MASSUD Sulle orme dei killer e dei loro mandanti

MASSUD Sulle orme dei killer e dei loro mandanti iMCHIÉSTA SO UN OMICIDIO IL LEADER STORICO DELl/OPPOSIZIONE ARMATA CONTRO GLI INVASORI RUSSI E GLI «STUDENTTI DI DIO» MASSUD Sulle orme dei killer e dei loro mandanti reportage Sylvain Cypel e Erich Inciyan COSA ci fanno ancora qui, quei due?»). Ahmad Shah Massud, capo militare della resistenza ai taleban, esce dal suo quartier generale a Kawja Bahauddin, nel Nord della zona da lui controllata in Afghanistan. Quel 9 settembre, si prepara a prendere l'elicottero per recarsi in una base arretrata in Tagikistan. «Sono i giornalisti arabi che stanno aspettando da nove giorni un'intervista - gli risponde l'addetto stampa Ashim Suheil - Che ne dobbiamo fare?». Massud guarda l'orologio: «Va bene, ma solo dieci minuti». Il «Leone del Panshir» ha cosi pronuncialo la propria condanna a morte. I testimoni raccontano. I due uomini entrano in una stanza. Il cameraman piazza, stranamente, il proprio apparecchio su tavolino basso, di fronte a Massud che sta parlando al telefono. Ahmad Jamshin, il suo segretario particolare, e Aref Sarwary, responsabile delle informazioni, lasciano la stanza. Non rimangono che un interprete, Mohamed Asem, Massud Khalili, ambasciatore in India del governo afghano riconosciuto a livello internazionale, e Fahim Dasty, giornalista vicino a Massud. Il cameraman esegue strani maneggi. Massud si spazientisce. Infine, l'intervista comincia. Ad un certo punto il «giornalista» chiede: «Comandante, che ne farà di Bin Laden, se tornerete al potere?». Massud scoppia in una risata. La bomba esplode. Secondo alcuni testimoni, era sistemata nella telecamera; secondo un altro, nella cintura del falso giornalista che sembrava contenere delle batterie di riserva. Massud è disteso nel sangue, il viso crivellato di schegge. Il giornalista è in brandelli, Asem è morto sul colpo. Feriti, Khalili e Dasty vengono portati via e più tardi testimonieranno. Il secondo attentatore, gravemente ferito, verrà ucciso dalle guardie di Massud. Questi morirà alcune ore più lardi senza avere ripreso conoscenza. Come hanno potuto i falsi giornalisti arrivare fino a Massud senza ostacoli? Hanno avuto dei complici? Le Monde è in grado di ricostruire parzialmente il loro itinerario. In possesso di un passaporto belga, si sono presentati il 25 luglio all'ambasciata dell'Afghanistan (controllata dai taleban) a Islamabad. Uno dei passaporti, col numero EB616967, ò stalo rilasciato a Dilbeek a nome di Karim Tuzani, nato il 12 settembre 1963 a Ujda in Marocco. E' il «giornalista». Quello del «cameraman», col numero EB880773, è slato rilasciato a Ixelles a nome di Kacem Bakkali, nato a Tangeri, Marocco, il 22 ottobre 1973. Ambedue hanno dei curiosi visti. Tuzani è entralo in Pakistan uno o due giorni prima con un visto rilasciato dal consolato pakistano a Londra, validità tre mesi, ma per il periodo dal 20 aprile al 19 luglio 2000. Ciononostante passa senza difficoltà i controlli della polizia pakistana. Quando a Bakkali, ha un visto rilasciato il 16 luglio 2001 a Londra e valido un armo con ingressi «illimitali». Un visto che le autorità del Pakistan concedono molto raramente. A Islamabad, il 27 luglio, i due assassini si presentano ai servizi consolari dell' Emirato islamico di Afghanistan, nome ufficiale dello Stalo dei taleban. Qui ottengono dei visti afghani, anch'essi sconcertanti (in inglese e senza alcun elemento in lingua pashtu). Hanno con sé una lettera di presentazione su carta intestata e con timbro dell'Islamic Observation Center di Londra, sulla quale spicca anche un timbro TOC ANITV. Firmata da Yasser ai-Siri, la lettera porta la data del 23 luglio 2001, vale a dire due giomi prima della comparsa dei due a Islamabad. Indirizzata «a chi di competenza» dice in sostanza che «la IOC, Organizzazione mondiale per i problemi dei diritti dell'uomo per i musulmani del mondo intero, è felice di informarla della creazione della propria agenzia televisiva Arabie News International (ANI-TV). Abbiamo anche il piacere di informarla che il signor Karim Tuzani, cittadino belga, passaporto EB616967, è giornalista della ANITV. Saremmo grati per ogni collaborazione, supporto o aiuto fornito allo stesso... Che Dio vi benedica». In calce figurano una casella postale di Londra, dei numeri di telefono e di fax, un