Condoleezza Rice I pericoli non sono finiti

Condoleezza Rice I pericoli non sono finiti L'AMERICA NELLA MORSA DELLA GUERRA Condoleezza Rice I pericoli non sono finiti intervista LesleyStahl Pubblichiamo l'intervista di Lesley Stahl a Condoleez¬ za Rice nel programma «60 Minuti» della rete Cbs MASSIMA allerta da gior¬ ni negli Stati Uniti per le informazioni di imminenti attacchi terroristici diffuse dai servizi segreti. Invece non è successo nulla. Siamo fuori dai guai o continuere¬ mo a ricevere avvertimenti che qualcosa sta per accade¬ re? «Noi vogliamo che gli ameri¬ cani restino vigili sulla possibili¬ tà di altri attacchi. Non ritenia¬ mo che ci siano motivi di pani¬ co, ma questo è un tempo di precauzioni. E noi riteniamo che gli americani possano esse¬ re una parte molto importante del sistema di pronta allerta, caso mai vedessero qualcosa di sospetto nei loro paraggi. Per questo è importante che gli americani sappiano, quando l'informazione è disponibile. Vo¬ glio comunque sottolineare che non sono in corso minacce speci¬ fiche». Siamo ancora nello stato di massima allerta? «Siamo sempre in uno stato di allerta molto alto. E penso che lo resteremo per un po'. L'U set¬ tembre è successo qualcosa che ha cambiato il nostro modo di pensare la sicurezza. Non possia¬ mo ignorare quanto è successo. Ora siamo più consapevoli di quanto vulnerabile sia una socie¬ tà aperta. Ma non possiamo per¬ mettere che il terrorismo vinca». E' vero, come si dice, che i terroristi potrebbero avere un'arma nucleare? «Stiamo valutando tutte le infor¬ mazioni e devo dire che ce ne sono di tutti i tipi, qualcuna vera, qual¬ che altra no. Finora però non abbia¬ mo prove credibili di una minaccia specifica di quel genere». Ormai è una settimana che piovono bombe sui taleban. Il presidente ha detto: sono in fuga. Dove sono le prove? Continuano ad avere il con¬ trollo del Pa^se e non c'è stata quella fiumana di defe¬ zioni che credo tutti si aspet¬ tassero. «Diamo un po' di tempo! L'altro giomo, nel suo discorso al Con¬ gresso, il presidente ha detto: dobbiamo essere pazienti. In que¬ sta guerra le vittorie non arrive¬ ranno facilmente, a volte nemme¬ no pubblicamente. E certo non rapidamente. Vedete comunque che i taleban perdono ogni giomo qualche pezzo del loro armamen¬ tario, e questa è una vittoria. La campagna sarà lunga ma alla fine vinceremo noi». Se capisco bene, le nostre forze armate ritardano l'of¬ fensiva contro i taleban da Nord perché sono in corso negoziati per un governo di unità in Afghanistan. Il pre¬ sidente, l'Amministrazione Bush, sono impegnati in quel tipo di costruzione-di- una-nazionc contro il quale lei ha parlato e il presidente ha fatto la sua campagna elettorale? «Siamo impegnati in discussioni con altri Paesi e con le Nazioni Unite su quale potrebbe essere il futuro dell'Afghanistan. Non toc¬ ca all'America sceglierlo. Solo il popolo afghano può decidere». Bene, allora ci dica... «Non c'è di nulla di male in un processo di costruzione di una nazione, ma non quando viene fatto dall'esercito americano. E' di questo che il presidente parla¬ va durante la sua campagna elet¬ torale, e anche dopo. L'ultima volta - dopo la disfatta dell'Unio¬ ne sovietica in Afghanistan - è stato commesso un errore. L'Af¬ ghanistan è stato lasciato a una sorta di caos e fuori da quel caos si sono create condizioni per cui i taleban sono andati al potere e poi è nato il terrorismo. Non abbiamo nessuna ragione per abbandonare l'Afghanistan, i suoi vicini non devono temere l'instabilità». Sere fa il presidente ha det¬ to: «Stiamo stanando Al Qae¬ da dalle caverne». Uno degli obiettivi di Bin Laden è sta¬ to quello di istigare una Fuerra tra l'Occidente e Islam. Abbiamo visto cre¬ scere e diffondersi le dimo¬ strazioni in tutta quella re¬ gione. Non è possibile inve¬ ce che in qualche modo sia stato lui a stanare noi? Non è possibile che ci abbia mes¬ so nella situazione in cui si era proposto di metterci? ((Assolutamente no. Anzi. Osama bin laden e