La Corte di Manhattan dà quattro ergastoli agli uomini di Bin Laden

La Corte di Manhattan dà quattro ergastoli agli uomini di Bin Laden ILTRIBUNALE DIFESO DA BARRIERE DI CEMENTO E AGENTI IN ASSETTO DI GUERRA La Corte di Manhattan dà quattro ergastoli agli uomini di Bin Laden Per le bombe alle ambasciate americane a Nairobi e Dar es Salaam che nell'agosto di tre anni fa fecero 224 morti e oltre 4700 feriti A maggio la giuria escluse la pena capitale «per non creare martiri» reportage Mario Calabresi inviato a NEW YORK QUATTRO ergastoli, senza possibilità di sconti di pena e libertà anticipata. Quattro seguaci di Osama bin Laden condannati per aver ucciso 224 persone, tra cui dodici cittadini americani, e averne ferite quasi cinquemi¬ la. Con due auto-bomba di potenza eccezionale, piazzate la mattina del 7 agosto 1998, nei parcheggi delle ambascia¬ te americane a Nairobi, in Kenya, e a Dar es Salaam, in Tanzania. Sembrava un processo lon¬ tano, quando iniziò lo scorso gennaio, oggi è di terribile attualità: gli attentati africa¬ ni sono letti come la prova generale del salto di qualità che Bin Laden ha fatto con 1 morti dell' 11 settembre e l'America si chiede se non vennero sottovalutati e trop¬ po presto dimenticati. Il processo si era ravvivato dopo la sentenza della giuria popolare, composta da sette donne e cinque uomini, che, dopo dodici giorni di camera di consiglio, il 29 maggio scorso li ritenne colpevoli ma escluse la pena di morte, «per •non farne dei martiri»; «Chis¬ sà cosa avrebbero deciso og¬ gi, dopo l'il settembre», si sonò chièsti alcuni tra i fami¬ liari delle vittime, che hanno preso posto ieri in aula. La sentenza è stata letta nel Tribunale federale di Manhattan, poco lontano dai resti delle Torri Gemelle, tan¬ to che molte delle sue linee telefoniche sono ancora fuori uso. Misure di sicurezza ecce¬ zionali hanno filtrato parenti delle vittime e giornalisti. L'edificio era difeso da barrie¬ re di cemento, sorvegliato da poliziotti con fucili a pompa, alcune strade nei dintorni erano state chiuse al traffico, anche pedonale, e c'erano «metal detector» supplemen¬ tari. Alle 10,45, il giudice Léo¬ nard Sand ha annunciato le condanne a vita per il saudita Mohamed Rashed Daoud Al- Owhali, 24 anni, il tanzania¬ no Khalfan Khamis Moha¬ med, 28, l'americano nato in Libano Wadih El-Hage, 41 (un tempo segretario persona¬ le di Bin Laden) e il palestine¬ se Mohamed Sadeek Odeh, 36. I primi due erano diretta¬ mente coinvolti negli attenta¬ ti di Nairobi e Dar-es-Salaam. Al Owhali preparò la bomba in Tanzania e partecipò al¬ l'azione tirando granate con¬ tro il corpo di guardia dell'am¬ basciata. Mohamed, addestra¬ to in Afghanistan, partecipò a tutta la fase operativa e portò il camion-bomba nel cortile dell'ambasciata di Nairobi. Fuggì in Sud Africa, dove è stato arrestato il 5 ottobre del 1999 a Città del Capo. Trami¬ te il suo avvocato ha ringra¬ ziato la giuria, che si era pronunciata contro la pena di morte. Gli altri due, Odeh e El-Ha¬ ge, hanno invece partecipato alla cospirazione per mettere in atto gli attentati. Odeh, membro di Al Qaeda dal 1992, è stato addestrato a lungo in Afghanistan all'uso degli esplosivi e ha aiutato a prepa¬ rare le bombe. Ammanettati ai polsi e alle caviglie, vestiti con la divisa carceraria celeste, gli imputa¬ ti si sono presentati in aula con folte barbe nere, capelli lunghi. Non ci saranno foto della sentenza e le loro facce saranno ricordate solo per le immagini diffuse dall'Fbi al tempo della cattura. Infatti come di prassi in molti proces¬ si americani le televisioni e i fotografi sono stati tenuti fuori dal tribunale e le uniche immagini ad uscire saranno quelle di quattro disegnatori autorizzati. Prima della sentenza cin¬ que persone tra i familiari delle vittime e i feriti di allora hanno preso la parola. «Giudice, la prego, li faccia sparire in un posto dove non possano più fare il male che hanno fatto a me», ha esordi¬ to Frank Presley, rimasto gra¬ vemente ferito a Nairobi. «L'attentato ha avuto un im¬ patto devastante sulla mia vita», ha detto Susan Hersh, giovane vedova americana di un keniano che lavorava al¬ l'ambasciata in Tanzania. «Mio marito - ha raccontato - era un musulmano, profonda¬ mente religioso, un padre ado¬ rabile di tre figli. La nostra relazione superava le distan¬ ze tra i Paesi, le culture, le lingue e le religioni. Con la loro violenza, questi uomini hanno cancellato tutto». Il giudice ha poi dato la possibilità di parlare agli im¬ putati, non prima di averli ammoniti: «Non è il momento dell'eloquenza, è il momento della giustizia». Dopo Moha¬ med che ha espresso gratitudi¬ ne per la mancata condanna a morte, ha preso la parola Odeh - unico ad aver confessa¬ to la sua appartenenza ad Al Qaeda - che ha colto l'occasio¬ ne per attaccare gli Usa per aver bombardato l'Afghani¬ stan. Solo El-Hage ha preso le distanze dall'attacco dell'I 1 settembre, ribadendo che la sua religione non ammette la morte di innocenti. La prima esplosione, la più potente, avvenne alle 10,40 del mattino a Nairobi. I morti furono 213, i feriti 4650. Un camion-bomba di una poten¬ za spaventosa, lasciato nel parcheggio dell'ambasciata. I soccorritori trovarono un pa¬ lazzo sbriciolato e rottami di automobili e motociclette da tutte le parti. Pochi minuti dopo, la seconda esplosione, in Tanzania, provocò undici morti e 72 feriti. L'Fbi lanciò la più grande investigazione all'estero della sua storia, più di mille persone vennero in¬ terrogate in Africa, dove arri¬ varono centinaia di agenti federali. Il processo venne costruito dal procuratore del Distretto Sud di New York, Mary Jo White, che chiamò a testimo- niare, nei quatto mesi di processo, novantadue perso¬ ne ed esibì 1300 elementi per dimostrare la colpevolezza dei quattro imputati. Insieme a loro, secondo l'accusa, agiro¬ no altre 18 persone: due sono in carcere negli Usa in attesa di processo, tre sono detenute in Gran Bretagna e aspettano l'estradizione, a cui si oppon¬ gono, e tredici sono ancora latitanti. Queste ultime sono state inserite dal presidente Bush nella lista dei ventidue terroristi più ricercati dal¬ l'Fbi e su di loro è stata messa una taglia di dieci milioni di dollari. Tra questi naturalmente Osama bin Laden, che guida la lista insieme ai suoi due più stretti collaboratori. For¬ se non arriverà mai in que¬ st'aula, ma il processo aveva mantenuto lo stesso l'intesta¬ zione «Stati Uniti contro Osa¬ ma bin Laden». La sentenza ha confermato l'intera inchie¬ sta condotta in tre anni dal¬ l'Fbi su Al Qaeda, diventata ora la base per la maxi indagi¬ ne sugli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono. Gli attentati in Africa vengono considerati la prova generale, del salto di qualità fatto dallo sceicco l'11 settembre Un imputato ha espresso gratitudine per la mancata condanna a morte Nella foto grande un'Immagine dell'ambasciata americana a Nairobi devastata da un attentato attribuito a Bin Laden nell'agosto '98 Qui accanto un disegno dell'udienza di ieri a Manhattan nella quale sono stati condannati all'ergastolo quattro uomini dello sceicco