indirizzo e-mail e un sito web: www.ummah.org.uk/loc/. I due passaporti sono autentici ma contraffatti, rubati nei consolati del Belgio di Strasburgo e dell'Aia. Quindi, fino ad oggi non è dato conoscere l'identità dei due assassini. L'«Emirato» dei taleban rilascia a ciascuno di loro un visto (in inglese) valido un mese, accompagnato da una «autorizzazione di lavoro come giornalisti» redatta in pashtu con foto. Il timbro che segna il loro arrivo a Kabul porta la data del 28 luglio. I due passano la linea del fronte, che separa a Nord i taleban dal territorio controllato da Massud, verso il 22 agosto. Sono quindi rimasti in mezzo ai taleban per tre settimane. Che cosa hanno fatto in quel frattempo? Verosimilmente, è qui che è stata loro fornita la telecamera o la cintura esplosiva. Da chi: dai taleban? Dalla rete di Bin Laden? O dall'ISI, i servizi segreti pakistani, molto presenti a Kabul? Per passare la linea del fronte, i due uomini hanno, a quanto pare, utilizzato la via più lunga ma più sicura: dà Kabul a Est verso Jalalabad (controllata dai taleban) prima di puntare, a Sarubi, verso la piana di Chamali, che porta alla valle del Panshir. La parte settentrionale di questa pianura è controllata dalle forze agli ordini di Abdurrab Massul Sayyaf, capo delTIttihadi islamico, la componente pashtu del Fronte Unito dell'opposizione. Qui, a tre riprese, tenteranno di avvicinare Massud. Una volta, per riprendere l'incontro tra lui, il suo secondo, il generale Fahim, Sayyaf e l'ex presidente dell'Afghanistan Burhanuddin Rabbani. Tre giomi dopo, cercando di salire sull'elicottero che serve a Rabbani per raggiungere Massud a Nord. Poi, Massud presente, chiedono di accompagnarlo in elicottero. Ogni volta si scontrano con un rifiuto. Il 31 agosto, infine, i due assassini riescono a convincere i loro interlocutori a lasciarli raggiungere Kawja Bahauddin, dove Massud ha la propria base di ripiego. Da questo momento, si hanno a disposizione tre testimonianze di persone che sono state loro vicine nella Guest House dove Massud ospita i propri invitati: Frangoise Causse, giornalista francese, Arkadij Dubnov, reporter russo, rimasti a Bahauddin fino al 3 settembre, e Shukria Haidar, una francese di origine afghana, presidente dell'Associazione di assistenza alle donne afghane, rimasta sul posto fino alla vigilia dell'attentato. Sono stati visti anche dal fotografo svizzeroamericano Eddie Girardet. Le testimonianze concordano. Merhabuddin Mastan, incarica^ to d'affari afghano a Parigi, non esclude che i due assassini abbiano beneficiato, senza altre connivenze, della «tradizionale ospitalità afghana». Si può tuttavia dubitare di una spiegazione così semplicistica, considerando le numerose incongruenze che avrebbero dovuto suscitare i sospetti dei servizi di Massud. A cominciare dalla lettera di presentazione: è stupefacente che nessuno, attorno a Massud, abbia cercato di mettersi in contatto con il suo autore, né con HOC o l'ANI-TV per fare un controllo. Nonostante sulla lettera ci fossero numero di telefono, fax, indirizzo e-mail. Se-l'IOC ha potuto prendere in giro la gente di Massud, non è comunque sfuggito alla sagacia dell' ISI, né a quella dei taleban. Il suo direttore è una figura degli ambienti islamici londinesi: Yasser ai-Siri, ex membro della Jihad egiziana, condannato a morte nel suo paese per aver architettato, nel 1993, l'assassinio del primo ministro egiziano AtefSidqi. Si è stabilito a Londra nel 1994 richiedendo la status di rifugiato politico. Secondo persone vicine agli afghani che indagano sul suo conto, egli avrebbe soggiornato in Sudan ti'a il 1995 e 1996, quando bin Laden vi si trovava su invito dello sceicco Al-Turabi, mentore a quel tempo del regime islamico di Khartum. Yasser Tufiq Ali ai-Siri ci ha confermato tutto al telefono: è vero, egli dirige l'IOC, una «organizzazione per i diritti dell'uomo». Ma il centro non ha una sede, e neppure locali. Ai-Siri riceve in una libreria nel quartiere di Edgware Road. Dà vita all'IOC con im fax e un computer. Ci ha soltanto fatto sapere che la lettera di raccomandazione era un ((falso» con «un timbro falso della (sua) organizzazione». «Non conosco gli assassini di Massud», ha dichiarato. Le Monde gli ha posto una serie di domande alle quali si era dichiarato disponibile a rispondere. Conosce il signor Tuzani? Cos'è l'Arabie