Alla Cia tanti indizi ma nessuna prova contro Bin Laden

Alla Cia tanti indizi ma nessuna prova contro Bin Laden Alla Cia tanti indizi ma nessuna prova contro Bin Laden Ogni giorno arrivano valanghe di elementi nuovi, diventa difficile separare il vero dal falso, le conferme certe dalle semplici ipotesi inchiesta Philippe Broussard ggC ARA la più grande indagi" J ne poliziesca della storia del Paese», avevano decretato i media americani la sera degli attentati. Si sbagliavano: queste indagini sono planetarie, non solo americane. Portano dalla Malesia all'Afghanistan, dalla Germania al Canada, passando ovviamente per il Medio Oriente. Accusati di aver sottostimato la minaccia islamica sul loro territorio, gli inquirenti dell'Fbi (polizia federale) e i loro colleglli della Già (servizi stranieri) o di altre agenzie per l'informazione (Nsa) tentano di ricostruire, con più o meno fortuna, il puzzle di un affaire che non ha uguali. Ogni giomo porta così tanti elementi nuovi che diventa difficile separare il vero dal falso, ciò che è confermato da ciò che è solo ipotizzato. Chi erano i pirati dell'aria? Quali erano i loro legami con Osama bin Laden? Ecco lo stato delle cose dopo quindici giorni di indagini. I pirati dell'aria Nella fretta di trovare dei colpevoli, Fbi e media hanno diffuso in tutta fretta un elenco con 19 nomi, e le relative foto. Poi però è risultato che alcuni di questi nomi corrispondevano a persone ancora in vita ed estranee all'attentato. Almeno tre terroristi avrebbero utilizzato false identità o patronimici molto comuni in alcuni Paesi arabi. Parecchi kamikaze provenivano dagli Emirati arabi, dall'Egitto e soprattutto dall'Arabia Saudita. A oggi, sarebbero stati identificati una dozzina di sauditi, tra cui sei giovani di una ventina d'anni originari di due regioni povere del Sud del Paese, non lontano dal confine con lo Yemen. Alcuni di loro avevano lasciato le famiglie parecchi mesi prima, annunciando che partivano per aiutare i «fratelli» musulmani in Cecenia. Per ricostruire i loro spostamenti negli Stati Uniti, 4 mila agenti e 3 mila funzionari dell'Fbi hanno fatto un lavoro classico, ma gigantesco, di polizia giudiziaria. Hanno fatto centinaia di perquisizioni, preso a prestito i computer nelle biblioteche pubbhche, interrogato vicini di casa, noleggiatori di auto, albergatori, gestori di palestre. Tutto questo per scoprire che i sospettati vivevano sul posto da mesi, quando non da anni, separatamente o in piccoli gruppi. Da un motel a un appartamento ammobiliato, traslocavano sovente e si mostravano piuttosto discreti, preferendo i messaggi elettronici (e-mail in codice) alle conversazioni telefoniche, che potevano essere ascoltate. Sette di loro hanno vissuto anche in Florida per seguire corsi di pilotaggio in una decina di scuole d'aviazione. L'alto costo dell'addestramento non è mai sembrato un problema per loro, e nemmeno le spese di albergo e di spostamento. Il «New York Times», citando fpnti della polizia. ha stimato in 450 milioni di lire il costo totale dell'operazione. Al di là del territorio americano, le indagini si sono estese a parecchi Paesi, ma è dalla Germania che sono arrivate le informazioni più direttamente legate agli attentati. Prima di sistemarsi negli Stati Uniti, tre pirati dell'aria avevano vissuto ad Amburgo, uno degli snodi della rete islamica in Europa. Tra di loro c'era un egiziano di 33 anni, Mohamed Atta, molto probabilmente il pilota del primo Boeing che si è schiantato contro il World Trade Center. Figlio di un avvocato, è l'uomo cu cui la polizia sa di più: gli studi di urbanistica in Germania, i viaggi (Siria, Spagna...), il progressivo slittamento verso l'islamismo radicale, i corsi di pilotaggio... Descritto come un uomo autorevole, colto ed elegante, non offre lo stesso profilo sociale dei suoi complici sauditi. Gli