«Perché difendo Bin Laden»

«Perché difendo Bin Laden» DOMENICA DOPO UNA MANIFESTAZIONE CONTRO LA GUERRA «Perché difendo Bin Laden» L'Imam di Torino, bandiera dell'Islam personaggio Maria Teresa Mattlirengò TORINO LA sua agenda di imam mediati- co prevede questa settimana sette appuntamenti, tra passaggi in televisione e interventi telefonici. Dall'attacco terroristico alle Twin Towers, i giornalisti di Rai, Media- set e dei più importanti quotidiani, lo hanno contattato decine di volte. Bouchta Bouriki, l'imam della Mo¬ schea di Torino che ha difeso Osa¬ ma bin Laden, è certamente, da tempo, il musulmano più noto d'Ita¬ lia. Il suo viso affilato, i gesti delle lunghe mani nervose, l'abito grigio, la camicia candida chiusa al collo, senza cravatta, sono stati ripresi tante e tante volte in primo piano dalle telecamere di Santoro, Vespa, Lerner, Costanzo. Non si nega mai, Bouriki, 36 anni, marocchino originario di Es- saouia, regno del vento e del wind¬ surf, cresciuto a Khouribga, diplo¬ mato al liceo scientifico, amante della poesia araba e del Web. Dal- l'il settembre parla, spiega. Che «l'Islam non è terrorismo, che un musulmano non può uccidere civi¬ li, bambini, donne», l'ha affermato domenica mattina al termine di una manifestazione contro la guer¬ ra, proclamando cosi l'innocenza dello sceicco saudita. Ieri, mentre in una delle sue due macellerie «baiai» di Porta Palazzo tagliava e pesava carne da cou- scous (è una sua consuetudine farsi intervistare mentre lavora), preci¬ sava il suo pensiero: «In piazza mi è stato chiesto se per me Bin Laden è un terrorista. Ho risposto: non mi interessa chi ha fatto schiantare gli aerei su New York e Washington. Chiunque sia è da condannare. Se le prove contro Bin Laden sono limpide, allora per me è colpevole, lo condianno. Ma per la giustizia islamica l'accusato è sempre inno¬ cente finché non viene provata la sua colpevolezza». I video di minac¬ ce di Al Qaeda? «E' guerra di comu¬ nicazione: l'Afghanistan non è in grado di rispondere con le bombe alle bombe e reagisce in questo modo». Quando parla di comunicazio¬ ne, di immagine, l'imam della mo¬ schea di via Cottolengo («lo scriva che ha i bagni e le uscite di sicurez¬ za, qualcuno ha detto che non li ha»), sembra sapere il fatto suo. Molti, a Torino, non lo sopportano. «Vorrebbero la prima pagina come ho io. Ma io me la sono conquistata con quel che ho fatto». Guardato con sospetto per la sua presunta amicizia con l'Arabia Saudita, per la sua interpretazione intransigen¬ te del Corano, Bouriki è anche invidiato per i «successi» ottenuti tra gli immigrati, più o meno osser¬ vanti, più o meno emarginati. E' sempre in prima fila nella difesa dei loro diritti, in sintonia con Rifondazione. Come nella primave¬ ra del 2000, quando ha guidato un corteo di tremila persone che chie¬ devano di sbloccare i permessi di soggiorno della sanatoria '98. Pochi mesi prima, un'altra marcia: per difendere il diritto delle donne mu¬ sulmane a presentarsi nelle foto dei documenti con i capelli coperti dal foulard. «Per anni - racconta - ho fatto il volontario nel carcere delle Vallet¬ te e mi sono impegnato perché i detenuti potessero osservare il Ra¬ madan». Non molto tempo fa, Bou¬ riki ha comunque preso posizione contro gli spacciatori di Porta Palaz¬ zo, rivelando poi di aver chiesto il porto d'armi dopo le minacce rice¬ vute contro di sé e la sua famiglia. Alla famiglia, l'imam tiene mol¬ tissimo. E' sposato con una conna¬ zionale, ha tre figli, due maschi e una femmina, che frequentano una scuola privata sperimentale con l'arabo come seconda lingua. Li vede poco, ma li segue nei compiti e quando riesce, la domenica, li porta in gita nel parco del Gran Paradiso. Prima di esordire nel commer¬ cio della carne «halal» con un socio italiano-musulmano, è stato per cinque anni alle dipendenze di un' azienda metalmeccanica di Lei- nì, nella cintura torinese. «Facevo lavorazioni con il laser nell'impre¬ sa del sindaco, una persona che con cui mantengo ottimi rapporti». La sua carriera religiosa incomincia, allora, alla fine degli Anni 80, con l'imam Mostafa Aboussaad, poi emigrato nel Kuwait: vice imam nella prima moschea torinese, in via Berthollet, vice in quella di via Baretti dove diventa imam «titola¬ re» dopo il trasferimento di Abous¬ saad nella nuova Moschea della Pace a Porta Palazzo. E', il periodo dell'apertura degli islamici verso la città, del dialogo con gli ebrei e-con don Piero Gaflo «per non lasciar sprofondare San Salvarlo nell'intolleranza», quando il quartiere era diventato simbolo italiano del disagio, della delinquen¬ za legata all'immigrazione. Con gli imam «cugini» deUa Moschea della Pace, però, nascono divergenze. Nel '99 inaugura la sua moschea in via Cottolengo, sempre a Porta Palazzp. Oggi, che stanno per rein¬ contrarsi e tentare la strada di un «consiglio islamico cittadino», Bou¬ riki spiega; «Eravamo troppo giova¬ ni, era impossibile avere unità di vedute». Parla tranquillo Bouchta Bou¬ riki. Deve portare a casa i bambini e poi andare in uno studio televisk vo: invitato da Gad Lemer. Preoc¬ cupato di essere considerato un sostenitore di Osam bin Laden non lo è neanche un po'. «Ho dialogato con Violante, con Dini, il prefetto Moscatelli mi invitò ad una cena a Palazzo Reale. I vigili mi scambiaro¬ no per un diplomatico iraniano - dice compiaciuto - e mi fecero il saluto militare. Il fatto è che io mi batto contro lo scontro delle civiltà. Lo faccio tenendo alta la mia cultu¬ ra. E chi mi conosce, poi mi stima. Con il sindaco di Torino che dice di voler parlare solo con i musulmani che distinguono la religione dalla; vita, dalla politica, spero di poter¬ mi incontrare. Gli spiegherò che ha in menteiim Islam che non esiste». Marocchino, macellaio, sposato con tre figli, il capo della comunità di Porta Palazzo non è amato da tutti i musulmani «M'invidiano, sono sempre in televisione e sui giornali» Bouriki Bouchta, uno degli imam di Torino. 36 anni, marocchino, ha una macelleria islamica: l'altroieri nel corso di una manifestazione ha preso le difese di Osama bin Laden