Quando i marines arriveranno al Khyber Pass di Giulietto Chiesa

Quando i marines arriveranno al Khyber Pass LA SPEDIZIONE PUNITIVA^ :anainafghanist/ 1HÈ COSA SI TROVERÀ DI FRÓNTE Quando i marines arriveranno al Khyber Pass retroscena Giulietto Chiesa COSÌ, 22 anni dopo l'inizio dell'avventura sovietica in Afghanistan, tocca ora all'America cimentarsi con la «prova Kabul», e forse ripetere l'errore. Ma tant'è: l'ira del gigante - si dice, si scrive - non può essere fermata, anche se il proverbio dice che l'ira è cattiva consigliera, anche se a provarla è un gigante. E non c'è nessuno, salvo Putin, che suggerisca prudenza, che inviti l'America a non fare passi falsi nella ricerca dei terroristi e dei colpevoli. Non c'è nemmeno qualcuno che spieghi a Bush che punire con la morte chi ha già deciso di morire non ha alcun senso e che il problema non è solo quello di punire, ma quello di impedire che costoro riproducano morte. Come avverrà l'offensiva sull'Afghanistan non lo si sa ancora. Ma stavolta, diversamente dall'invasione sovietica, non è detto che sia condannata alla sconfitta. S'intravede che Donald Rumsfeld e i capi del Pentagono hanno lasciato aperte tutte e ipotesi e tutte le varianti, in modo da poter cambiare rotta quando e come lo decideranno. Già le truppe americane si muovono sugli scacchieri cruciali: da Guam a Diego Garcia, dalle basi in Arabia Saudita a quella di Aviano. Il mandato è larghissimo: gli obiettivi possono essere «nazioni», «organizzazioni», «persone» che hanno «pianifica¬ to, autorizzato, commesso o aiutato», o anche «ospitato», persone coinvolte con l'attentato terroristico dell' 11 settembre. Gh aeroporti militari pakistani sono di fatto sotto sequestro già da due giomi. Islamabad è stata seccamente posta di fronte a un ultimatum segreto: o accettare, o pagare conseguenze durissime. Ha ceduto. Tutto questo significa che è apertissima l'opzione, dell'invasione vera e propria. È una mossa che costerà molte vite umane, ma l'America delle ventimila bare ha già messo da parte le paure jugoslave del «morto americano». Sanno che non c'è operazione chirurgica che tenga, e bisognerà andare sul terreno. Un terreno infido come quello del Vietnam. Osama bin Laden è sotto lo scrutinio millimetrico dei satelhti. Ma solo sapendo dov'è le teste di cuoio, o la 82a divisione aviotrasportata, potranno scendere sul terreno e ammazzarlo. E non si potrà fallire, questa volta, perché l'America ferita non potrebbe sopportare un altro smacco, un'altra delusione. La vendetta deve compiersi di fronte al mondo, sanguinosa quanto più è possibile, definitiva come tutti si aspettano. Dunque si scenderà lungo quelle vaUi con la possanza di Apocalypse Now, ehcotteri come mosche, bombardamenti preventivi a tappeto, terra bruciata. E non potrà essere soltanto Osama bin Laden l'obiettivo, perché è ormai chiaro che i taleban hanno deciso di combat- tere. Bisognerà cercare di catturare, meglio se uccidere, anche il maulvi Muhammad Omar, che a Kabul non va mai, che nessuno ha niai fotografato e che si trova - finché vi si troverà - a Kandahar. Il che significa che il corpo di spedizione armata in Afghanistan dovrà muoversi almeno su due direttrici: Peshawar-Kyber Pass-JalalabadKabul, da un lato, e dall'altro Bolan-Kandahar, più a Sud e a Est. I russi non parteciperanno: a loro non sfugge questo straordinario rovesciamento dei destini storici. Furono sconfitti da coloro che adesso cercano la propria vendetta. Non sono più nemici, ma non hanno perduto la memoria, né il proprio desiderio di rivalsa. E comunque non vogliono farsi trascinare non si sa dove. Quindi la strada dal Nord, dal territorio del Tagikistan, fino alle zone fino a ieri controllate dal defunto comandante Ahmad Shah