Berlusconi gioca la carta delle grandi opere
Berlusconi gioca la carta delle grandi opere Berlusconi gioca la carta delle grandi opere I progetti finanziati direttamente dalla Cassa depositi e prestiti. Venerdì la manovra Mario Sensini ROMA Sempre più convinto della necessità di dare nuovi stimoli alla crescita dell'economia per liberarla dal rischio di recessione indotta dall'esterno, il governo è pronto ormai a giocare la carta delle grandi opere. Il piano potrebbe partire subito dopo la presentazione della legge Finanziaria, visto che i tecnici del ministero dell'Economia avrebbero anche individuato la soluzione per supplire alla mancanza di risorse finanziarie nel bilancio pubblico, necessarie per far partire i progetti. O meglio, la soluzione se la sono trovati in casa, senza fare tanti sforzi di fantasia: l'ipotesi allo studio è infatti quella di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti come leva finanziaria. L'idea è semplice e sembra incontrare il gradimento del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. La Cassa Depositi e Prestiti, istituto pubblico che raccoglie denaro molto a buon mercato (con lassi che attualmente si collocano al 3,750Zo), e che di fatto oggi svolge una funzione di mero erogatore di finanza agli enti locali, potrebbe essere trasformata in una specie di banca d'investimento. Le risorse raccolte della Cassa attirando il risparmio postale potrebbero quindi essere impiegate direttamente nel finanziamento delle grandi infrastrutture, sommandosi a quelle dei partner privali e ai fondi strutturali messi a disposizione dall'Unione Europea. La Cassa diverrebbe il "volano" per la realizzazione delle grandi opere, il catalizzatore dei capitali privati che da soli non sarebbero sufficienti per affrontare progetti come il Ponte sullo Stretto o nuove autostrade. Potrebbe essere dunque quello strumento che il govemo stava cercando (e aveva ad esempio ipotizzato di coinvolgere le fondazioni di matrice bancaria) per far partire il piano che prevede un investimento complessivo di oltre 230 mila miliardi nei prossimi dieci anni. Un piano che il governo ritiene indispensabile per dare' un nuovo impulso all'attività economica, ma che presuppone un forte investimento di risorse pubbliche che il bilancio attualmente non offre. Oltre al recupero di efficienza del sistema paese (il ministro Lunardi stima in 140 mila miliardi l'anno il costo delle diseconomie causale dalla carenza di infrastrutture) l'attuazione del piano per le grandi opere, cioè l'investimento di 20 mila miliardi l'anno per dieci anni, dovrebbe avere un impatto consistente sulla crescita. Il centro di studi economici Free, guidalo da Renato Brunetta, valuta in un punto percentuale di pil la crescita aggiuntiva che si potrebbe registrare già a partire dal 2002. Sarebbe un buon aiuto al governo, che ha scommesso sul¬ la crescila per creare le risorse necessarie all'attuazione del suo programma di legislatura, ma anche per rispettare gli obiettivi di finanza pubblica presi con l'Unione Europea. Trémonti ha ribadito che nel 2002 il deficit dovrà essere abbattuto allo 0,50Zo, e per questo sta preparando una legge Finanziaria che prevede una correzione dei conti pubblici superiore ai 30 mila miliardi. Anche ieri, per i tecnici dei ministeri economici impegnati nella stesura del provvedimento, è stata una giornata di lavoro. Domani, invece, partirà il confronto con le parti sociali, in vista dell'approvazione della Finanziaria prevista nel consiglio dei ministri di venerdì prossimo. A imprese e sindacati, con i quali potrebbe esserci più di un incontro, il governo presenterà le grandi linee della manovra per il 2002 e gli elementi della Nota di aggiornamento al Documento di Programmazione di luglio.
Persone citate: Berlusconi, Giulio Tremonti, Lunardi, Mario Sensini, Renato Brunetta
Luoghi citati: Roma
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