investigatori sono convinti che abbia avuto un ruolo di coordinatore tra i quattro commandos. Il modo di operare Il mattino dell'11 settembre 19 kamikaze, suddivisi in tre gruppi di cinque e un gruppo di quattro, sono saliti a bordo di quattro aerei di linea pronti a decollare dagli aeroporti di Boston, Dulles (visino a Washington) e Newark. Avevano prenotato i biglietti a fine agosto presso agenzie di viaggio o attraverso Internet. Gli investigatori hanno potuto stabilire i loro posti, quasi tutti in business class, dunque vicini alla cabina di pilotaggio. Ogni commando comprendeva almeno un pilota incaricato, al momento opportuno, di dirigere l'aereo sul bersaglio: il World Trade Center a New York e due centri di potere a Washington. I minuti che hanno preceduto l'impatto sono ancora in parte misteriosi. Si sa però che i passeggeri del volo NewarkSan Francisco hanno opposto resistenza ai pirati dell'aria, provocando la caduta del Boeing in una zona rurale della Pennsylvania e non su Washington, il bersaglio presunto. Lo studio della scatola nera dovrebbe portare nuovi dettagli, perché sono state registrate alcune conversazioni e il rumore di una lotta. E' comunque un dato acquisito che i terroristi erano armati di coltelli e taglierini. Nessuno sa, invece, se li avessero introdotto loro a bordo o se vi si trovassero già prima, nascosti sotto i sedili da qualche complice. L'Fbi lavora su un'ipotesi «alta»: quella di un piano, d'attacco molto più ampio, che coinvolgeva altri terroristi. Il fatto che alcuni pirati, dell'aria, a cominciare dal «capo» presunto, Mohamed Atta, si siano informati a più riprese sull'uso, e anche l'acquisto, di piccoli aerei per spargere di insetticidi sui campi ha fatto temere, a posteriori, un attacco chimico o batteriologico. Cosi pure gli allarmi bomba, lanciati al momento dei dirottamenti, interpretati, con il senno di poi, come manovre di diversione orchestrate da complici. Infine diversi indizi lasciano ipotizzare che almeno altri due dirottamenti fossero stati previsti. Come spiegare diversamente i taglierini trovati nascosti in due aerei bloccati a terra dopo gH attentati? In totale, secondo alcuni investigatori, il piano dei dirottamenti ha coinvolto fino a trenta kamikaze, cioè sei gruppi di cinque. Per ragioni imprecisate, undici di loro non sarebbero passati all'azione e potrebbero trovarsi tra le persone fermate in queste settimane. I complici All'inizio della sua indagine, l'Fbi disponeva di elementi importanti: documenti trovati nelle auto a noleggio e testimonianze dalla Florida. Da allora gli agenti federali hanno moltiplicato i fermi con l'intento di bloccare eventuali complici. E' stato diffuso un elenco di 392 persone (egiziani, sauditi, algerini...) ricercati in quanto testuno- ni. Tra di loro figurerebbero una quarantina di ex allievi delle scuole di aviazione. Inoltre 352 persone sono state interrogate e sono sempre trattenute, ufficialmente per reati minori. In realtà, si tratta soprattutto di sapere se sono state, o no, in rapporti con i pirati dell'aria. In più, almeno otto uomini sono stati incarcerati in quanto «testimoni materiali», un termine giuridico che significa che potrebbero essere in possesso come minimo - di informazioni decisive. Sette di loro meritano particolarmente l'attenzione: « Un francese di origine marocchina, arrestato in una situazione irregolare il 17 agosto mentre cercava di seguire un corso di pilota nel Minnesota. Sulla trentina, era già conosciuto dalla direzione della sorveglianza del territorio prima degli attentati. I poliziotti francesi l'avevano presentato ai colleghi dell'Fbi come «soldato islamico» addestrato nei campi afghani legati ad Al-Qaeda, l'organizzazione di Bin Laden. Secóndo il «Washington Post», gli agenti federali l'avrebbero trovato in possesso di un trattato sullo spargimento di