Massud, non sarà praticabile. E non è nemmeno detto che queUe zone siano ancora santuario degh oppositori dei taleban, perché la morte di Massud è stata un colpo durissimo messo a segno dai taleban con l'aiuto dei servizi segreti pakistani, e adesso non c'è un altro condottiero dell'opposizione all'altezza della crisi. Certo, presi per la collottola, i servizi segreti di Islamabad dovranno collaborare, fornire informazioni, piste, mettere al lavoro i propri agenti in tenitorio afghano, riconvertirli all'improvviso da supporto dei tale- ban in organizzatori della caccia ai capi taleban. Questo è un compito difficile - che richiederà qualche tempo ma realizzabile. In ogni caso ogni parallelo con l'avventura sovietica finisce qui. Il corpo di spedizione sovietico aveva contro la potenza economica dell'America, che agiva tramite il Pakistan. I mujaheddin non avrebbero potuto fare molto contro un esercito, come quello sovietico, ancora potente e discretamente bene organizzato, dotato della superiorità dell'aviazione. Fu l'America a finanziarli, oi^ganizzarh, armarh. Osa¬ ma bin Laden, lo sappiamo, era uno di loro. C'era ima frontiera afghana che i sovietici mai riuscirono a neutralizzare, quella con il Pakistan. Tutto passava da h, anche gh Stinger. I soldati americani entreranno invece in Afghanistan contro un nemico che non ha alleati nelle vicinanze. Anzi, perduto il Pakistan, non ha più alleati del tutto. L'altra frontiera, quella con l'Iran, è per i taleban altrettanto nemica. I taleban, senza Pakistan non esistono. Non avranno armi, né munizioni, né intelligence. La loro aviazione consiste in qualche vecchio Mig-19 sovietico e parecchi ehcotteri, sovietici anche quelli, conquistati a Massud-Rabbani al momento della presa del potere, nel 1996. Saranno bombardati e circondati. Quanto potranno reggere? Senza l'afflusso di rinforzi da Peshawar non potranno resistere a lungo. L'Afghanistan dei taleban sarà debellato in qualche settimana e un nuovo govemo sarà messo in piedi a Kabul. Un govemo, questa volta, deciso a Washington e non a Islamabad. E questa sarà la vittoria, quella sicuramente ottenibile, più facilmente della catturauccisione di Osama bin Laden. Ma ci si può scommettere: sarà una vittoria di diffìcile gestione. Dopo la quale sarà saggio che gli americani se ne vadano al più presto, per evitare di fare la fine dei sovietici. Perché si può vincere una guerra di questo tipo, ma non si può «tenere» un territorio di quel tipo. Anche perché non sarà facile decidere la sorte delle 230 tonnellate annue di oppio che si producono nell'Afghanistan dei taleban e che rendono una decina di mibardi di dollari l'anno ai protettori pakistani del traffico. E sono tanti soldi, quanto basta per finanziare un esercito per mesi, per anni. Ma c'è un'altra ragione per farci concludere, fin da ora, che questa sarà una vittoria tremendamente pericolosa. L'invasione in Afghanistan non potrà avvenire senza altre vittime civili, senza ulteriori demolizioni di un paese già demohto. In tutto il mondo arabo, milioni di uomini e donne vedranno un gigante che schiaccia ima pulce. E gh odi si incendieranno come mai era avvenuto prima. E non si può escludere dal conto che, mentre i marines portano a compimento la loro opera, quella terribile macchina che ha prodotto l'I! settembre, si rimetta in moto all'improvviso, subdola e mortifera, in un'altra capitale dell'Occidente. Quella macchina, dovrebbe essere evidente a chiunque, non si trova né a Kabul, né in Afghanistan. Una volta abbandonato dal Pakistan il regime dei taleban non potrà reggere a un attacco per più di qualche settimana. Più difficile per l'Us Army sarà il controllo del territorio Miliziani taleban con un lanciarazzi multiplo a Nord di Kabul