Le ultime ore di Mazar-i-Sharif

Le ultime ore di Mazar-i-Sharif Le ultime ore di Mazar-i-Sharif mujaheddin conquistano l'aeroporto della città-chiave reportage Gìulietto Chiesa BAGRAM (Afghanistan) LI UZBEKO Dostum, il generale mille volte fellone, prima allea¬ to dei comunisti di Najibullah, poi traditore di Najibullah, e poi di Ahmad Shah Massud, ora di nuovo con l'Alleanza del Nord, ha preso ieri l'aeroporto di Mazar-i-Sharif. Aeroporto ma non ancora la città. Comunque il colpo per i taleban è duro. E questa volta Dostum non tradirà i suoi alleati tagiki. Capo guerriero classico dell'Asia, incarna¬ zione del mercenario più tipico di tutti i tempi e di ogni latitudine, questa volta Rashid Dostum sa per¬ fettamente da che parte tira il ven¬ to. Adesso gli si apre la strada per Kunduz e per Talokan, le ultime due grandi teste di ponte dei tale¬ ban nel Nord. Si sta creando ijjia.. sacca dalla quale sei o settemila taleban potrebbero non potere più uscire, e sulla qualegli aerei araerjr cani potrebbero esercitarsi nel tSfb" a segno fino a liquidarla. Se è vero, come si dice, che in quella zona sono presenti due o tremila uomini della «legione straniera» di Osama bin Laden, il colpo sarebbe ancora più grosso. E allora Dostum, con le sue truppe equipaggiate e vestite dagli uzbeki di Tashkent (le loro divise sono identiche a quelle sovie¬ tiche e provengono dagli stessi depo¬ siti), potrebbe poi scendere verso Kabul, lungo la strada, certo difficol¬ tosa, che da Samangan porta alla magistrale che collega Herat alla capitale. Allora i fronti per la conquista di Kabul diverrebbero due: il nuovo e il vecchio. Il vecchio, quello dove mi trovo, a soli quaranta chilometri dalla capitale, fino ad oggi rimasto immobile in attesa dei bombarda¬ menti americani sulle postazioni taleban. E, appunto, il nuovo, che si aprirebbe con l'arrivo delle truppe dal Nord. Quanto tempo ci vorrà per l'ima e l'altra cosa? Solo gli strateghi del Pentagono e quelli dell'Alleanza possono saperlo. Ma i comandanti mujaheddin incontrati stamani a Bagram hanno le loro - prudenti - stime: c'è chi dice dieci giomi, chi dice quattro o cinque. Sono qui da quindici giomi, ed è la sesta volta che vengo al fronte a guardare le postazioni dei taleban. E ogni volta, per quanto si aguzzi la vista tra le feritoie, per quanto si usino i teleobiettivi, non si riesce a vedeme l'ombra. Dall'altra parte tutto è immobile e silenzioso. In altri tempi qui si sparava, e molto. Gli scambi d'artiglieria erano fre¬ quenti e sanguinosi sebbene le posi¬ zioni restassero immutate. Adesso le cannonate, i razzi, sporadici, par¬ tono soltanto da questa parte della barricata. Anche stamattina se ne sono sentite una quindicina. Gli altri - che sicuramente ci sono, anche se non si vedono - se ne stanno acquattati, senza risponde¬ re. Segno netto che non vogliono sprecare munizioni sparando a ca¬ saccio, sapendo che non riceveran¬ no rincalzi e rifornimenti. Su questa prima linea dei mujaheddin, nella pianura di Sho- mali, nei pressi della base aerea di Bagram, questa volta da un'altra postazione, con tm altro comandan¬ te, Nurullak - un cinquantenne che sen^bra uscito dritto dritto da un dagherrotipo dell'inizio del secolo scorso - percorriamo qualche centi¬ naio di metri in campi secchi e bruciati dal sole, dove/l'acqua non arriva da anni. Un tempo dovevano essere campi rigoghosi di uva bian¬ ca, di granturco, alberi da frutta. C'è ancora un intricato dedalo di cana¬ li, piccoli e grandi, per l'irrigazione. Adesso sono letti secchi dal fondo sabbioso in cui si cammina come dentro trincee per evitare brutte sorprese. E molti alberi sono stati tagliati, più per fare legna per l'in¬ verno che per esigenze militari. Siamo venuti qui sull'onda delle notizie della Bbc, che questa notte aveva diffuso notizie di pesanti bombardamenti nella piana di Sho- mali. Si doveva cercare conferma. Se fosse stato vero, essi avrebbero sigiifìcato l'imminente offensiva def mujaheddin. La prima cosa che chiediamo a Nurullak è se ha senti¬ to bombe, se ha visto aerei, questa notte, questa mattina. Niente. Né bombardamenti, né aerei. Al riparo nella postazione di Nurullak