«Sindrome Vietnam» su un territorio difficile di Gianni Bisio

«Sindrome Vietnam» su un territorio difficile I MEZZI SCHIERATI DAGLI USA SONO I PIÙ' ADATTI ALLA «GUERRA ASIMMETRICA» DOVE LA LOGISTICA CONTA ALMENO QUANTO LA FORZA «Sindrome Vietnam» su un territorio difficile analisi Gianni Bisio NEL teatro operativo che ha al centro l'Afghanistan, ma che comprende altri Paesi amici dei talebani, gli Stati Uniti hanno anticipato l'attacco missilistico di ieri con il potenziamento di una forte rete logistica, accompagnata però anche da una consistente capacità di fuoco: da un lato sono arrivate in zona le truppe speciali (Seal, Ranger e Delta Force, gli specialisti delle azioni di commandos «mordi e fuggi») e bombardieri in grande quantità, compresi gli «invisibili» FI 17. Dall'altro, - a copertura - sono giunte nell'area mediorentale quattro grandi portaerei con il proprio intero gruppo da battaglia. Basi galleggianti capaci di fare da trampolino di lancio tanto agli attacchi missilistici di precisione con i Tomahawk da crociera, (già sperimentati sui campi di addestramento di Bin Laden) quanto alle operazioni di commandos, senza i rischi di un posizionamento a terra in aree non tranquille. La quantità di potenziale bellico che si sta muovendo fa pensare ad un impegno prolungato, forse non limitato all'Afghanistan ma allargabile ai paesi sostenitori, come l'Iraq. Tutte le basi già esistenti nell'area sono state potenziate, a cominciare da quella - vitale di Diego Garcia, una delle isole Chagos dell'Oceano Indiano, punto chiave per i bombardamenti contro Saddam Hussein nell'operazione «Desert Storni». Da sempre l'isola, un grande magazzino-fortezza, è la base avanzata per tutte le operazioni nel Medio Oriente. Dal momento che questa volta più che i marines si potrebbero impiegare le trutte aviotasportate eredi degli eroi del D-day (la 10Ia o la 82a airbom), Diego Garcia pare assumere un'importanza ancor più strategica. Anche nella base turca di Incirlick, oltre che nelle basi nell'Arabia Saudita e nel Kuwait, gli americani stanno potenziando la loro presenza. E di grande importanza potrebbero diventare le vecchie basi sovietiche del Tagikistan e dell'Uzbekistan, per essere proprio ai confini del teatro bellico potenziale. Insolla gli Stati Uniti hanno circondato l'obbiettivo principale e possono colpirlo da varie direzioni se ce ne fosse necessità. Un altro elemento che fa pensare ad un impegno che va al di là dj una prima «parata di muscoli», sia pure con l'obiettivo finale di eliminare Ben Laden, è il livello relativamente basso di informazioni sui reparti e i mezzi che vengono trasferiti verso l'area calda, al contrario di quanto era stato fatto ai tempi di Desert Storm. Se allora intelligence e diplomazia avevano giocato un ruolo importante ma non decisivo, contro Bin Laden le proprorzioni potrebbero mutare. In Afghanistan gli americani troveranno uno dei terreni più difficili su cui intervenire, anche se l'esperienza maturata alla fine degli Anni Ottanta nell'aiuto massiccio ai mujahedin potrebbe essere sfruttata oggi per combattere i talebani o per supportare più concretamente gli uomini del gruppo di Massud, recentemente ucciso, nella loro lotta contro i talebani. I reduci dell'Armata Rossa, ma anche i «consiglieri militari» della Cia mettono in guardia da una «discesa sul terreno» fra le montagne afghane. Le stesse tecniche di guerriglia che gli americani insegnarono agli afghani, già ottimi allievi, e le medesime armi che fornirono loro potrebbero oggi rappresentare un pericolo per gli americani. Vale l'esempio dello Stinger, letteralmente «il punzecchiatore», un missile terra-aria spalleggiabile della General Dynamics destinato alla difesa contro gli attacchi aerei a bassa quota. E' l'arma a guida infrarossa che - fornita in gran numero dagli americani ai mujahidin - costrinse i sovietici ad andarsene togliendo loro il dominio dei cieli, nonostante le tante contromisure studiate. Decine di eheotteri da combattimento Mil-24 furono vittime di questo picco- lo punzecchiatore facilmente nascondibile, ma implacabile nella ricerca del bersaglio entro i 4-5 km. Bin Laden ha sicuramente molti esemplari di Stinger, allora forniti dagli americani e finiti anche nel teatro balcanico proprio al seguito di combattenti afghani. Non si sa quanto siano ancora operativi per la delicatezza del loro meccanismo di puntamento. Si sa invece - come ha rivelato ad agosto la Jane's Intelligence Review - che Bin Laden possiede anche una gran quantità di missili della serie SA (cioè superficie-aria) e in particolare il Grail (SA-7), mano avanzato dello Stinger, ma ugualmente fastidioso per le azioni a bassa quota. In più, rispetto al confratello americano, il Grail è stato costruito in copie in molti Paesi, compresi Cina ed Egitto, dove il miliardario-terrorista può acquistare senza problemi le armi per i suoi uomini. Se, come è probabile, si farà ricorso ai commandos trasportati con elicotteri, gli americani e i loro alleati dovranno fare i conti con questo tipo di difesa. Se è vero che potranno impiegare efficaci contromisure - conoscendo bene la tecnologia dei missili all'infrarosso da loro stessi sviluppati - non eviteranno quel fattore di rischio che fino a oggi hanno sempre cercato di eliminare prima di scendere sul campo. Mfii Un commando di marines Le azioni «mordi e fuggi» dei gruppi aviotrasportati potrebbero essere la caratteristica principale in questa fase iniziale del conflitto