Bush: questa guerra non sarà breve di Maurizio Molinari

Bush: questa guerra non sarà breve Bush: questa guerra non sarà breve Agli ambasciatori dei Paesi arabi: o con noi o contro di noi Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK La guerra dell'America al terrorismo è alle porte, il cerchio miUtare si stringe attorno all'Afghanistan rifugio di Osama bin Laden ed il presidente George Bush si aspetta dal suo popolo «coraggio, decisione e forza» mentre il Dipartimento di Stato convoca i rappresentanti dei Paesi arabi chiedendogli di rompere gli indugi e di schierarsi apertamente a favore o contro la campagna militare che sarà condotta dagli alleati per un lungo periodo. Bush ha riunito ieri a Camp David il Consiglio perla Sicurezza Nazionale per iniziare a valutare le opzioni di guerra che vengono di ora in ora aggiomate dal Pentagono. Le uniche indiscrezioni sulla riunione a porte chiuse sono rimbalzate da Londra, dove in ambienti govemativi si ritiene che i primi attacchi Contro le basi teiroriste nell'Afghanistan dei Tale'bàii póssàhò'ìniziàre ilpròssimo fine settimana. '' ; Terminato il Consiglio per la Sjcurézza"Nàzìóiìe',"Bùsh"5i"è'ttvolto ai propri concittadini. «Siamo in guerra e questo conflitto non sarà Ijreve, sarà diverso contro uh neniico,pifferente da quelli che abbiamo'avuto lérché - ha detto indossato il (pubjotto da aviatore marrone con l'insegna di comandante in capo delle forze armate - non c'è un campo di battaglia ed il nemico crede di essere invisibile ed imprendibile». La grande coalizione Il «principale sospetto» per l'attacco dell'11 settembre contro New York e Washington è «Osama bin Laden» e Bush sembra quasi rivolgersi a lui quando dice, muovendo l'indice della mano sinistra: «Se pensano di farla franca si stanno sbagliando, li snideremo dai loro nascondigli, li metteremo in fuga e li porteremo davanti alla giustizia, scopriranno ciò che in passato altri hanno avuto modo di comprendere, chi dichiara guerra agh Stati Uniti sceglie la propria distruzione». Ai militari dice: «Stiate pronti». Ed ai concittadini spiega: «Stiamo pianificando un ampio e intenso sforzo per sradicare il terrorismo ed andremo fino in fondo». Quello che il Pentagono progetta e la Casa Bianca approverà non sarà un semplice bhtz ma una campagna in grande stile da parte di una coalizione intemazionale, guidata dagli Usa, tesa a snidare e distruggere le organizzazioni terroriste ed a punire chiunque le finanzia e le protegge. Ma non sarà facile né indolore ed i tempi saranno lunghi. Bush lo ammette alla sua maniera, con la franchezza che piace agh americani: «Non ci accontenteremo di un atto simbolico, la nostra risposta sarà estesa, continuata ed efficace». Da qui l'appello agh americani: «Siamo pronti a questa guerra, dovrete dimostrare pazienza perché il conflitto non sarà breve, decisione perché non sarà facile e forzai perché la strada verso la vittoria sarà lunga». Bush parla agli americani ma le sue parole riguardano i cittadini di tutti quei Paesi amici ed alleati degli Stati Uniti che hanno già assicurato che parteciperanno alla campagna militare. Le uniche indicazioni sui piani anti-terrorismo del Pentagono trapelano dalle mosse del Dipartimento di Stato, impegnato a isolare politicamente e geograficamente l'Afghanistan dei Taleban. Al termine di quattro giomi di pressioni sul Pakistan il Segretario di Stato, Colin Powell, ha ottenuto gli assensi che cercava: il govemo^u Islamabad sarebbe disposto a chiudere i confini con l'Afghanistan e a consentire lo spazio aereo alle forze alleate nel suo territorio. «Abbiamo messo il govemo del Pakistan di fronte ad una lista di richieste specifiche - ha detto Powell a Camp David - e le risposte sono state incoraggianti ed