insetticidi. Questa informazione non è stata confermata da fonti ufficiali, ma il ministro della Giustizia americano, John Ashcroft, ha ammesso che documenti del genere erano stati scoperti a casa di una persona attualmente detenuta. « Due uomini, pare di nazionahtà indiana, intercettati il 12 settembre su un treno texano, in possesso di taglierini e di una grossa somma di denaro. Figuravano tra i passeggeri di un volo costretto ad atterrare a SaintLouis (Missouri), dopo gli attentati. Il loro fermo ha rafforzato l'ipotesi dei «sei gruppi», senza però portarne la prova formale. » Tre maghrebini arrestati il 18 settembre a Detroit, in possesso di documenti sospetti, in particolare di appunti a proposito di una base americana in Turchia. Due di loro erano stati impiegati da una società incaricata della ristorazione negli aerei. » Un cittadino del Kuwait di 34 anni, fermato il 17 settembre a Burbank. GH investigatori sospettano che questo ex taxista sia stato in rapporti con dUB dèi pirati dell'aria e, soprattutto, fosse l'uomo a Boston di Bin Laden. Il nemico pubblico Le autorità pohtiche hanno immediatamente puntato i sospetto sul capo di Al Qaeda, già accusato degli attentati precedenti: a New York (World Trade Center, 1993), nello Yemen (il bombardiere Cole, 1993) e contro due ambasciate americane in Africa (Kenya, Tanzania, 1998). La struttura di Al Qaeda, con la sua galassia di cellule e di movimenti più o meno autonomi diffusi in tutto il mondo, ha in effetti i mezzi umani e logistici per gestire un'operazione del genere. Ma occorrono le prove... Domenica 23 settembre U segretario di Stato, Colin Powell, si era impegnato a produrle sotto forma di un «documento». Ma l'indomani è stato contraddetto dal presidente Bush, ostile a questa idea. Gli investigatori hanno notato dei punti in comune tra gli attentati dell'I 1 settembre e le azioni precedenti. Uno dei 19 pirati dell'aria sarebbe stato filmato, alla fine del 1999 o l!inizio del 2000, in Malesia, insieme a due individui in seguito sospettati di aver preso parte all'attentato contro il Cole (17 morti). Altri due kamikaze sarebbero stati in rapporti con il cittadino del Kuwait fermato il 17 settembre e :. u Ji.ni-'j o x.ui. considerato il possibile uòmo a Boston di Al-Qaeda. Queste diverse piste - per lo meno indirette - dimostrano però la difficoltà di provare la colpevolezza del miliardario saudita. Gli investigatori sperano di arrivarci studiando i circuiti dei finanziamenti agli attentati. Il fatto che alcune spese siano state regolate con carte bancarie potrebbe aiutarli. Un vicolo cieco La Cia, e più ancora l'Fbi, sono oggetto di critiche sempre più virulente. La polizia federale era informata fin dal 1996 della presenza di allievi stranieri medio-orientali nelle scuole di aviazione della Florida, ma le verifiche effettuate all'epoca non avevano rivelato nulla di allarmante. Tre ostacoli rallentano il lavoro degli investigatori: la cattiva conoscenza degli ambienti islamici, la mancanza di agenti che possano infiltrarsi e la scarsità di interpreti di fiducia. Dagli attentati, la polizia è sommersa da decine di migliaia di informazioni che tardano a essere sfruttate per mancanza di traduttori che conoscano le lingue asiatiche e siano in grado di decrittare messaggi in codice. La più grande indagme di polizia della storia del Paese», alla quale è stato affibbiato il nome in codice «Penttbomb», è solo agU inizi.... Copyright Le Monde ili , Nella fretta di trovare del colpevoli, gli investigatori hanno diffuso un elenco di diciannove nomi ma alcuni di quegli uomini si sono rivelati estranei Si ipotizza che il piano d'attacco fosse più ampio GLI ATTORI DELLA Fi Fi 11 HORLDTRftoeceNTeR TORRGNORD Mohamed Atta^» Waleed M. ^«B Wall [33 anni] - Al-Shebri* Al-Shebri" Satam "«a Abdulaziz Al-Suqami [25] Al-Omari [29] STOHYCREeK PeNHSYLVRrtiR