Torna lo spettro degli scudi umani di Giuseppe Zaccaria

Torna lo spettro degli scudi umani UN NEMICO SENZA SCRUPOLI ACCECATO DALL'IDEOLOGIA Torna lo spettro degli scudi umani Dalla guerra del Golfo alla campagna in Jugoslavia alle scorrerie dei terroristi ceceni, l'uso di prigionieri civili come espediente di difesa si riaffaccia alla ribalta colorato del disprezzo integralista retroscena Giuseppe Zaccaria A noi del Bel Paese, usi ad accorgerci del resto del mondo solo quando i suoi problemi ci esplodono in faccia, la questione degli ostaggi, altrimenti detti «scudi umani» o più tecnicamente «elementi di scambio», apparve in tutta la sua crudezza una sera del gennaio di dieci anni fa, quando le tv ci portarono in casa la faccia tumefatta del capitano Maurizio Gocciolone, prigioniero e «scudo» degli iracheni agli inizi della guerra de Golfo. Non che il pilota italiano fosse stato il primo: per quasi tre mesi, in attesa dei bombardamenti, Saddam Hussein aveva giocato e bluffato sulla sorte di centinaia di operai e tecnici occidentali (molti dei quali italiani) catturati durante l'invasione del Kuwait. E dopo di lui, molti altri poteri hanno reinterpretato in chiave moderna l'antichissima pratica degli ostaggi. Con una differenza, però: se in epoche remote questo o quel califfo, il Sultano piuttosto che i suoi «visir» usavano tenere in custodia figli e mogli dei potenti con cui stipulavano trattati (perfino Vlad Tepes detto l'impalatore, che avrebbe ispirato il personaggio di Dracula, visse l'intera gioventù come ostaggio a Costantinopoli) nei tempi moderni per risultare efficace lo scudo umano non richiede particolari «pedigrees». Una delle differenze fondamentali fra civiltà occidentale ed Islam (che letteralmente significa «Dazione della vita al Divino») consiste proprio nel valore attribuito alla vita umana, che nella nostra cultura è alla base di tutto ed in quella musulmana rappresenta solo un bene di servizio per la grandezza del Supremo. Ed allora che nessuno si soiprenda se nella nuova fase della politica mondiale (o della globale presa di coscienza) l'uso di ostaggi, scudi oppure merce di scambio umana si molti¬ plicherà, poiché questo non è soltanto l'estremo tentativo di un regime per salvarsi dai bombardamenti ma il progredire di un teorema che pochi isolati studiosi avevano decifrato già da qualche anno. Darko Tanaskovic, 52 anni, docente a Belgrado di lingue e letterature araba e turca, «visiting professon) alla Sorbona, a Cambridge ed in numerose università americane (nonché prossimo ambasciatore di Jugoslavia in Vaticano) agli inizi degli Anni Novanta aveva scritto un libro che adesso molti servizi informativi d'Occidente hanno preso freneticamente a consul- tare. S'intitolava «L'insegnamento di Usama Ibn Mukis» e trattava - guarda un po'le inversioni della Storia - del filosofo arabo che nel Dodicesimo secolo più di ogni altro sostenne la superiorità dell'Islam sulla cultura d'Occidente. Questa però è materia per studiosi. Ciò che in questo momento può raaggiormente interessare chi, come noi, aspetta smarrito il progredire degli eventi è la ricostruzione che «L'insegnamento di Usama Ibn Mukis» suggeriva, già dieci anni fa, su un fenomeno del tutto nuovo, un movimento che riaffiorava dopo secoli. Torniamo alle cronache di questi anni. Dopo Saddam ed i suoi prigionieri (in realtà poi mai usati come veri e propri «scudi») le storie di violenza e di guerra hanno cominciato a registrare sempre più spesso il moderno ricorso alla soluzione primitiva. In Libano ciascuna parte accusò l'altra di aver fatto ricorso allo «scudo» di gruppi e famiglie della fazione opposta per difendere un luogo o attraversare un territorio. In Bosnia più volte accadde che per attraversare un campo che si supponeva minato i musulmani mandassero avanti i serbi, ed i serbi i musulmani. Eppure è nell'ex Unione Sovietica, esattamente dello sperduto Daghestan, che il moderno uso degli «scudi umani» finora ha trovato la sua applicazione più massiccia e feroce. Accade cinque anni fa, nel gennaio del '96, quando i guerriglieri ceceni di Salman Raduev ritirandosi da Kizlja costrinsero quasi 3mila civili a muoversi con loro, per coprire la ritirata, e trascorsero gli ultimi sei giorni di fuga a bordo di pullmann su cui erano stipati più di 160 «scudi umani». Il bilancio di sangue di quell'evento non è mai stato chiaro, ma adesso forse sarà il caso di tornare all'intuizione dello studioso slavo. La sintesi è nostra, quindi chiediamo scusa in anticipo per imprecisioni: quel libro )erò spiegava, fra l'altro, come 'Islam non avesse mai tenuto in gran conto la sorte di prigioneri o schiavi. Certo, i precetti delle «sure» raccomandano di non uccidere donne e bambini, né vecchi o invalidi, a meno che essi non collaborino attivamente con i nemici. Il professor Tanaskovic aggiungeva però un rilievo di grande significato. «L'insegnamento di Usama Ibn Mukis» raccontava fra l'altro come, dal Dodicesimo secolo in poi, l'attività di interpretazione coranica affidata ai dotti avesse subito un lungo e sostanziale ristagno. Fino all'atro ieri. Come combattere l'infedele? Come usare le sue debolezze? Fin dove e fino a che punto è lecito approfittare della sua sfibrata civiltà? Di dettare queste regole pratiche si erano occupati a lungo saggi e teologi, ma dopo secoli di sostanziale silenzio ima scuola coranica aveva appena inaugurato una produzione nuova e rivoluzionaria (in senso islamico, ovviamente). La nuova fonte di prassi coincide con la nascita e l'affennazione della «scuola hambalita», nata ed affermatasi negli ultimi decenni, indovinate dove? In Arabia Saudita. Dalle rivoluzionarie elaborazioni dei Nuovi Saggi promanano i delirii della scuola wahabita e dei «kamikaze » islamici sparsi per il mondo. Bastava leggere più attentamente solo qualche anno fa, mentre si discuteva di Islam solo a proposito di petrolio. Oggi, sembra indispensabile colmare al più presto questo drammatico «gap» di cultura. Un docente di arabo a Belgrado negli Anni 90 scrisse un libro sul ritorno della teoria della superiorità dell'Islam Ora i servizi occidentali lo studiano a fondo La madre e la sorella di Yvonne Ridley la giornalista britannica prigioniera dei taleban in Afghanistan

Persone citate: Darko Tanaskovic, Maurizio Gocciolone, Saddam Hussein, Salman Raduev, Tanaskovic, Vlad Tepes, Yvonne Ridley