«Mirava come se fosse un'esecuzione»

«Mirava come se fosse un'esecuzione» IL FOTOGRAMMA DEI QUATTRO INTERMINABILI MINUTI DELLA TRAGEDIATRA URLA, SANGUE E ESPLOSIONI «Mirava come se fosse un'esecuzione» Gli scampati al massacro: sostituiva i caricatori e uccideva testimoni dall'inviato a ZUG SEMBRAVA di stare davanti a un plotone di esecuzione...», racconta Peter Hausheer, consigliere cantonale nel parlamentino di Zug, uno di quelli che ce l'hanno fatta, uno dei tanti che si è buttato sotto lo scranno non appena è iniziata la sparatoria. «Sì, un plotone...», dice quasi sforzandosi di trovare la parola giusta, mentre toma in Post Platz dopo essere stato in ospedale e poi dalla polizia a raccontare quello che ha visto in quei quattro minuti di terrore. Perché non ci sono parole per quello che ha fatto Friederich Laibacher, 57 anni, assassino quindici volte in una cittadina sul lago che fino ad oggi al massimo contava qualche scippo e poche rapine. «Stavo salendo le scale del palazzo, ho visto un poliziotto superarmi, sembrava andare di fretta, non ci ho fatto caso», ripete il consighere alle televisioni che sono arrivate qui da tutta la Svizzera. Nessuno aveva fatto caso a un poliziotto che in tuta blu, con le mostrine della Cantonal Polizei e un fucile in mano, entra nella sede del Consiglio. Nessuno fa caso ai poliziotti che vanno in giro lungo questo paesone sul lago pieno di banche e gioiellerie. E poi la pacifica Svizzera ha un esercito perennemen- te in attività. Chi smette la ferma si porta il fucile a casa. Come tutti. Come Freiderich Laibacher, che voleva avere ragione contro la mafia degli autobus, che solo lui sapeva cosa fosse. Nessuno gli fa caso, quando entra nel salone che ha i vetri a piombo che danno sulla piazza. Nessuno gli fa caso quando imbraccia il fucile: «Ha iniziato subito a sparare. Finito un caricatore ne ha messo un altro. E poi un altro ancora. Poi ha appoggiato il fucile e ha preso la pistola. Sembrava un pazzo. Sparava a tutto quello che vedeva, sparava alla gente che si buttava per terra come me... C'erano urla e sangue, tanto sangue dappertutto». Sparava a raffica, ma cercando di prendere la mira, Friederich Laibacher, che proprio ieri mattina si era visto respingere il suo settimo ricorso contro «la mafia di Zug». E il suo primo obiettivo era Robert Bisig, il ministro del Lavoro e dell'Economia, quello che secondo la sua follia non aveva fatto nulla contro la mafia. Anzi, ne era complice. Ma Friederich Laibacher non era un buon tiratore. La prima a cadere è Monika Hutter, ministro della Sanità, una bella signora con gli occhiali, nelle foto che mostra la polizia. «Io non ho'visto più nulla, mi sono buttato a terra cercando di non essere nel suo mirino. Sentivo tutti urlare», racconta ancora Hanspeter Hausheer. «Poi ho sentito un'esplosione, fortissima. E alla fine solo silenzio», aggiunge. Stava dalla parte opposta alla sala dove è iniziata la carneficina, non sa dire - come raccontano invece altri testimoni - se il «poliziotto» urlasse qualcosa: «Mi hanno detto che ce l'aveva con Brisig, che gridava che eravamo tutti bastardi, che ci avrebbe pensato lui alla mafia di Zug. Ma io non so, sentivo solo gli scoppi e le pallottole che andavano da tutte le parti». La polizia conterà almeno 75 proiettili, che hanno fatto buchi grandi così nei muri dove ci sono anche le macchie di sangue di quelli che sono morti o feriti. E altri buchi li ha fatti la bomba a mano, che Friederich Laibacher ha gettato nel mucchio, ferendo consiglieri e giornalisti, il pubblico delle udienze di sempre e qualche impiegato tra i 150 che lavorano negli uffici del Consiglio. «Quando la sparatoria è finita e c'è stato il silenzio, mi sono rialzato. C'era tanto fumo. Ho visto quell'uomo vicino al muro, sdraiato a terra...», racconta ancora Hanspeter Hausheer. Cerca di soccorrere i feriti che gli sono più vicini, capisce subito che ci saranno anche dei morti. La prima che vede accasciata e immobile e tutta sporca di sangue è Monica Hutter, ministro della Sanità. Altri due ministri, rimarranno uccisi. E dodici consiglieri, mentre i feriti sono una dozzina, otto in gravi condizioni. In tutto sono passati nemmeno quattro minuti. Alle urla di chi è vivo ma ferito fanno seguito le sirene. Arrivano le ambulanze e la polizia. C'è chi sospetta un attacco terroristico. E invece è una storia tutta svizzera di un uomo malato che ce l'aveva con gli autisti di autobus, con la mafia di qui, con l'alcool. E che nella sua follia voleva solo che gli desseroragione.I/SUAC] [f.pol.] ^ 1 I primi soccorsi ai feriti dopo la strage

Persone citate: Friederich Laibacher, Hutter, Laibacher, Monica Hutter, Peter Hausheer, Robert Bisig

Luoghi citati: Svizzera