facciamo quattro chiac- chere. L'atmosfera è cordiale, propi¬ zia. Da dove vengono questi uomi¬ ni, questi combattenti mujaheddin? Nessuno di loro ha una divisa. Contadini armati di kalashnikov, tutti tagiki. Tutti sono del posto. Per questo non hanno turni di guardia. Vivono qui, a uno o due chilometri di distanza dalle loro postazioni. Difendono le loro case e, non poten¬ do lavorare perché i loro campi, questi qui attorno, sono inagibih, ricevono uno stipendio di una quin¬ dicina di dollari al mese, chi più, chi meno. Il fucile è quasi sempre di loro proprietà. Costa una cinquanti¬ na di dollari. Ai più poveri viene dato dal govemo dell'Alleanza. Tal¬ volta è un premio per chi ha lavora¬ to, cioè combattuto, meglio. Gli anziani sono rispettati per la loro esperienza e non per la loro anziani¬ tà. La catena' di comando è semplice èliriéaitèP vtàn'nzmcifmi Bago« Gli chiedo cbme faranno ad a'yan- zare, cruahdb ' verrà dato lóYo il comando. Nurullak ride di 'gusto. «Le mHie:che:tabbiariib tìe&D M, sappiamo dove sono. Più avariti ci sono quelle che hanno messo loro. Per cui quando avanziamo abbiamo solo una possibilità di non saltare in aria: camminare sulle tracce dei cingoli dei carri armati che mandia¬ mo in avanti». Chiaro. Ma cosa è che va davanti ai cani armati per evitare che saltino a loro volta sulle mine anticano? «Beh, non c'è nessu¬ no che va davanti ai carri armati. Se toccano saltano». E ride di nuovo. La pianura è cosparsa di carri e blindati arrugginiti che hanno già subito questa sorte, insieme con i loro equipaggi. Un'impresa per la raccolta di rottami di feno farebbe fortuna in Afghanistan, tra una cinquantina d'anni, naturalmente, perché ora provare a raccoglierli sarebbe impresa suicida. Torniamo nella nostra base,di Anobah, dentro la valle del Panshir, e lungo la strada cerchiamo ancora di capire cosa sta succedendo. La gente affolla il bazar di Charikar, come il giorno prima. I colpi di cannone, lontani, non fanno alzare la testa a nessuno. E' una musica di fondo che le loro orecchie non perce¬ piscono più. Più avanti vediamo un'esercitazione sui contrafforti montuosi della pianura cui partaci-. pano un centinaio di uomini in divise mimetiche nuove fiammanti. Reclute che imparano l'uso dei kati- usha russi. Poi, lungo la strada, un uomo con una bimba piccola in braccio e una più grande che lo accompagna, chiede un passaggio. Ha visto la bandiera di Emergency - viaggiamo su una delle jeep dell'ospedale - e implora aiuto. L'auto è piena di gente, undici persone in tutto, non c'è posto. Ma gli armati di Nurullak, nostre guardie del corpo durante la visita al fronte, scendono subito. La bambina si chiama Asillah, ha quat¬ tro anni, è bionda, bellissima. Ha un braccio e una gamba soltanto. Fare¬ mo il viaggio con quest'uomo e le sue due fighe, fino all'ospedale nella valle. Asillah è stata colpita, qual¬ che mese fa, da un razzo vagante. E' stata operata nell'ospedale di Emergency ad Anobah e si è salva¬ ta. Ma ha bisogno di cure e di un controllo medico. E non c'è altro da fare che tomare ad Anobah: sareb¬ be un'epopea percorrere quei trenta chilometri con i propri mezzi. Asil¬ lah non piange, non si lamenta. H papà le accarezza la testa con una dolcezza che non ti aspetteresti da un uomo che, a sua volta, non può avere conosciuto tenerezze. Tornia¬ mo con questo piccolo carico di dolore, che ci pesa sul cuore come un macigno. Anche perché è impos¬ sibile scacciare il pensiero di quante altre Asillah ci saranno in Afghani¬ stan alla fine di questa avventura. Sei o settemila taleban asserragliati potrebbero non uscirne vivi se l'Alleanza vincerà la battaglia o gli aerei ,:.-i ili ijjjb -p .«iriba al i Usa bombarderanno a tappeto E si dice che siano presenti anche due o tremila uomini della «legione straniera» di Osama bin Laden Se così fosse il «colpo» potrebbe risultare decisivo Un carro armato dell'Alleanza del Nord apre II fuoco contro le linee del taleban vicino alla città di Dasht-i-Kola

Persone citate: Ahmad Shah Massud, Dostum, Gìulietto Chiesa Bagram, Najibullah, Osama Bin Laden, Rashid Dostum

Luoghi citati: Afghanistan, Anobah, Asia, Herat, Kabul, Usa