omar e la Brigata 55 di Osama bin Laden. Kabul - risponde al telefono il corrispondente del "Frontier Post", il quotidiano dei "pasthun" di Peshawar - è come la sua moschea venerdì scorso: a metà. La guerra contro i russi aveva riempito la città, per con¬ quistarla i bombardamenti era¬ no attorno, nei villaggi. Ora è il contrario. Saranno rimasti non più di centomila, ma solo di giorno. Scappare da Kabul è più difficile, il viaggio più lungo e caro: 50 dollari solò per il passa¬ re la frontiera. Chi paga e scap¬ pa, chi arriva in Pakistan e diven¬ terà "profugo" racconta lo stupo¬ re di chi non ha ancora ben capito cosa è successo l'il set¬ tembre. Mohammed Ghaus, il fornaio di Kandahar arrivato l'al¬ tra notte con moglie e cinque figli, è corso alla sede Onu di Quetta: «Se cercano Bin Laden perchè hanno bombardato casa mia?». Fatumata Kaba, la portavoce nigeriana dell'Alto Commissaria¬ to per i Rifugiati, non ha più voce. Anche lei, come tutte le agenzie dell'Orni, ripete che il Pakistan dovrebbe aprire le fron¬ tiere e gli Usa interrompere i bombardamenti. «La situazione potrà cambiare solo se ci sarà qualche grosso evento» dice. Po¬ trebbe essere, appunto, un nuo¬ vo assalto dei miserabili alla frontiera di Chaman, le guardie di frontiera che sparano, i morti. «Fanno passare solo chi paga e quelli con la carta d'identità in bocca. Tra chi resta dall'altra parte la tensione e la rabbia aumentano. Dio mio, non hanno più niente. Noi abbiamo tende e un poco di cibo, ma non bastereb¬ bero e i pakistani comunque non ci lasciano passare. Io non so cosa potrà accadere a Chaman tra un giorno, o tra un'ora...». Le agenzie aggiornano dati e previ¬ sioni da tragedia. Come il fornaio Ghaus almeno 9 mila afghani ce l'hanno fatta. Le sedi Onu sono state occupa¬ te dai miliziani arabi di Bin Laden o dai taleban. Hassan Ferdous, il portavoce Onu, ha saputo che «giovedì il Mullah Omar ha firmato un editto che ordina la restituzione dei nostri beni a Mazar-i-Sharif, dove ave¬ vano cacciato il nostro personale dai magazzini». L'editto è stato rispettato, proprio ieri mattina i taleban se ne sono finalmente andati altrove. Peccato che si siano portati via cibo e medicine. «Prima dell' 11 settembre assiste¬ vamo più di un milione e mezzo di afghani - dice Filippo Grandi, capo della missione Onu a Kabul -, gente che senza il nostro aiuto non aveva nemmeno da mangia¬ re». E quel milione e mezzo di disperati che affollano le frontie¬ re e aspettano un aiuto che non può arrivare. Un camion del¬ l'Orni due settimane fa è stato fermato dai taleban, a Jalala- bad: «Per lasciarvi passare vo- ; aliamo 32 dollari per ogni tonnel- ata di carico». A Peshawar, a Quetta, nella retrovia di Islamabad, le agenzie dell'Onu convocano conferenze stampa e tentano di far sentire la voce di chi non parla solo di bombe e guerra, di chi si cura dei disperati. «Siamo molto preoccu¬ pati», dice Peter Kessler, respon¬ sabile Onu a Islamabad. Lo dice da un mese, e raccoglie solo imbarazzati consensi. Avrebbe¬ ro bisogno 585 milioni di dollari, ne hanno appena 67. «Promesse di finanziamenti tante, nei fatti siamo al niente», dice il portavo¬ ce francese Eric Falt. La neve è attesa per fine novembre, e da quel momento «sette milioni mezzo di afghani saranno a ri¬ schio della vita. La fame, il gelo». Francesco Luna, portavoce del Programma Alimentare Onu, sta aspettando 20 tonnellate di bi¬ scotti e farina: «Ma già sappiamo che potrebbero bastare solo per cinque giomi e cinquemila perso¬ ne». Disperate anche le agenzie Onu, come gli afghani in