Palazzeschi, la vita incendiaria di un saltimbanco di Bruno Quaranta
Palazzeschi, la vita incendiaria di un saltimbanco A CESENATICO-CASA MORETTI UNA MOSTRA RIPERCORRE LE ETÀ' DELLO SCRITTORE FIORENTINO Palazzeschi, la vita incendiaria di un saltimbanco LA MOSTRA Bruno Quaranta EH, Palazzeschi...Tra cavalli bianchi, uomini di fumo, sorelle Materassi, dogi...Una vita da saltimbanco («Chi sono? Il saltimbanco dell'anima mia»), una lunga quasi novant'anni - opera buffa. Come divisa: «E lasciatemi divertire», urgenza da non travisare: «Non ne posso più di questa storia! In ogni modo non si confonda il divertimento con l'umorismo. Io ho questa qualità propria dei toscani, così capita che qualcuno prenda per scherzi cose che, magari, sono addirittura tragiche». ' Non a caso si è voluto intitolare «Scherzi di gioventù e d'altre età» l'eccelsa mostra palazzeschiana in corso a Cesenatico, Casa Moretti (fino al 16 settembre, a cura di Simone Magherini e Gloria Manghetti, catalogo Fogliai Polistampa, pp. 301, L. 80.000, prefazione di Gino TeUini). Palazzeschi-Moretti, una Itmga amicizia, fra la fiorentina Reale Scuola di Recitazione in via Laura e Parigi, la Parigi degli artisti di Montpamasse, dei «cabarets di lusso», dei monumenti che aspettano il lapis capace di sottrarli a un destino-cartolina («La campana di Nótre Dame./ L'ora di Nótre Dame. Z Eppure lassù, io lo so, ci dev'essere il turchino, f san fine e ti potrei forare, Z cappellaccio assassino!»). Moretti a cui Palazzeschi (al secolo Aldo Gìurlani) annuncia nel 1925: «Darò fuori un paio di ghiribizzi, fuori {li moda», i ghiribizzi cari ad un altro fiorentino «a sé», il marchese Ridolfi («Io sono solito dire scherzando anche le cose serie: che può essere un modo di far diventare cose serie, o quasi, anche gli scherzi»). Scherzi d'ogni età, dunque, stagioni toccate, qua e là, dalla saggezza, ma soprattutto abitate, incendiate, abbracciate dalla foiba. Fuochi sempre rigogliosi, nonostante l'avvicendarsi delle mode, le «rivoluzioni» delle avanguardie, protagoniste di un sapido filo diretto fra Palazzeschi e Sanguineti (l'irridente l'irrisione che è nella celia Palazzeschi: «Aspirazione dell'artista è quella di rivelare se stesso, la propria personalità, 6 allorquando vi riesce sarà novatore senz'altro, giacché il suo spirito, come la sua faccia, non sono uguali a quelli di nessuno {...). Possiamo chiamarlo avan¬ guardista per questo?»). Di fotografia in cartolina, di lettera in quadro (i De Pisis - in numero di dodici -, il carissimo marchesino pittore conosciuto nel 1925 lungo la Senna, Hotel Bonaparte), la mostra-album discende per li rami dell'Università di Firenze-Facoltà di Lettere, erede universale di Palazzeschi («L'anima a Dio, il corpo alla terra, la roba a chi va»). Di città in città, Palazzeschi: la natia Firenze, il trasloco a Roma - in via dei Redentoristi 9 - che dispiacque a Ottone Rosai («Non so sottostare all'idea di non vederti più sdrucciolare lungo i muri fiorentini nell'ore più impreviste della notte e del giorno»), i soggiorni veneziani, i ritratti in costume da gondohere, il Festival del Cinema (in veste di giurato), piazza San Marco («D'avorio e di corallo era il Palazzo Ducale irradiato dal sole...»). Scherzi, ghiribizzi, cavatine di un alunno maiuscolo del Diletto, un amore, tra gli altri, «la finestra, tutte le finestre», e i fiori, e i francobolli, e la salvifica filosofia: «Da cosa nasce cosa, f Fatto per cui f una volta messi al mondo f bisogna far qualcosa, 7 e ogni cosa è uguale in fondo. /' Ma chi nessuna cosa fa /' nessuna cosa avrà: Z Ahaaaaaaaaaa!».
Luoghi citati: Casa Moretti, Cesenatico, Firenze, Parigi, Roma
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