Il mondo arabo davanti alla guerra

Il mondo arabo davanti alla guerra Il mondo arabo davanti alla guerra .e posizioni dei leader dopo l'attacco all'Afghanistan MUHAMMAD OMAR Leader supremo dei Taleban al potere in Afghanistan, Muhammad Omar è un dignitario religioso che non è mai comparso in tv e di cui si sa pochissimo. Dopo aver accettato l'editto in cui gli ulema hanno raccomandato che Osama bin Laden lasci l'Afghanistan, ha comunque avvertito il mondo che gli islamici avrebbero reagito a un attacco. Nato nel '59 a Nodeh, un viUaggio vicino a Kandahar, da una famiglia di contadini e rimasto presto j orfano, è di ventato, un. mullah poco prima di unirsi ai combattenti impegnati nella lotta ' contro l'invasione sovietica del '79 e U governo imposto da Mosca dalT89 al '92. In quegli anni ha mobilitato risorse e uomini per aiutare la guerriglia afghana contro i sovietici, e ancora oggi è considerato un eroe. La sua militanza nella milizia dei Taleban risale all'inverno 1994-'95: sotto la sua guida i Taleban si sono impadroniti dei quattro quinti del paese. Ferito quattro volte, Omar ha perso l'occhio destro. PERVEZ MUSHARRAF Il presidente del Pakistan, generale Pervez Musharraf, l'uomo che ha accettato di sostenere gli Stati Uniti nella campagna militare in Afghanistan, è nato a New Delhi nel 1943. Emigrato con la famiglia in Pakistan, entrò nell'esercito nel 1964. Il generale fu nominato capo di Stato Maggiore deU'esercito.nel 1995. Nel 1999 prese il.potere con un colpo di Stato incruento deponendo il primo ministro Nawaz Sharif. La rottura tra l'esercito e Sharif fu pro^pcata d«U disaccordo su ima serie di questioni politiche fondamentali: prima fra tutte quella dell'Afghanistan, sulla quale Sharif appariva ai militari troppo disponibile a collaborare con l'Occidente e a lasciare i Taleban alla loro sorte. In realtà Musharraf si trova a gestire proprio quella svolta che due armi fa osteggiava: separare i destini del Pakistan da quello dei taleban e dei gruppi terroristici che agiscono contro l'India, in Kashmir. Il rischio che corre il Pakistan è quello di una sollevazione islamica., SADDAM HUSSEIN Per i biografi iracheni, Saddam Hussein ha imparato fin da bambino a odiare il colonialismo e a desiderare più di ogni altra cosa il riscatto della nazione araba. Nato a Takrit nel 1937, da giovanissimo entra nel partito Baath (Rinascita) fino a diventarne il capo nel 1979. E' l'occasione tanto attesa per diventare il faro del nazionalismo arabo, ma sbaglia, i calcoli e, dòpo il grande balzo in avanti economico e sociale degli Anni 70, getta il Paese in una logica di aggressioni che lo porta a scontrarsi prima con l'Iran, poi con la coalizione degh-Usa benedetta dall'Onu, dopo aver invaso il vicino Kuwait. Entrambe le avventure sono fallimentari. DaUa fine della Guerra del Golfo, nel 1990, il Paese è sotto embargo intemazionale. Dopo l'attentato alle Torri Gemelle, Saddam ha addossato all'Occidente la colpa dell'instabilità globale e ha «consigliato» agli Usa di usare la «saggezza, non la forza». Secondo i servizi segreti, gh iracheni hanno da tempo stretti rapporti con Al Qaeda, l'organizzazione di Bin Laden. RE FAHD M^ L'Arabia Saudita di re Fahd si è schierata in modo esplicito con gli Stati Uniti e dopo aver affermato che il Paese sarà al fianco di Washington nella lotta contro il «terrorismo in tutte le sue forme», ha destituito il capo dei servizi segreti, il generale Turki Al Falsai (che ha rapporti molto stretti con i taleban), perchè sospettato di essere legato anche ad Osama bin Laden. L'Arabia Saudita aveva priyato Bin Laden della nazionalità saudita nel 1994 per l,e sue attività contro la famiglia reale. Re Fahd ha 79 anni e da tempo si è aperta la lotta per la sua successione. Il principe Abdallah, suo fratellastro, nazionalista islamico, è l'erede dichiarato; ma anche il principe Sultan, fratello del re, ha qpalche carta da giocare, non ultima quella dell'Occidente. La posizione dell'Arabia Saudita è dunque delicata: secondo l'Fbi e i servizi occidentali uomini d'affari e organizzazioni caritatevoli finanziano bin Laden. E lo stesso bin Laden nella sua crociata predica la «liberazione» dell'Arabia Saudita.