fuga. Tra le sassate alla frontiera di Chaman volano pietre avvolte nella stoffa. Le guardie le raccol¬ gono e già sanno, è la posta per i parenti che sono nei campi profu¬ ghi pakistani. Le mamme cerca¬ no di salvare i bambini, che poi finiranno nei bazar a tessere tappeti con le piccole mani, dodi¬ ci ore di lavoro per mille e 750 lire al giomo. Bambini con gli occhi sempre spalancati e accesi. «L'82 per cento dei figli di fami- glie profughe», secondo l'Unicef, «è stato testimone di violenza e di morte. Il 15 per cento è rima¬ sto coinvolto in combattimenti». Bambini che non hanno dodici anni. Bambini cresciuti nell'Af¬ ghanistan dei mullah e dei tale¬ ban. «Il 72 per cento ha avuto un genitore ucciso, il 90 per cento pensa che sia giusto morire com¬ battendo, il 25 per cento pensa che morirà combattendo». GU occhi sono spalancati e accesi, scrivono gli esperti Unicef, per l'ansia. A sera, a Chaman, gli afghani non tirano più sassi e messaggi. Le famighe si allontanano dalla terra di nessuno e proveranno più a sud, dove è deserto e la notte aiuterà la fuga in Pakistan. Anche ieri, nella trappola, pietre e sparatorie. A un chilometro dal confine si sono visti i taleban della frontiera afghana. Hanno sparato anche loro, i miserabili non li vuole più nessuno. Il fornaio Ghaus era qui fino a sabato mattina. «Tutti noi abbia¬ mo parenti in Pakistan. Ci potreb¬ bero ospitare, perchè non ci la¬ sciano passare?». Perchè sono nei campi profughi e il Pakistan non ne vuole più. Per ogni profu¬ go il governo pakistano stanzia un dollaro al mese, per il resto arrangiarsi nei bazar. «Ma devo¬ no stare attenti in Pakistan - quasi minaccia Eric Falt -: se non aprono le frontiere adesso, se non ci permettono di aiutarli subito, se ne ritroveranno due milioni». Troppi per il blindato blu di Chaman. Un popolo prigioniero tra bombe, taleban e i blindati dei pakistani Arrivano a piedi senza acqua nécibo ' le donne portano i bambini in braccio prostrati da un cammino di venti ore sotto il sole e il freddo «Fanno passare soltanto chi paga» CROCE ROSSA INTERNAZIONALE (SEZIONE ITALIANA) wwWiCrt.lt In Afghanistan dai primi Anni 80. Personale impiegato: all'interno dell'Afghanistan sono attivi 100 operatori locali, 2 italiani e uno svizzero lavorano invece alle frontiere col Pakistan e coordinano il lavoro della Mezzaluna, la croce Rossa dèi paesi musulmani. Zona d'intervento: tutto l'Afghanistan, i confini con il Pakistan e l'Iran, ma sono attivi in tutti i paesi confinanti. Tipo d'intervento: assistenza sanitaria, distribuzione di viveri e medicinali. Fondi a disposizione: la sezione italiana ha messo a disposizione 200 milioni di lire. Per mandare aiuti: ed» 218020 Banca Nazionale del Lavoro, tesoreria Roma centro, causale Profughi Afghani MEDIO SENZA FRONTIERE www.msf.it In Afghanistan dal 1980. Personale impiegato: 10 volontari intemazionali in Afghanistan del Nord e 150 di locali in tutto l'Afghanistan. Tipo d'intervento: assistenza sanitaria di base, progetti nutrizionali, assistenza materna, cliniche mobili. Fondi a disposizione: hanno richiesto 11 milioni e 400 mila euro (22 miliardi). Per inviare aiuti: 0 87486007 causale Afghanistan, numero verde 800041616 CARIIAS http://2l2.66.230.214/ Internazionale/ attualita.htm Tipo d'intervento; Emergency e Caritas Ambrosiana organizzano la raccolta fondi per una fornitura di farmaci di prima.necessità agli ospedali e ai d spensari di Kabul. Per inviare aiuti: cp 13576228 intestato a Caritas Ambrosiana Onlus, causale Emergenza farmaci Afganistan TERRE DES H0MMES www.tdh.ch In