il DOTTOR terrore

il DOTTOR terrore ZAWAHIRi CHI E' L'UOMO CHE SIEDE AL FIANCO DI OSAMA il DOTTOR terrore personaggio NEU,'HITPABADE del terro¬ re, quasi in cima alla gra¬ duatoria del male e comunque ai primissimi posti nella super- classifica planetaria dei cattivi, si fa dunque strada questo Ay- man al-Zawahiri. Dei vari terroristi venuti alla ribalta in quest'ultimo mese spa¬ venta di solito anche il nome, diffìcile da leggere nelle sue varie translitterazioni e perciò ancora più difficile da ricordare. Ebbene, per intendersi: Ayman al-Zawahiri è quello con gli occhialini che compare alla de¬ stra di Osam bin Laden nel ce¬ lebre video, nel quale a un certo punto emerge anche in primo piàtìò/con un fùdlone ai piedi. A prima vista si' direbbe un uomo pacato, ma caloroso, e magari lo è pure. O almeno: alla Cia sembra lo chiamino «the warm-up man», quasi a sottoh- neare quella cordialità 'che lo spinge a maneggiare ilmicrofo- no con una qualche appassiona¬ ta disinvoltura, e a parlare vo¬ lentieri, certo senza i toni predi¬ catori che sono tipici di bin Laden, anzi si direbbe con appa¬ rente ragionevolezza e un sorri¬ so che, ad averci un certo gusto per il paradosso, si potrebbe perfino definire accattivante. In realtà, scriveva ieri The Times, è lui, al-Zawahiri, «l'uo¬ mo dalla visione apocalittica», quello che ha osato «pensare l'impensabile», e metterlo in pratica. A cominciare dalla più spettacolare delle azioni terrori¬ stiche: la lunga sequenza della parata mihtare davanti al lea-, der egiziano Sadat, e a un certo punto, proprio davanti al palco, alcuni soldati che sfilano smetto¬ no di sfilare e accoppano il presidente che ha «tradito» la causa islamica accordandosi con Israele. E' lui, al-Zawahiri, insisteva ù Los Angeles Times (ripreso da Le Monde), il vero «cervello» dell'11 settembre: le torri che cascano in un inferno di fumo, fiamme, lamiere. E lui non più solo il numero due, o il semphee il braccio destro di Osama bin Laden, figura forse sopravvalu¬ tata rispetto a questa new entry della Jihad che ha diverse carat¬ teristiche per farsi notare: medi¬ co, poeta, ideologo e formidabile stratega della guerra santa fuori e dentro i confini occidentali, proveniente da una assai rispet¬ tabile famigha egiziana, dai mo¬ di impeccabili e una condanna a morte sulle spalle. Il nonno era un Imam, illu¬ stre professore all'università di al-Azhar, attaccata all'omoni¬ ma moschea, centro di alto pen¬ siero islamico; il prozio è stato uno dei primi segretari della Lega araba, un altro prozio figu¬ ra come un importante leader politico dell'opposizione egizia¬ na ai tempi della colonia e del regno. Il padre è un fisiologo di fama. Allevato in un ambiente di scienza e cultura. Scuola pri¬ vata, carriera pronta, spirito brillante, buone letture. Quanto di più alieno, insomma, al- Zawahiri, da una deriva misera¬ bile, primordiale, selvaggia. E anche per questo una specie di enigma vivente. Quando si immagina un medi¬ co, oltretutto, e ancora di più un pediatra, viene spontaneo di pensare a un uomo mite che ha dedica il suo sapere e il suo tempo alla guarigione di creatu- re piccole e innocenti. Pensiero, in questo caso, del tutto illuso¬ rio. La clinica del dottor al- Zawahiri era nella zona bene del Cairo, tra ville ricche e gallerie d'arte. Ma non ha funzionato a lungo. L'uomo che per qualche tempo vi ha lavorato prima di sparire dalla circolazione, è oggi conosciuto anche come «il medi¬ co personale di Osama». Ma pure qui, forse, la defini¬ zione è riduttiva. Osama ha quasi certamente problemi ai reni. Ma forse quel medico che durante la. guerriglia afghana, in mancanza di dotazioni, era costretto a disinfettare le ferite con il miele, è qualcosa di più per bin Laden. Un camerata, un amico, un socio, un parente (consuocero, per l'esattezza, avendo dato in sposa la figlia a uno dei figli di Osama). Però anche un delfino, o un alleato, o un potenziale rivale. Ora: oscure, di norma, sono le gerarchie nel mondo del terro¬ rismo. Non sempre infatti ri¬ spondono al vero le tabelle Wan- ted con cui gli organismi di polizia fissano le taglie e stabili¬ scono lapericolosità degli indivi¬ dui; né esistono parametri certi che permettano di interpretare a tal fine le rappresentazioni televisive dei