News International di cui non si trova traccia alcuna? Che cosa ha dichiarato a Scotland Yard? Per tutta risposta il signor ai-Siri ci ha fatto pervenire la copia di una lettera inviata al Times di Londra dal suo avvocato dello studio Glazer Delmar, «specializzato - come dice il relativo sito Internet - nelle questioni di diritto d'asilo» . Questa lettera non risponde ad alcuna delle nostre domande. Uno studente francese, Dominique Thomas, l'ha tuttavia interrogato a lungo nel mese di maggio 2001 per la sua tesi in studi agricoli intitolata «Genesi e struttura del Londonistan». Yasser ai-Siri, nota il laureando, si è specializzato «nella cyberpropaganda utilizzando a meraviglia le nuove tecnologie». Il suo centro è «un istituto virtuale che funziona esclusivamente tramite Internet». Il sito dell'IOC (www.ummah.org) denuncia gli arresti arbitrari di musulmani, le detenzioni senza processo e le torture. L'IOC gli consente di «legittimare i bollettini che chiamano alla Jihad e alle sanzioni contro il governo egiziano», aggiunge. L'IOC ha pubblicato alcune opere, tra le quali «Bin Laden, Al-Jazira ed io» del giornalista Jamal A. Ismail della catena Al-Jazira del Qatar, e una compilation di incontri tra Osama bin Laden e Ayman el-Zahwari (talvolta considerato il suo braccio destro e dirigente della Jihad egiziana). Una visita al sito mostra che l'IOC è soprattutto preoccupato dall'Egitto. Soprannominato «Abu Ammar», ai-Siri è sotto il controllo della polizia britannica da quando i servizi egiziani lo sospettano di aver partecipato all'organizzazione dell' attentato di Luxor (58 turisti uccisi nel 1997). Gli egiziani assicurano che avrebbe fatto parte della Jihad di Mohammed al-Zahwari. Con un semplice controllo, i nomi di Yasser ai-Siri e dello IOC sulla lettera di raccomandazione avrebbero dovuto mettere in allerta l'entourage di Massud. Da qui l'ipotesi, avanzata da alcuni che gli erano vicini: questa lettera doveva servire a passare il setaccio dei taleban, ma non è la stessa che è stata mostrata alle persone dell'Alleanza del Nord, una volta oltrepassata la linea del fronte. I due assassini sarebbero stati in possesso di un'«mtroduzione» di ben altro genere, in grado di convincere gli uomini di Sayyaf, alleato di Massud. Secondo questa versione, Karim Tuzani avrebbe goduto della «raccomandazione» di ex alti responsabili del regime al potere a Kabul prima dei taleban. Degli oppositori, dunque, rifugiati politici in Gran Bretagna e considerati affidabili dai loro interlocutori dell'opposizione. Fondamentalisti, sono loro che avrebbero frequentato l'IOC e fornito a Sayyaf una raccomandazione giudicata convincente. Gabbato, sarebbe quindi questi che avrebbe consentito agli assassini di avvicinarsi a Massud. Questa versione non è ancora che un'ipotesi, ma si basa su indizi tangibili. Dà coerenza a quanto, altrimenti, costituirebbe un'incredibile incuria dei servizi di sicurezza di Massud. Ha lo svantaggio, per il Fronte Unito dell'opposizione, di dover riconoscere che il tradimento è maturato nel suo seno. L'obiettivo dei due assassini era Massud, solo lui. Gli assassini hanno atteso tre settimane l'occasione per commettere il crimine. Due giomi dopo, alcuni terroristi distruggevano le Twin Towers e un' ala del Pentagono. Molti, in seno all'opposizione afghana, sono convinti che l'attentato contro Massud fosse il segnale che i terroristi negli Stati Uniti aspettavano per mettere in atto il loro incredibile progetto. Copyright Le Monde traduzione a cura del Gruppo LOGOS due falsi giornalisti che hanno assassinato con una telecamera imbottita d'esplosivo il «Leone del Panshir» avevano passaporti belgi e visti «insoliti» rilasciati dal Pakistan e poi dall'Afghanistan oltre a lettere di presentazione di un centro islamico inglese che non ha una sede Sono rimasti tre settimane nel paese dei taleban suscitando sospetti nei compagni di viaggio ma non negli addetti alla sicurezza le Torri gemelle di New York. Molti in seno all'opposizione afghana sono convinti che l'attentato fosse il segnale che gli uomini di Bin Laden negli Stati Uniti attendevano per agire Gli uomini del comandante Massud in Afghanistan: dietro l'assassinio molti sospetti, da un tradimento all'interno dell'Alleanza al coinvolgimento dei servizi segreti pakistani e del regime dei taleban. Sotto il «Leone del Panshir»