Una rete dalla Somalia per le «casse dell'Islam»

Una rete dalla Somalia per le «casse dell'Islam» I DIRIGENTI DELL'ISTITUTO SMENTISCONO E MINACCIANO QUERELE: NON ABBIAMO RAPPORTI CON LO SCEICCO Una rete dalla Somalia per le «casse dell'Islam» retroscena «nmmnMBs ROMA BUGIE maliziose e infondate, messe in giro per rovinarci». Dalla sede di Dubai della Barakaat Bank, negli Emirati, il presidente Ahmad Nur Ali Jim'ale nega deci¬ samente qualsiasi collegamento con i terroristi. «I nostri azionisti sono seicento somah che non han¬ no alcun interesse all'estero. Non abbiamo alcun rapporto persona¬ le, né tantomeno di affari, con Bin Laden o la Al-Ittihad Al Islami» spiega Jim'ale, minacciando que¬ rele. Dalla fine di settembre la Barakaat Bank, che ha la sua sede principale nella disastrata Soma¬ lia a Bosaso, è nel mirino degli investigatori che indagano sulle trame finanziarie del terrorismo intemazionale. In un paese poverissimo, dila¬ niato dalla guerra dvile e che è stato senza alcun govemo per dieci anni, i 500 milioni di dollari (mille miliardi di lire) l'anno rac¬ colti dalla Barakaat grazie alle rimesse dei somali che lavorano all'estero e che si servono ai suoi corrispondenti sparsi per il mon¬ do, avevano già attirato qualche sospetto. Da tempo l'Ocse e la sua task force contro il riciclaggio avevano segnalato all'Interpol che dentro questi meccanismi di rimessa degli emigranti, molto diffusi anche in Pakistan, Afghani¬ stan, Bangladesh e Cina, potesse- ro confluire anche i soldi dei grop¬ pi terroristid Dal 24 settembre scorso, però, la situazione per Jim'ale e la sua banca è precipitata, e l'attività investigativa si è fatta molto più pressante, come dimostra anche il caso dell'agenzia di Firenze. Tra le organizzazioni terroristiche della lista nera diffusa quel giorno dal¬ l'amministrazione americana di George Bush, infatti, c'era anche la sconosciuta Al-Ittihad Al Islami- ya, Unità dell'Islam. Fino a quel momento, salvo in Somalia, quasi nessuno aveva sentito parlare di Al-Ittihad. Gli esperti la conosce¬ vano come un'organizzazione se¬ miclandestina armata nata agli inizi degli Armi 90 con l'obiettivo di instaurare in Somalia uno Stato islamico fondamentalista. Un gruppo trasversale, che persegue i suoi obiettivi mantenendo buoni rapporti con molti dei «signori della guerra» somah che si ornano tra loro. Un po' poco per essere nella lista dei «most wanted» degli americani. Dopo quel 24 settembre, man mano la verità è cominciata a venire fuori. E la presenza di Al-Ittihad nella lista si scopre niente affatto casuale. Secondo l'intelligence americana uno dei sui comandanti mihtari, Hassan Dahir Uweis, sarebbe il responsa¬ bile dell'abbattimento di due eli¬ cotteri americani impegnati nella missione Restore Hope m Somalia nel '93, che causò 18 morti. Fonti delle Nazioni Unite, citate dal quotidiano britannico «The Guar¬ dian», rivelano all'inizio di otto¬ bre che alcuni membri afghani e pakistani di Al Quaeda lavorano in Somalia insieme ad Al-Ittihad. I servizi britannici si sbilanciano in una stima: in Somalia opererebbe¬ ro tra 3 e 5 mila membri dell'alle¬ anza tra Al Quaeda di Bin Laden e Al-Ittihad. L'organizzazione soma¬ la gestirebbe campi di addestra¬ mento terroristici nelle montagne del Nord a Las Quoay, e a Ras Komboni, nel Sud del paese, dove pare siano state fabbricate parti degli ordigni esplosi nel '98 nelle ambasciate americane di Nairobi e di Dar-es-Salaam, e dove pare sia stato in visita lo stesso Osama bin Laden per rallegrarsi dell'otti¬ mo lavoro svolto. Proprio Al-Ittihad, secondo le stesse fonti, sarebbe il vero pro¬ prietario della Barakaat Bank, uno dei più grandi gruppi della Somalia, dove controlla anche una società di telecomunicazioni (56 stazioni a Mogadiscio, dove tra le macerie vivono anche i suoi 400 abbonati al telefono mobile) e addirittura una società di Internet banking. Notizie che hanno fatto fare un salto di qualità alle indagi¬ ni dell'Interpol e che hanno riget¬ tato nel caos l'intera Somalia. Il Somaliland e il Puntland, stati che si sono autoproclamati indipendenti nella dissoluzione della nazione somala, e tutti i gruppi etnid che contestano la legittimità del nuovo govemo transitorio, accusano il suo presi¬ dente Abdikassim Hassan Salat, di coprire i terroristi di Al-Ittihad. Tra gli accusatori più accaniti, oggi, c'è anche il generale Aideed, che per qualche tempo fu signore di Mogadiscio insieme ad Ah Mah- di. Vero è che le corti islamiche gestite a Mogadiscio da Al-Ittihad sono confluite nell'organizzazio¬ ne del nuovo esecutivo, così come il fatto che i suoi membri costitui¬ scano l'ossatura della nuova poh- zia. Dalla fine di settembre il primo ministro del govemo prov¬ visorio. Ah Khalif Galyr, non fa che smentire i presunti legami con Bin Laden. E ieri ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di fornire aiuti immediati al suo pae¬ se che rischia di diventare suo malgrado terra di rifugio per i terroristi. Dopo nove mesi dalla ratifica del piano di pace in Soma¬ lia, e memore del fallimento della Restore Hope, il Consiglio di Sicu¬ rezza dell'Onu considera però la Somalia ancora troppo pericolosa per rimetterci piede. Uno dei paesi più poveri del mondo ha raccolto mille miliardi di lire ufficialmente attraverso le rimesse degli immigrati Un'organizzazione fondamentalista clandestina e armata sarebbe il vero proprietario di una delle banche più importanti Immagini di guerra in Afghanistan

Persone citate: Ahmad Nur, Aideed, Bin Laden, George Bush, Hassan Dahir Uweis, Islami, Osama Bin Laden