terroristi. E' an¬ che probabile che dopo una indigestione di Osama in tutte le salse, l'universo dei media si sia trovato per così dire a secco di nuovi personaggi su cui intratte¬ nere il pubblico. E tuttavia, se c'è chi sostiene - e la stampa anglosassone in qualche modo lo sostiene - che, attenzione, non è Osama bin Laden il Nemi¬ co Pubblico numero 1, e che anzi si sta dando la caccia all'uo¬ mo sbagliato, beh, sarà pure il caso di soffermarsi su questo Ayman Mohammed Rabie al- Zawahiri, nato al Cairo il 9 giugno del 1951. Quanto diverso, nella fototes¬ sera dei suoi quattro passaporti (uno egiziano, vero, falsi invece quello svizzero, il francese e l'olandese), dall'icona di guerra televisiva, con turbante afgha¬ no e kalashnikov. In quell'istan¬ tanea è un giovane signore sulla trentina con i baffi e la montatu¬ ra degli occhiali Anni Settanta; forse ha anche la cravatta, tribu¬ to alla rispettabilità occidenta¬ le. E tuttavia occidentalizzante al-Zawahiri non lo è mai stato. A 14 anni ha cominciato a fre¬ quentare la Fratellanza Musul¬ mana, storico gruppo nato pro¬ prio (1928) dall'impellenza di cacciar via dall'Egitto gli ingle¬ si. Quella scolorita fototessera sotto cui sembra di intravedere una cravatta, indica semmai che si tratta di un «tecnico» della cospirazione e quindi dei camuffamenti, uomo abituato a passare mosservato per strada, negli alberghi, sui treni, dentro gli aeroporti. Nervi d'acciaio e vocazione iniziatica alle reti,' al segreto. Aiiche cos'i, è chiaro, egli ritro¬ va se stesso e riesce a dare un senso potente alla sua vita. E' plausibile che la invisibile sce¬ neggiatura dell'attentato a Sa¬ dat sia la sua, e che nell'ambien¬ te dei Fratelli gli frutti una fama di genio sanguinoso del colpo a sorpresa, di virtuoso del terrori¬ smo. Certo lo arrestano, ma per porto abusivo d'armi (un revol¬ ver). Al processo si distingue per una sorta di proclama, molto semplice: «Siamo musulmani e crediamo nella nostra religione. Faremo tutto ciò che è in nostro potere per fondare una società e uno stato islamici». Si fa tre anni di carcere. Quando esce ha 34 anni; e sparisce. E da qui, dal 1984, è tutto meerto, tutto si fa turbinoso, quasi leggendario, ed eccezional¬ mente spietato. Sono anni di conquista e consolidamento del¬ la sua leadership nella Jihad islamica egiziana e al tempo stesso di meessante girovagare nell'emigrazione. Naturalmen¬ te lo si segnala quasi subito sui campi dell'Afghanistan, dove inaugura un'amicizia di guerra con Osama bin Laden; e poi in Pakistan, da cui viene cacciato, ma dove nel 1995 metterà la sua firma sotto uno spaventoso at¬ tentato all'ambasciata egiziana di Islamabad ( 17 morti). E tuttavia quel che impressio¬ na è la lista di paesi in cui Al-Zawahiri va a racimolare quattrini e organizzare attenta¬ ti: Svizzera, Inghilterra, Dani¬ marca, Libano, Sudan, forse Bul¬ garia, forse Bosnia. Senza barba e con i capelli tinti, all'inizio degli Anni Novanta, vola anche in America: eccolo bussare a quattrim per le vedove, i bambi- ni e i profughi afghani in Califor¬ nia e in Texas. L'attività di^und raisìng non gli impedisce di fondare un proprio gruppo - «Avanguardia di conquista» - continuando a progettare atten¬ tati a notabili egiziam. Per uno di questi viene condannato a morte in contumacia. E' sua anche la regia del bombardamento alle ambascia¬ te americane di Kenya e Tanza¬ nia, nell'agosto del 1998. Quan¬ do Clinton reagisce con i missili, Ayman al-Zawahiri risponde: «La guerra è appena cominciata. Ora gli americani avranno la nostra risposta». Insieme con bin Laden danno vita a un'orga¬ nizzazione mondiale «contro gli ebrei e i crociati», cellula germi¬ nale di al-Qaeda. Un occhio o due sempre puntati sull'Egitto, cardine di qualsiasi guerra asim¬ metrica, forse cabina di regia di ogni futuro passaggio. Il braccio destro di Osama bin Laden è un pediatra egiziano Lavorava in una clinica nei quartieri alti del Cairo. La Già lo considera il vero cervello di Al Qaeda, suo il progetto dell'attacco alle Torri Colto, benestante, figlio di uno scienziato e nipote di un celebre politico che si batté contro i coloni inglesi Un'educazione che stride con la sua biografia da «duro», costruita su decenni di bombe e di attentati :;r,v™v,,.-s™w.v';-».«' -