Aznar: d vuole la terapia d'urto

Aznar: d vuole la terapia d'urto IL PREMIER SPAGNOLO SARA' IL PRO$SIMO PRESIDENTE DI TURNO DELL'UNIONE Aznar: d vuole la terapia d'urto «Servono azioni choc: meno Stato nei servizi avoro più flessibile, mercato libero dell'energia integrazione dei sistemi scolastici e di trasporto» colloquio Flavia Podestà dal nostro inviato a CERNOBBIO NIENTE attacchi al patto di stabilità, e invece rilancio delle riforme concordate a Lisbona per ridare slancio all'Europa e consentirle di diventare traino dell'economia mondiale». José Maria Aznar toma, dopo due anni, sulle rive del lago di Como la workshop Ambrosetti - e come la prima la volta fa il pieno di consensi nella business community che affolla Villa d'Este e lo sommerge di applausi. Aznar si immedesima nel ruolo di prossimo presidente di turno dell'Unione europea (il testinone passerà alla Spagna a gennaio) per cui detta i cinque punti della agenda: riforma del mercato del lavoro per accrescere il contenuto di flessibilità; completa liberalizzazione del mercato dell'energia e del gas; integrazione in rete dei sistemi di trasporto europei e sviluppo delle linee su ferro oltre che creazione del cielo unico europeo; omogeneizzazione dei mercati finanziari; armonizzazione dei sistemi di Educazione per rispettare l'obiettivo del pieno impiego. Un'agenda che riflette in pieno il suo credo politico: «Credo in imo Stato forte, che esercita appieno le sue funzioni, ma delega al privato di erogare beni e servizi ai cittadini», conferma a Villa d'Este, pronto a trasferire in Europa gli stessi principi. Aznar lo fa con l'autorità che gli viene dall'aver portato il suo I Paese al successo. «La Spagna i sottolinea con comprensibile soddisfazione - ha conosciuto una lunga fase di espansione robusta, crescendo nell'ultimo quinquennio oltre un punto in più della media di Eurolandia». E poi il reddito economico prò capite è aumentato più che in altri Paesi; si sono creati 2,5 milioni di posti di lavoro; gli investimenti spagnoli esteri rappresentano il ICfó del Pil, così che Madrid è il sesto maggiore investitore mondiale. E con il peso economico è aumentato anche quello politico in Europa e le responsabilità spagnole sulle scacchiere mondiale: Madrid è in prima fila, con il Fondo monetario, per esempio, nel sostegno finanziario a Brasile e Ai^entina. L'anatomia del successo di Aznar conferma la bontà della ricetta del leader madrileno, fatta di privatizzazioni e liberalizzazioni, di flessibilità del lavoro e consenso sociale: realizzati con estrema attenzione alla quadratura dei conti pubblici. Lo stesso rigore al quale Aznar - ha spiegato in conferenza stampa - richiama oggi l'Europa. Perché tanta enfasi sul patto di stabilità, nonostante le debolezze dell'economia? «Perché non c'è sviluppo senza stabilità economica. Sono tre anni che beneficiamo della stabilità offertaci dall'Euro: e a ciò ha dato un contributo fondamentale il patto di stabilità. Voglio dirlo chiaramente: il rigore finanziario e la stabilità economica sono imprescindibili per lo sviluppo dell'Europa. Abbiamo già sperimentato abbastanza gli effetti negativi dei deficit e dei debiti pubblici per pensare di voler tornare al passato. Ne va del resto della credibilità complessiva del¬ l'Unione. Per questo, anzi, la Spagna è soddisfatta di aver raggiunto quest'anno l'equilibrio di bilancio: azzerando il deficit». A fronte di una politica di bilancio ingessata per i governi europei non toccherebbe alla Bce operare con maggiore decisione per da- re fiato allo sviluppo? «Come leader politico non ho titolo per commentare le decisioni della Banca centrale europea. Ciò che mi preme ricordare mvece è che le chiavi dello sviluppo non sono nelle mani dell'autorità monetaria che ha l'esclusivo compito di tenere a bada l'inflazione, ma dei governi europei: non aprendo il borsellino della spesa pubblica, ma con le riforme che favoriscono crescita ed occupazione. L'Europa soffre oggi di inerzia, sembra imbrigliata dai corporativismi: per scuoterla non c'è che da ridare enfasi al percorso messo a punto nel vertice di Lisbona del marzo 2000, attuando le riforme economiche di modernizzazione rimaste finora sulla carta». Mentre si appresta ad assumere la presidenza dell'Unione europea, che vuole rilanciare sullo scacchiere economico globale, come si pone di fronte al movimento anti-globalizzazione? «Ritengo che ognuno possa coltivare le idee che meglio crede. Voglio però far osservare che quella attuale non è la prima rivoluzione che vive il mondo e le opposizioni al cambiamento verificatisi a più riprese in passato sono svanite con il tempo. Dobbiamo invece dire che negli ultimi cinquant'anni il mondo ha progredito come mai in passato. Opporsi alla globalizzazione - reclamando il ripristino dei vecchi protezionismi che bloccavano gli investimenti esteri significa solo condannare i Paesi poveri ad essere sempre più poveri. Più apertura dei mercati si realizza e più rapidamente i più deboli potranno uscire dalla povertà e dal sottosviluppo». Qual à allora il mezzo per aver ragione delle ansie che angustiano i più deboli? «La via maestra è quella di rafforzare le istituzioni intemazionali - Ocse, Organismo per il lavoro. Fondo monetario - perché garantiscano la multilateralità e una trasparenza sempre maggiore. Si debbono poi aumentare i programmi di formazione nei Paesi del Terzo mondo e infine c'è da impegnarsi in una lotta senza quartiere contro il lavoro minorile, i paradisi fiscali, il commercio defie armi, il riciclaggio di denaro sporco: tutte politiche a vantaggio dei Paesi poveri ed esclusi, per includerli». Veniamo all'Italia. Le banche spagnole hanno incontrato ostacoli nel crescere in Italia. Si attende che la Banca d'Italia, che ha decretato l'altolà ad alcune operazioni, muti opinione? «Più che aspettarmelo, lo auspico: indubbiamente mi piacerebbe. Credo che tra Italia e Spagna esistano grandi opportunità, che ci sia una comune visione su molti aspetti di rilevanza politica nazionale ed europea: mi auguro che si possa collaborare bene». E' vero che lascerà la polìtica? «Niente affatto. Non mi ricandiderò alle elezioni per la guida del governo: ma non ho mai detto che lascerò la politica». «Lo sviluppo economico è nelle mani dei governi non della Bce che deve tenerea bada l'inflazione ma i Quindici non riescono a battere i corporativismi. Con l'Italia mi attendo rapporti sempre più stretti» li presidente spagnolo José Maria Aznar,,. dòpo due anni è tornato al workshop Ambrosetti di Cemobbio

Persone citate: Ambrosetti, Aznar, Flavia Podestà, José Maria Aznar