apprezzabili». Poche ore dopo l'assenso del Pakistan anche l'Iran ha fatto sapere che chiuderà i confini con l'Afghanistan, pur lamentando il rischio di un'ondata di profughi. Il terzo confine afghano è quello con la Russia e Vladimir Putin è stato il primo ad aderire, precisando però di non voler riportare i militari di Mosca in quel Paese. Il cerchio inizia così a chiudersi attorno a Osama bin Laden, che risponde spostandosi in continuazione fra una grotta sotterranea e l'altra. Nel mirino dell'America non c'è solo l'organizzazione del supermiliardario di origine saudita ma anche «chi protegge, aiuta e sovvenziona» il terrorismo. Da qui il formale passo diplomatico compiuto dal Dipartimento di Stato. William Bums, assistente del Segretario di Stato per il Medio Oriente, ha incontrato tutti i capi missione arabi accreditati negli Stati Uniti. «E' arrivato il momento di scegliere da che parte stare - ha detto Bums ai diplomatici arabi - dovete decidere se far parte o meno della coalizione intemazionale che combatterà il terrorismo a nome di tutte le nostre civiltà». Chi non dovesse accettare andrebbe incontro a pesanti sanzioni politiche ed economiche nonché al rischio di essere identificato come uno «Stato terrorista». Affinchè non vi fosse alcun dubbio sulle richieste americane Bums ha letto ai rappresentanti arabi - fra i quali era presente anche quello dell'Autorità nazionale palestinese di Yasser Arafat - una lista di «azioni concrete» da compiere a cominciare dall'arresto e la caccia a qualsiasi cellula terroristica. All'incontro è stato invitato l'ambasciatore della Siria - Paese incluso nella lista ufficiale Usa dei sostenitori del terrorismo - con un gesto teso ad offrire a Damasco la possibilità di recuperare il rapporto con Washington. La «legittima difesa» I sospetti sulla Siria riguardano anche l'attacco dell'11 settembre: ieri sono stati arrestati in un aeroporto Usa tre arabi in possesso di undicimila dollari con biglietto di sola andata per Damasco. L'unico ad avanzare obiezioni alle richieste di Burs è stato l'ambasciatore egiziano a Washington, Nabli Fahmy, che ha invitato l'Amministrazione Bush a «perseguire i responsabili senza mirare a più ampi scopi geopolitici proprio come avvenne nel 1991 quando l'obiettivo fu solo la liberazione del Kuwait dall'invasione irachena». L'Egitto teme che la guerra Usa al terrorismo produca un terremoto politico nel mondo arabo ma Washington in questo momento non ha tempo né desiderio di perdersi in distinguo diplomatici: il conto alla rovescia per «l'azione legittima di difesa», come la definisce il Pentagono, è già iniziato. Lo confermano i preparativi militari in corso: dopo il richiamo di 50 mila riservisti, l'aviazione ha fatto atterrare giganteschi aerei cisterna nelle basi di Moron in Spagna già usata durante la guerra in Kosovo per rifornire i cacciabombardieri di lungo raggio - e in quella di Diego Garcia nell'Oceano indiano dove è arrivato un numero imprecisato di bombardieri B-52, dotati di missili emise. L'82esima divisione aerotrasportata di Fort Bragg e la lOlesima di Fort Campbell sono pronte a partire in qualsiasi momento verso il Medio Oriente, dove si trovano due squadre di portaerei della Quinta Flotta in navigazione ed oltre trecento aerei da guerra nelle basi in Arabia Saudita, Kuwait e Turchia. Ha riunito a Camp David il Consiglio per la sicurezza nazionale In giubbotto da aviatore con le insegne di Comandante in capo ha parlato ai concittadini «Il nemico crede di essere invisibile e imprendibile ma lo snideremo E capirà che chi colpisce gli Stati Uniti sceglie la propria distruzione» Commosso incontrò alla Casa Bianca tra il presidente Bush e un gruppo di famigliari delle vittime degli attentati di martedì