I nomi dei kamikaze inchiodano lo sceicco di Guido Ruotolo

I nomi dei kamikaze inchiodano lo sceicco OTTO ANNI DI GUERRA AGLI USA: DAL PRIMO ATTENTATO AL WORLD TRADE CENTER A QUELLI CONTRO LE AMBASCIATE IN TANZANIA E IN KENYA I nomi dei kamikaze inchiodano lo sceicco Trenta fedelissimi addestrati per combattere yankee e Israele retroscena Guido Ruotolo ROMA ERANO passati appena due giorni dalle stragi di Washington e New York e il segretario di Stato americano, Colin Powell, già indicava in «Osama bin Laden il nemico». C'erano altri precedenti, altre stragi, che portavano a lui: nel '93 l'attentato al World Trade Center di New York, sempre in quell'anno l'attacco al cacciatorpediniere Cole, ancorato in un porto del Sudan, e poi, nel '98, gli attentati alle ambasciate americane in Tanzania e in Kenya. E c'era stata una recentissima intervista - appena del giugno scorso - alla rete satellitare araba Mbc, nella quale Osama bin Laden aveva preannunciato: «Ci sarà una grande sorpresa, un duro colpo contro gli interessi americani e israeliani». Il 15 settembre, da Camp David, dove aveva riunito il Consiglio di guerra, il presidente Bush si spinse ben oltre Powell: «Faremo qualunque cosa per colpire e sradicare incolpevoli, tra i quali Osama bin laden è il primo sospetto». Il sospetto a tre settimane dall' 11 settembre è diventato una certezza. Ieri l'ambasciatore dell'antiterrorismo americano Francis Taylor ha convinto la Nato della colpevolezza di Al Qaida, il network terroristico che fa capo a Osama bin Laden. Il suo non deve essere stato solo un «ragionamento» ma neppure fanno notare a Bruxelles una vera e propria «requisitoria» corredata dalle equivalenti prove processuali. Una via •di mezzo, dunque, tra indizi e tracce che portano dritti all'Afghanistan, al regno di Osama bin Laden e dei suoi protettori, i taleban. Che sia lui il regista occulto, il finanziatore delle cellule clandestine entrate in azione l'il settembre, gli americani e la Nato non hanno ormai più alcun dubbio. Forse ieri, in una pausa della sua esposizione, Taylor avrà ripreso lo scoop della rete televisiva americana Nbc secondo cui i servizi segreti francesi avrebbero trasmesso all'Fbi e alle agenzie di sicurezza americane la telefonata fatta da Bin Laden due giorni prima degli attentati alla madre adottiva. Ali Khalifa bin Laden: «Tra due giorni sentirai grandi notizie e poi non mi sentirai per un pezzo». Naturalmente le «prove» che incastrano bin Laden non sono solo l'intervista di giugno e la telefonata alla madre. Nonostante l'impegno alla «segretezza», l'indeterminatezza sulle modalità, gli obiettivi, i tempi dell'offensiva contro i santuari del terrori¬ smo internazionale, le televisioni americane in questi giorni hqnno contribuito a documentare, a rendere pubbliche quelle «prove» che portano al nemico numero uno. Proprio il 28 settembre il network televisivo Abc ha intervistato un pentito che si è detto certo che almeno uno dei kamikaze dell' 11 settembre fosse legato alla rete terroristica di Bin Laden: «Majed Moqed fa parte di Al Quaeda, credo che fosse un saudita, l'ho conosciuto in Afghanistan, entrambi partecipavamo a un campo d'addestramento». Dei 19 kamikaze ancora oggi l'Fbi non è stata in grado di fornire tutte le identità esatte: di molti non si conosce la nazionalità, di almeno tre le identità si sono rivelate sbagliate. Di certo si sa che quei 19 dirottatori facevano parte di quattro cellule autonome, e che potevano contare sul sostegno logistico di almeno altri 11 terroristi. Un'indicazione che sarebbe giunta negli Stati Uniti da un'informativa dei servizi segreti tedeschi: avrebbero intercettato, poche ore dopo gli attentati, una conversazione tra due islamici legati a bin Laden nella quale si parlava di trenta persone coinvolte negli attentati. ' Degli undici terroristi coinvolti nelle stragi, sette sono ancora ricercati, tre sono stati arrestati in Germania, uno in Inghilterra. A Londra è stato arrestato Lofti Raissi, algerino, istruttore di volo di almeno quattro dei diciannove kamikaze entrati in azione l'il settembre. Raissi quest'estate ha viaggiato su un volo di linea almeno una volta con uno dei dirottatori, Hani Hanjour. Emirati Arabi Uniti, Germania, Inghilterra. Ormai gli investigatori hanno la certezza che gli attentati furono ideati, finanziati e organizzati al di fuori degli Stati Uniti. Che almeno quattro dirottatori si addestrarono in Afghanistan; che almeno uno di loro fu ripreso, tra la fine del 1999 e gli inizi del 2000, in Malesia, mentre si incontrava con due sospettati di aver partecipato all'attentato del '93 contro il cacciatorpediniere Cole; che almeno altri tre dirottatori, tra cui l'egiziano Mohamed Atta, avevano vissuto ad Amburgo. Le prove dei legami con Al Qaeda delle quattro cellule clandestine che si impossessarono dei quattro aerei decollati da Boston e Newark sono state trovate anche ad Amburgo, in Germania. Intercettazioni di telefonate satellitari che portano all'Afghanistan, documentazione, istruzione per l'uso, manuali di pilotaggio. Proprio due mesi fa l'Fbi arrestò un francese d'origine marocchina, Zacari^s Moussaoui: era in contatto con la cellula di dirottatori che avevano soggiornato ad Amburgo. Gli americani sono convinti di aver trovato le tracce dei soldi che sono serviti a finanziare la preparazione e l'esecuzione degli attentati dell' 11 settembre. E queste tracce portano indiscutibilmente a società legate all'impero economico di Osama bin Laden. Tutti gli indizi e le tracce seguite in tre settimane dall'Fbi e dai servizi segreti alleati e russo portano in Afghanistan al «regno» di Bin Laden e dei suoi protettori Il Segretario della Alleanza Atlantica, Lord Robertson durante la riunione di ieri nella quale gli Usa hanno presentato le prove contro Bin Laden