Al Qaeda hanno stimo¬ lato un'America più forte e una forte coalizione intemazionale contro il terrorismo, che compren¬ de molti Stati in Medio Oriente e nel mondo musulmano». In quella parte del mondo io non ho visto una sola dimo¬ strazione a nostro favore. Non ho visto la gente sollevarsi e dire: Oh sì, è magnifico poter¬ lo sradicare di qui. Di fatto, io continuo a sentire che l'odio contro di noi si allarga. «Leslye, lei vede in piazza miglia¬ ia di persone in Paesi che hanno milioni di abitanti. Vorrei chie- derle di considerare questo: mi¬ gliaia di persone che scendono in piazza in Paesi che hanno milioni di abitanti. La gente che vive in posti come il Pakistan o la Giorda¬ nia conosce la faccia del male e la faccia del terrore forse anche megho degh americani. Non si lasceranno ingannare da un falso profeta come Osama bin Laden». Con tutto il rispetto, sembra che le popolazioni di quei Paesi, mentre noi continuia¬ mo a bombardare e a sbaglia¬ re bersaglio colpendo i civi¬ li, ci manifestino non un crescente appoggio bensì una crescente sensazione che siamo dei prepotenti. «Il govemo degli Stati Uniti l'al¬ tro giomo ha fatto qualcosa di veramente straordinario. Abbia¬ mo riconosciuto che una bomba aveva sbagliato bersaglio e dan¬ neggiato un'area di civili, causan¬ do quattro morti. E questo l'abbia¬ mo ammesso di fronte a un nemi¬ co che non ha nessun rispetto per le vite umane innocenti. Gli Stati Uniti stanno facendo il possibile per ridurre al minimo le vittime civili, contro un nemico che ha mandato aeroplani a schiantarsi contro palazzi di uffici, contro il Pentagono, portando il terrore tra i civili. E vorrei chiederle: che cosa dobbiamo fare, se non anda¬ re ad attaccare questo flagello? Se non ci andiamo, continueranno a dare libero corso ai loro progetti distruttivi. E dobbiamo andare non solo contro di loro, ma anche contro gli Stati che li ospitano». L'idea che non abbiamo al¬ tra scelta al di fuori della guerra è percepita da tutti in questo Paese. Intanto pe¬ rò noi guardiamo la televisio¬ ne e abbiamo l'impressione che stiamo perdendo la guer¬ ra della propaganda. Lei dice che la gente sa che Osama bin Laden è andato contro l'Islam e in America a ucciso migliaia di innocenti. Sem¬ bra però, da quanto leggo, che in quella parte del mon¬ do un sacco di gente, se non la maggior parte, pensa che gli attentati sono stati fatti da Israele. Questa è la leggen¬ da che circola. Come si posso¬ no raggiungere quelle perso¬ ne, come si può fare una guerra di propaganda, quan¬ do loro non pensano neppu¬ re che dietro gli attentati ci sia Bin Laden? «E' certamente importante con¬ trastare quelle leggende. Ma io avrei fiducia in quella gente. Lei pensa davvero che le donne afgha¬ ne non conoscano la vera faccia dei taleban? Io credo che lei non abbastanza fiducia in loro». Non ho nessuna idea di qua¬ le forza o quale potere abbia¬ no le donne laggiù... «Purtroppo, grazie ai taleban, non ne hanno nessuna». Ma anche se fossero liberate... «Questo è un regime brutale, repressivo, qhe non ha, nessuno rispetto per le vite innocenti. Ospita invasori stranieri che non hanno nessun rispetto per le vite innocenti. Parliamo anche della guerra di propaganda, ma l'obiet¬ tivo qui è buttarli fuori per impe¬ dire che continuino il loro regno del terrore». Mi lasci ancora esprimere la mia preoccupazione per la guerra di propaganda. Lo so che questa è anche una pre¬ occupazione vostra, perché avete chiamato i giornali e avete chiesto alle televisio¬ ni americane di non manda¬ re in onda i video di Bin laden, senza averli prima visionati. Siete preoccupati che la guerra di propaganda raggiunga la gente in quella regione? Che l'odio per noi cresca? «Non sono sicura che l'odio per noi stia crescendo. I network americani si sono comportati in modo molto responsabile. Qui non discutiamo di che cosa faccia notizia, quei video sono un incita¬ mento di ammazzare gli america¬ ni. Semplicemente non ha senso mandarlo in onda». Vorrei farle una