Consegnare Bin Laden? Kabul prende tempo «Risponderemo oggi»

Consegnare Bin Laden? Kabul prende tempo «Risponderemo oggi» Consegnare Bin Laden? Kabul prende tempo «Risponderemo oggi» Agli inviati pakistani: «Prima dobbiamo riunire i saggi». Islamabad minacciosa: se rifiuterà di estradarlo il regime potrebbe cadere» Giovanni Cerniti Inviato a ISLAMABAD Ancora un giorno per trattare. 0 forse un altro giorno per prendere tempo. I pakistani premono, i Taleban non vogliono rompere. Scandita dalle solite voci fasulle (de trattative sono già fallite!») la prima giornata della missione pakistana in Afghanistan si è chiusa con un annuncio da Radio Sharia, la radio dei Taleban. «Il mullah Omar deciderà martedì», oggi. E dunque, anche se le speranze non sembrano in rialzo, nessun fallimento. La trattativa continua e non sembra legata solo alla consegna di Bin, Laden. «Non abbiamo parlato chiaramente di Bin Laden, solo di altri aspetti del soggetto», dichiara il mullah Abdhul Hai Mutmain, il portavoce dei Taleban. La delegazione pakistana è guidata dal generale Mehmood Ahmed, il capo del servizio segreto militare (Isi). L'ufficiale era a Washington 1' 11 settembre, e subito si era messo a disposizione delle autoritàamericane. Al generale, magari accompagnato da qualche documento dell'intelligence Usa, il compito di dimostrare la validità della richiesta di estradizione. I portavoce dei Taleban però su questo sfumano, vogliono lasciar intendere che di Bin Laden neppure sia stato pronunciato il nome. A far capire che invece ne hanno parlato è il portavoce del presidente pakistano, Rashid Qureshi: «L'Afghanistan dovrebbe riflettere sulle preoccupazioni della comunità intemazionale dopo quanto accaduto con gli attentati di New York». Al centro del tavolo rimane quel nome, Bin Laden. La richiesta è quella, non altra. Sono andati a Kandahar per ottenere Bin Laden. «Non c'è mai stato un ultimatum - dice Abdul Sattar, il ministro degli Esteri di Islamabad - però il tempo sta passando e si va esaurendo» Se la risposta del Mullah Omar sarà negativa, ha aggiunto, allora «potrebbero esserci delle novità all'interno del regime afghano». Frase sibillina che subito viene messa in collegamento con le indiscrezioni che registrano una certa agitazione tra gli 82 comandanti militari agli ordini del Mullah Omar. Fossero vere, allora il regime non sarebbe così solido come si mostra. Gli uomini dell'Alleanza del Nord, orfani del Comandante Massud, si sono già dichiarati pronti all'assalto, a disposizione come forza di terra per un qualsiasi intervento che abbia come obiettivo la cacciata dei Taleban. Controllano solo il 507o del territorio afghano, sono 20 mila e sono tutti veterani con una gran voglia di vendicare il loro comandante assassinato. Il Mullah Omar oggi raduna i suoi ulema, «i più esperti e saggi» Taleban, a Kabul. Saranno almeno 700, forse mille. li riunisce per una decisione («secondo i dettami della legge islamica») che non ha potuto prendere ieri. O sarà la rottura oppure un'altra mossa per guadagnare tempo. Rottura vorrebbe dire prepararsi al martirio e al sacrificio. Prendere tempo avrebbe l'obiettivo di tentare di indebolire le certezze pakistane e le decisioni del generale Parvez Musharraf, il Presidente, che può temere forti reazioni nel Paese. Le manifestazioni di questi giorni davanti alle moschee sono ancora poche, in un paese di 140 milioni di abitanti 500 persone fanno solo propaganda. Al Mullah Omar non resta che sperare e organizzare, ma in tempi brevi, grandi manifestazioni di protesta in tutto il Pakistan. Solo così potrebbe mettere in difficoltà il generale Musharraf. I partiti islamici da ieri si sono messi in agitazione. A Labore si sono riuniti i rappresentanti di 30 organizzazioni e hanno deciso per lo sciopero generale contro l'appoggio pakistano agli Stati Uniti, la disponibilità delle basi militari e dell'intelligence. Hanno costituito il «Consiglio per la difesa dell'Afghanistan e del Pakistan» e il loro primo passo è una nota che si conclude così: «Ogni attacco all'Afghanistan è un attacco al Pakistan. E potrebbe provocare una guerra civile». Lo sciopero, e anche i partiti islamici prendono tempo, dovrebbe cominciare da venerdì. Dovesse riuscire sarebbe un bel fastidio per Musharraf. Come i malumori dei militari, che hanno fatto sapere di non volere in Pakistan, nel caso di un possibile attacco a Kabul, nessun rappresentante di India o Israele, paesi nemici. Anche Musharraf, insomma, sarebbe meno solido di quel che appare. Sia Kabul sia Islamabad fanno sapere che entro questa sera la missione dovrebbe mettere la parola fine alla trattativa. Il portavoce afghano mostra ottimismo: «Sono colloqui positivi al 600zto. E' quel 40lft che manca a preoccupare Islamabad, la consegna di Bin Laden. Così, anche ieri notte, l'aeroporto di Isla¬ mabad si è improvvisamente chiuso per due ore. E' atterrato un volo dagli Stati Uniti, a bordo militari edesperti dell'intelligence, almeno cin-quanta, tutti vestiti in borghese,Senza aspettare la risposta del Mul-lab Omar e dei suoi saggi ulema ipiani militari di attacco vanno avan-ti. Come ha detto Bush, «vogliamoBin Laden vivo o morto». Se Kabulnon lo consegna andranno a prender-lo con l'aiuto dei pakistani. Ma se èvero che Bin Laden dispone di rifugiprofondi 47 metri e con un'autono-mia di sei mesi, non si può immagina-re né come né quando. Profughi afghani a Karachi in Pakistan bruciano la bandiera americana per protesta contro l'annunciato attacco, In alto, poster di Bin Laden in vendita in una libreria