«Abbiamo abbattuto noi l'elicottero» di Giovanni Cerruti
«Abbiamo abbattuto noi l'elicottero» «Abbiamo abbattuto noi l'elicottero» taleban (smentiti) esultano: faremo spezzàtiilò degli americani Giovanni Cerruti inviato a ISLAMABAD Come se l'avesse abbattuto lui, Swahilil Abdel Shahin, il portavoce taleban che se ne sta imboscato in ambasciata. «Un incidente? Lo dicono gli america¬ ni perché non vogliono demoralizzare le loro truppe. La verità è che l'elicottero Usa è stato colpito sul cielo dell'Afghanistan ed è arrivato in territorio pakistano, alla base di Dalbandin. E' precipitato da quelle parti». A sessanta chilometri dalla frontiera, che è un po' troppo per un elicottero centrato nella coda. «Non è vero - dice il generale Rashid Qureshi, il portavoce dello Ltato Maggiore pakistano- era un elicottero che s'era alzato in volo ed era pronto per un eventuale intervento di emergenza. E' stato un incidente al momento dell'atterraggio». Conferma due morti, un ferito. E nulla aggiunge. Ai pakistani non piace parlare delle tre basi aeree a disposizione degli Usa. «Le operazioni militari non partono dal Pakistan». Solo i soccorsi. All'ambasciata dei taleban sono pronti ai dettagli. Quattro elicotteri, racconta Abdel Sahhin, sono atterra¬ ti nella notte a Kohi Babà e Qila Jadeed, sulle montagne attorno a Kandahar. Forse cercavano il Mullah Omar, ma non hanno trovato nessuno. Ipotesi, questa, sostenuta anche tra i reporter pakistani che hanno accesso alle notizie dell'intelligence. Scriveran¬ no che proprio in quella zona il Mullah Omar aveva ricevuto la delegazione degli ulema arrivati dal Paki¬ stan il 2 ottobre, per l'ultima mediazione impossibile. Omar e i suoi taleban sarebbero assai infuriali con gli amici ulema, perché avrebbero usato i telefoni cellula¬ ri per chiamare il Pakistan: e le comunicazioni sarebbero state localizzate. Da qui i bombardamenti degli ultimi giomi e l'incursione dei commandos dell'altra notte. «Però la loro missione è fallita - dice Shahin - e al ritomo un loro elicottero è stato colpito». Forse la verità non è questa, ma anche all'amba¬ sciata di Islamabad, e così nei dispacci delle loro agenzie di stampa, cominciano a credere che l'ora della grande battaglia per Kandahar si avvicina. Lo pensa anche Jalaluddm Haqqani, capo delle forze armate afghane e ministro per gli Affari Tribali e le frontiere, ieri a Islamabad. «Li stiamo aspettando, a Kandahar, a Kabul, a Jalalabad. Vengano pure con la loro guerra, noi saremo sulle montagne con la nostra guerrigha». Il ministro Haqqani è considerato uno degli eroi della cacciata dei russi, era il comandante della provioncia di Khost. Non è un taleban, è un mnjaheddin, un guerrigliero. E in questo caso, a Islamabad, è anche un ambasciatore dell'Afghani¬ stan che chiede aiuto ai vecchi amici pakistani. Quando toma il bùio sul! e città dei taleban riprendo¬ no i voli e le bombe. A-'ICabulper la prima volta si segnalano carri armati per le strade, accompagnati dai canti delle moschee. Ma non si segnala resistenza, contraerea, guerriglieri. Città abbandonate dai futuri profughi e dalle milizie taleban. I reporter pakistani assicurano che da qualche giorno il Mullah Omar, finite le preghiere dell'alba, dirige le operazioni milita¬ ri. L'ordine è quello di lasciare le città e prepararsi in montagna. Prepararsi alla trappola. «Gli americani - spiega D ministro Haqqani, da un mese nominato capo delle forze armate taleban - sono figli del comfort e non possono nemmeno immaginare in quali terribili conduzioni si troveranno. Noi siamo abituati, loro non le sopporteranno». Il suo bollettino è quasi da vittoria: «Sono morti solo 25 soldati afghani e gli attacchi Usa sono miseramente falliti». Jalaluddin Haqqani è arrivato a Islamabad in visita quasi ufficiale, è pur sempre ministro di un paese che U Pakistan riconosce. Il portavoce del ministero degli Esteri non ha potuto confermare un incontro tra Haqqani e i rappresentanti dell'ex re Zahir. «Forse». Con funzionari pakistani sì. Il Mullah Omar continua a sperare che l'Alleanza del Nord possa accettare la sua proposta, uniamoci contro gli invasori americani. l'Afghanistan agli afghani. E Haqqani, a Islamabad, cerca di capire quali siano le intenzioni del govemo. «Ma veramente il Pakistan vuole per il futuro di Kabul un govemo con l'Alleanza del Nord, gente che sta con l'India ed è contro di voi?». E al Pakistan, ora alleato degli Usa, raccomanda prudenza con una provocazio¬ ne: «Io ho combattuto i russi e so che è gente che ha sempre mantenuto la parola. Gli americani no, quelli tradiscono anche i loro amici». Dal Pakistan partono gli aerei che bombardano e dall'Afghanistan i ministri che trattano vogliono capire che ne sarà del loro futuro. In un govemo senza il Mullah Omar e le sue leggi assolutamente coraniche, magari. «Senza taleban», come lo immagina Haqqani in un'intervista al quotidiano «The News». Con i rappresentanti delle tribù, delle etnie, dell'ex Zahir e (poco, molto poco) dell'Alleanza del Nord. Mercoledì dovrebbero incontrarsi a Peshawar quasi tutti, dai taleban «moderati» ai delegati del re e dell'Alleanza. Un nuovo govemo che potrebbe nascere con il 2002 : se non è un sogno è comunque futuro, e ben lontano. Prima c'è la caccia a Omar e a Qsama bin Laden. E allora il signor ministro Haqqani si dimentica le trattative e toma mujaheddin: «L'Afghanistan sarà la tomba degli Usai!». E l'ambasciatore Zaeef, con il suo sguardo pio: «Ne faremo "kebab", spezzatino...».
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