La lotta al virus Ebola che tormenta l'Africa

La lotta al virus Ebola che tormenta l'Africa La lotta al virus Ebola che tormenta l'Africa E' RICOMPARSO MIETENDO VITTIME: PER ORA NON CI SONO CURE MA SOLO LA SOLIDARIETÀ' UMANA EBQLA, un virus letale diffuso in diverse regioni dell'Africa equatoriale, è tornato a colpire, dopo epidemie ripetutesi periodicamente a partire dal 1975. Il nome del virus che sta falcidiando, con un tasso di mortalità compreso tra il 50 e il 90 per cento, intere popolazioni africane, trae origine da un piccolo corso d'acqua che scorre nello Zaire settentrionale, dove si verificò la prima epidemia. Alla fine del 2000 si è manifestato un nuovo focolaio in Uganda, rilevato da Matthew Lukwija in seguito agli accertamenti fatti su casi di morti sospette. I sintomi che si manifestavano dopo un breve periodo di incubazione erano sempre gli stessi: febbre alta, dolori muscolari, vomito, seguiti poi da emorragie interne ed esteme. Subito si è cercato di correre ai ripari, nel tentativo di arginare e, nei limiti del possibile, controllare la terribile epidemia. Lukwija, direttore sanitario dell'ospedale St. Mary's Lacor di Gulu, in Uganda, un'esistenza votata interamente ad aiutare i malati nella ferma convinzione che combattere per la vita superi qualsiasi ricchezza, ha immediatamente radunato il personale ospedaliero per metterlo al corrente della gravità della situazione da affrontare. Il rischio di contagio per coloro che si trovano a stretto contatto con persone affette dal virus è assai elevato, ma chi ha deciso di combattere in prima fila contro Eboia lo ha fatto per libera scelta. Molti dei volontari, persone di età, estrazione sociale e cultura diverse, tra cui parecchi giovani, che hanno messo in gioco la loro vita, l'hanno persa, contribuendo tuttavia a sensibilizzare l'opinione pubblica. E' ciò che è accaduto a un'infermiera di ventisette anni, Grace Akullo, madre di due gemelli di quattro anni ed al dottor Lukwija stesso, persone dotate di grande senso del dovere, amore totale per la loro professione e profondo altruismo, doti sempre più rare in un mondo in cui predominano l'insoddisfazione, l'indifferenza, il razzismo e la scarsa comprensione nei confronti degli altri. Ma la battaglia contro Eboia continua. I maggiori veicoli di contagio sono sicuramente i funerali, che in Africa costituiscono uno dei momenti sociali più importanti, in occasione dei quali si riunisce tutta quanta la famiglia del defunto. La situazione è poi ulteriormente aggravata dalla guerriglia in corso da 15 anni, che spinge le persone a riunirsi in campi, altra fonte di contagio. Non esistono per ora cure specifiche che possano portare alla guarigione, come pure non è ancora disponibile un vaccino adeguato per debellare il temibile virus. Sono tuttavia in atto ricerche che si occupano dello studio accurato del filovìrus (così chiamato per la somiglianza con un filo attorcigliato) responsabile della malattia. Esso agisce in una zona circoscritta dell'Africa e la sua pericolosità è così elevata da rendere necessaria la manipolazione di questi campioni in laboratori con protezione molto rigorosa. Ancora ignoto è l'ospite del virus che provoca la malattia trasmessa all'uomo attraverso i primati. I farmaci inibitori, a causa della limitata diffusione del virus, non sono ancora usciti dallo stadio di ricerca e di conseguenza non si conosce ancora la loro effettiva validità. Recentemente si è accesa una nuova speranza per l'annuncio fatto da un team di virologi americani sull'efficacia di un vaccino che previene l'infezione del virus nei primati. Valentina Blengini (Doghani. Cuneo) Secondo premio ex aequo

Persone citate: Grace Akullo, Matthew Lukwija, Valentina Blengini

Luoghi citati: Africa, Eboia, Zaire