Musetto, l'ex pupillo del Cavaliere alla guerra di Palermo di Aldo Cazzullo

Musetto, l'ex pupillo del Cavaliere alla guerra di Palermo Musetto, l'ex pupillo del Cavaliere alla guerra di Palermo La rottura nasce dalla polemica con Micciché, «figlioccio» di Dell'Utri La madre: «Francesco finì in carcere per Berlusconi. Lo compensano così» personaggio Aldo Cazzullo inviato a PALERMO Si va alla Vucciria per il bollito e ti dicono «verrà», a Mondello per i ricci e parlano di veira, da Oscar per le paste di mandorla e ancora verrà. Non è la guerra afghana anche se i bambini per strada si urlano «pezzo ri talebbanu», non è faida di mafia anche su ripartono i processi politici (ad Andreotti, a Dell'Ulri, a Manni- no), non è neppure il duello per Palazzo delle Aquile (si vota il 25 novembre). I candidati della destra e della sinistra, Diego Cammarata e Francesco Crescimanno, sono pupi. Voce della Vucciria: «Nuddu ammi- scalu cu nenti», nessuno mescolato con mdla. La guerra che si annuncia è tra pupari. Oggi Musetto contro Micciché, domani Mannino contro Dell'Utri, Cuffaro contro i proconsoli e i diutologi di Berlusconi, D'Antoni contro Riggio, Pappalardo contro Pintacuda, istituto don Bosco contro liceo Gonzaga, salesiani contro gesui¬ ti. Insomma, la De contro Forza i Italia; più precisamente, ex democri¬ stiani od ex socialisti contro Publita- lia. Sottoclou: tutti contro la procu¬ ra. E Rosanna Musollo contro tutti. I pupari della guerra di Palermo si possono dividere in quattro catego¬ rie: avvocati, demiurghi (per non diro padrini), preti e mamme. Mam¬ ma Musollo, pilirice da 71 personali compreso Tokyo e Caracas, si presen¬ ta cosi: «Discendo da sei strade di Palermo. Gregorio Ugdulena, prete garibaldino, uno elio parlava aramai- co, ministro dell'Istruzione nel go¬ verno provvisorio; suo fratello Fran¬ cesco, governatore della Sicilia orien¬ talo; Liborio Giuffró, morto nel 1952 a 99 anni, elio da bambino portò i fiori a Garibaldi onlralo in Palermo; Vincen/.o Piazza Martini, scienzia¬ to; Vito Cosare Musollo, patologo: Francesco Musollo, mio suocero, allo commissario della Sicilia libera¬ ta. I primi duo l'urono a Favignana nel carcere doi Borboni, per Garibal¬ di. I miei due figli, Francesco e Cosare, furono all'Ucciardone nel carcere di Caselli, por Berlusconi. E ora guardalo come li ha ricompensa¬ ti...». Berlusconi non vuole Musollo sindaco, perché non lo vuole Gian¬ franco Micciché, viceminislro a Ro¬ ma e viceré a Palermo. Cosi il pre- i mier ha espulso Musollo, pur confer¬ mandogli stima e affello, e Musollo si candida da solo. «Ma è per colpire Berlusconi che misero in galera il mio Ciccio e suo fratello - racconta mamma Musollo -. Ciccio si è fatto quattro mesi ed è sialo assolto. Cesare, quattro anni. Ogni giomo gli chiedevano di tradire il fratello, e lui nionlo. Sì, lo so che è stalo condanna¬ lo por malìa. E sa cos'ho fallo io? Mi sono consognala al commissariato di Finale, dove abbiamo la villa. Ho dello al maresciallo: se sono entrati mafiosi lì lio falli entrare io; arresla- lemi. Mi ha riso in faccia. Ma stavol¬ ta mi arrestano davvero. Francesco ò sialo minaccialo, sa? Berlusconi ha i miliardi, sa comprare la gente. E poi si affidr a quel Micciché...Io me lo ricordo bambino, Gianfranco, ero amica di sua mamma, ma lui non era mica tanto intelligente, faticava a passare la quinta elementare. Ora vedo che firma editoriali sul «Sole 24 ore», discolla di fondi Uè, c'è pure la foto, chissà chi gliel'ha scritto. E quel Dell'Utri. Domenica ha telefona¬ lo a mia nuora: dica a Francesco che se si candida se ne pentisce, ha detto. Ma che vuol dire pentisce? Dell'Utri non era un uomo dotto? Forse scher¬ zava». Certo che scherzava, Marcello Dell'Utri, mecenate editore senato¬ re, che Cesare Garboli considera il demiurgo di Berlusconi. Dell'Utri ha un figlioccio, Micciché. Racconta Dell'Utri di avare in effetti «scongiu¬ rato Musollo di non entrare in urlo, per il suo bene. L'ho proprio pregalo, perché Musetto ha una storia impor¬ tante. Perché perderà, e tra due mesi i suoi amici più cari, quelli che l'hanno costretto a un atto di orgo¬ glio, lo abbandoneranno, e nessuno lo saluterà più per strada. Niente da fare. La capa gli fece dire così». Una storia importante, quella di Musol¬ lo. «Berlusconi fece di me un simbo¬ lo. Al congresso di Assago mi chiamò sul palco, ecco il simbolo della no¬ stra pulizia e della nostra libertà, disse. Aveva bisogno di me, allora. Ero l'unico volto innocente e perse¬ guitalo di Forza Italia. Incarcerato da presidente della