Afghanistan dal 1980. Personale impiegato: 100 persone locali a Kabul, 60 locali e 140 volontàri nel Nord dell'Afghnaistan. Zona d'intervento: Kabul e il nord dell'Afghaistan. Tipo d'intervento: recupero bambini di strada, aiuti per emergenza sanitaria. Fondi a disposizione: budget previsto 500 milioni di lire. Per inviare aiuti: qp 321208 causale Afghanistan • ITALIANE INTERSOS Sul territorio afghano e al confine sono presenti numerose Organizzazioni non governative, ma il censimento è difficile. Certamente presenti ci sono: • FRANCESI Aide Medicale International ACTED — Action Contre la Faim Handicap International Médecins Sans Frontières Solidarités • NORDAMERICANE Mercy Corps (US) CARE Canada COOPl Emergency • INGLESI Christian Aid Save the Children Fund Oxfam Tearfund ADRA (US) a cura di Francesca Paci Wortdvision • IRLANDESI Concern • AUSTRIACHE SOS Kinderdorf International ALTO COMMISSARIATO OMU^ERI RIFUGIATI (UNHCRV www.unhcr.ch In Afghanistan dai primi Anni 80. Personale impiegato: 500 persone tra internazionali « locali. Zona ^intervento: confine tra Afghanistan e Pakistan dove si occupano di 500 mila profughi. Tipo d'intervento: posizionano aiuti di prima necessità alla frontièra. Fondi a disposizióne: lìhlltonl di dollari già spediti, 12 milioni da mandare, 11 milioni attesi a breve (L'Unhrc ha chiesto 268 milioni di dollari per l'ipotesi d'emergenza più grave: un milione e mezzo di profughi).., Collaborazione: con Ong islamiche locali pakistane e afghane e con Ong internazionali. Per mandare aiuti: cp 298000 oppure numero verde 80029800 WORLD FOOD PROGRAMME wvvw.wfp.org In Afghanistan dal1994. Personale impiegato: operativi In Afghanistan 51 locali. Zona diintervento: tutto l'Afghanistan, solo a Kandahar hanno avuto problemi per un magazzino occupato da milizie armate tipo d'intervento: portare cibo nel paese prima dell'inverno Suando i passi si chiudono, il loro pianò si rivolge a . milióni d| persone e prevede la fornitura di 52 mila tonnellate di grano al mese. Fondi a disposizióne: : hanno chiesto 257 milioni di dollari.. Per mandare aiuti: cp 89132005 a Wfp emergenza Afghanistan UNICEF www.unicef.it In Afghanistan dai pi imi Anni 70. Personale Impiegato: 70 locali in Afghanistan, altri 25 locali e numerosi intemaz onali nei paesi circostanti, Zòna d'intervento: tutto l'Afghanistan (hanno 8 magazzini nel paese) compresa l'area controllata dal Taleban, lavorano da tutti i paesi confinanti Tipo d'intervento: infanzia e maternità, soprawivenza dei bimbi. All'ìnterho del paese si parla di alto rìschio per 7,5 milioni di persone di cui 1 milione e mezzo sono piccoli da zero a 5 anni. Nei prossimi due mesi sono a rischio mòrte 100 mila bimbi. Fondi a disposizione: hanno fatto un appello per 36 milioni di dollari, ne hanno raccolti il 22 per cento, 500 mila dollari sonò stati donati da privati cittadini italiani. Per mandare aiuti: cp 745000 causale Afghanistan, numero venie 800745000 s/m THECHILDREN www.savethechildren.it In Afghanistan dal 1976. Personale impiegato: 160 operatori locali all'interno del paese, 40 internazionali in Pakistah.,Zonà d'intervento: Kabul, Nord Afghanistan, Pakistan, Tipo d'intervento: programma d'educazione sanitaria, progetti scolastici, aiuti alimentàri, rifugi temporanei, infanzia educazione e gioco. Fondi a disposizione: hanno raccolto all'inarca II 20^ hanno bisogno di 5 milioni di dòllari (circa 9 miliardi). Per Inviare aiuti: cp 43019207 intestato a Sàve thè Ghildrèn Italia Onlus causale emergenza Afghanistan ."-'w^ ; : - Continua l'arrivo dei profughi