domanda sul governo saudita, Non sta, aiutando nelle indàgini sui dirottatori, che per altro era¬ no quasi tutti sauditi. Non blocca i fondi degli arabi ricchi e delle organizzazioni di beneficenza che sono il canale del denaro dei terrori¬ sti. Abbiamo paura di fare pressioni eccessive? Abbia¬ mo paura che se i sauditi crollano, il petrolio magari finisce nelle mani di qual¬ cun altro? E' per questo che non facciamo tutte le pres¬ sioni possibili? ((Abbiamo avuto ottime interazio¬ ni con il govemo saudita, ma non sentirete parlare di tutto quello che facciamo per via diplomati¬ ca. Questo è sempheemente uno di quei casi. Noi riteniamo che il govemo saudita comprenda le sue responsabilità e sia pronto a scaricare i terroristi». Però lei non dice che avete confiscato i loro beni, come abbiamo chiesto di fare, né che il governo collabora dav¬ vero. «Sto dicendo che abbiamo un'otti¬ ma interazione con il govemo saudita. Il govemo saudita capi¬ sce che Al Qaeda è ima minaccia anche per lui». E che mi dice dell'Iraq? Il primo ministro britannico è andato in giro per rassicura¬ re i Paesi che noi non allar¬ gheremo questa guerra al¬ l'Iraq. E' così? «Sappiamo da tempo che il regi¬ me iracheno è ima minaccia per i nostri interessi e quelli dei suoi vicini, una minaccia per il suo stesso popolo. Abbiamo moltissi¬ me ragioni per essere preoccupa¬ ti dell'Iraq, lo teniamo sotto con¬ trollo. E tutti sanno - il govemo degh Stati Uniti l'ha detto molte volte - che l'Iraq e il suo popolo starebbero molto megho senza Saddam Hussein». E ora una domanda sul presi¬ dente Bush. In campagna elettorale veniva deriso per¬ ché sembrava non conosce¬ re i nomi dei capi di Stato e neppure i Paesi. Ora negozia con l'Uzbekistan e il Tagiki¬ stan. Sembra che l'il set¬ tembre lo abbia totalmente trasformato. «Il primo giomo, quando è tornato alla Casa Bianca, il presidente aveva già messo a fuoco la batta¬ glia globale. Aveva già messo a fuoco l'importanza di raccogliere il mondo intorno alla sua causa. Aveva già messo a fuoco il fatto che questa sarà una lotta lunga e gli americani devono essere prepa¬ rati. Penso che sia andato nelle profondità del suo spirito per tro¬ vare le risorse ad affrontare tutto questo. Ritengo che lui sappia i come lo. sappiamo noi - che vince-. remo perché la nostra stoffa, la stoffa di cui è fatta la società americana, è semplicemente più forte dqll'odio che ha di fi-qnteft.j E' vero che il presidente considera questa impresa la. sua missione? «Io credq che qualunque presiden¬ te, in una situazione come que¬ sta, penserebbe a una missione. Quasi una rehgione? «Se sei il presidente degh Stati Uniti, un momento come questo ti trasforma. Ha trasformato il nostro Paese. Ha trasformato il mondo. Sì, io penso che lui veda le cose in questi termini» Ha definito Osama Bin laden «il male assoluto». Questo, per i cristiani, è il diavolo. Bush lo dice in termini religiosi? «Credo parli in termini molto chiari di bene e di male, di giusto e sbagliato». In un modo religioso? «Non si persone che vedere le cose in termini di giusto e sbagha- to. Il presidente è un uomo reli¬ gioso, ma io credo che comunque questa battaglia vada vista in temuni morali. Non potete avere una figura come Osama Bin la¬ den, che uccide innocenti per la sua causa, e vederla in termini diversi da giusto o sbagliato». Vogliamo | che gli americani -- :; vigilino sulla possibilità di altri attacchi Non riteniamo che ci siano motivi di panico ma questo è un tempo di precauzioni. Non sono in corso minacce specifiche, tanto meno di rischi nucleari. Stiamo valutando tutte le informazioni. Non credo che l'odio del mondo arabo contro di noi stia crescendo Se sei il presidente degli Stati Uniti, un momento come questo ti trasforma. Ha cambiato il Paese, ha cambiato il mondo. Credo che Bush consideri la guerra al terrorismo la sua missione Questa battaglia va vista in termini di bene e male, di giusto e sbagliato Il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Condoleezza Rice