Provincia. Assol¬ to. Rieletto». Dell'Utri: «Che dire? Qui tutti simbolici siamo». Simbolico pure Lillo Mannino. Dicono i musolliani che ha rotto con il governatore Cuffaro (che comun¬ que alla beauty-farm c'è andato e i suoi sette chili li ha persi). Mannino nega: «Ma se oggi me lo sono goduto tutto il giorno! Gli ho detto: sii prudente. Paga il debito alla coalizio¬ ne. Guardiamo oltre. Al partito uni¬ co con D'Antoni. Ci chiameremo i Cd, va be' insomma la De. Cammara¬ ta? Io non voto a Palermo». Con Musetto non si schiera nessuno, ovviamente, Cuffaro non lo ama, ma se l'uomo di Micciché si indebolisce i democristiani non piangeranno. Mic¬ ciché è il demiurgo di Cammarata. Di Micciché, Cammarata è stalo invece l'attaché, dicono i maligni (cioè quasi tutti). «Ma come? Se mi sono specializzalo all'università di Dallas e ho preso il master alla scuola di management di Stirling?» si inalbera lui. Alla fine vincerà. E' pure un bell'uomo, nella foto sui manifesti è venuto particolarmente bene. Unico limile: nessuno sa chi sia. Altra voce della Vucciria: «Se Cammarata è un sindaco, Brigan Toni è Mozart» (Brigan Toni è in realtà un cantante etnico cui si de vo- no «Mi stoppai 'na fanta», «La lapa nova» dedicala all'Ape Piaggio e «U sucu ni pollu»). Sintetizza mamma Musotto: «Per me, Garibaldi è perso¬ na di famiglia, quando arrivava Cra- xi a Palermo nascondevamo i cimeli, ho ancora il suo porlaocchiali. Cam¬ marata, non ho il piacere». Perché allora lui? E' che della Sicilia Berlu¬ sconi non vuol più saperne, dicono che a parlargli di Palermo si tappi le orecchie; la SicUia non gh ha portato altro che guai, certo, anche 61 seggi su 61, ma dall'isola sono venuti anche sospetti assurdi e accuse infa¬ manti. E a Palermo si combatte la prima battagha per la sua eredità, che sarà aggiudicala ovviamente in un futuro lontanissimo, ma in terra di faide si comincia per tempo, e la lotta per il sindaco non è che un episodio della guerra per la guida di Forza Itaha e del centrodestra. Di Musollo si dice ad esempio sia stato incoraggiato da Scajola, lui nega, «però è vero che Scajola a luglio aveva indicalo me». Di Musotto Cam¬ marata dice che «è un ingrato, ha avuto tutto da Micciché, quand'era in cella Gianfranco è andiato davanti alla procura con i cartelli al collo». Di Cammarata Musotto dice che «l'ho fatto entrare io in Forza Italia, l'ho piazzalo io allo lacp». Parlargli di Micciché, poi, è come sventolare un drappo rosso davanti a un toro Miu- ra. «Non ho vizi, io. Non fumo che sigarette, io. Come dice? Che Micci¬ ché ha ammesso di aver fumato altro? Eee, c'è di peggio. Gianfranco ha un gran fiuto, e non solo politico». Dell'avvocato Crescimanno, l'uo¬ mo della sinistra, tutti invece parla¬ no bene. Simpatico, popolare, bril¬ lante. Lo confondono però con Ger- lando Crescimanno barone di Capo d'Arso, dello Giugiù. A Palermo l'Uli¬ vo è nel marasma più completo. Prima dichiarazione del candidato: «A sessant'anni non potevo lasciar¬ mi sfuggire questa occasione». A voler cercare la sinistra, la si trova più con Musotto. Lui, socialista fi¬ glio e nipote di socialisti - avvocati ovviamente -, difese Curcio, Toni Negri, i Nap (e quindici mafiosi del maxiprocesso). Con lui ci sono Vitto¬ rio Giorgianni fratello di Elvira Selle- rio, Turi Lombardo, Rosaslella Amo¬ roso sorella di Filippo, il grecista arrestato perché la ditta che forniva i cuscini al teatro di Siracusa aveva legami con la mafia. Angelo Scuderi già capo del munitissimo (dodici giornalisti) ufficio stampa di Orlan¬ do. Orlando è stato compagno di banco di Musotto al Gonzaga (precet¬ tore padre Pintacuda) ed è parente di Crescimanno, marito di aua cugina. E' infatti molto inipegnato a soste¬ nerlo: «Oggi sono a San Pietroburgo, unico straniero insignito del premio Pushkin. La prossima settimana so¬ no in Georgia, mi danne una catte¬ dra ad honorem all'università di Tbilisi. La settimana scorsa ho chiu¬ so il convegno di Caen, Normandia, sul narcotraffico. Prima ero stato due settimane in America a promuo¬ vere il mio libro Fightiny the mafia and renewing the Sicilian culture, non tradotto in italiano». E' sempre mollo amato, e molto odiato. Scajola gli ha tolto la scorta, l'Istat ha defini¬ to la sua Palermo «città dei poveri e degli impiegati», un giornalista lo ha accusato di a ver rubato (? I) la casa in cui vive. Ma se potesse ricandidarsi, altro che i pupi, altro che il «nuddu ammiscatu cu nenti». Il presidente della Provincia di Palermo Francesco Musotto al centro dì un caso politico all'interno del centro destra