«O facciamo in fretta o non sI fa nulla» di Augusto Minzolini

«O facciamo in fretta o non sI fa nulla» IL MINISTRO DELLA DIFESA E' CRITICO VERSO LA LINEA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIÒ SU PENSIONI E RIFORME ECONOMICHE «O facciamo in fretta o non sI fa nulla» Martino diventa «falco»: no alla strategia delle colombe retroscena Augusto Minzolini inviato a CERNOBBIO PER scoprire le due anime che coesistono nel governo Berlusconi bisogna seguire Antonio Martino, economista insigne prestato al ministero della Difesa, fin nella sua stanza all'Hotel Villa d'Este che ospita l'annuale incontro del gotha economico italiano e intemazionale. Vale la pena fare quelle due rampe di scale perché il personaggio è di quelli che non lanno i peli sulla lingua, cioè non è uno che si fa intimorire dai richiami al silenzio contenuti nelle circolari di Palazzo Chigi. «Il governo va bene spiega - ma la situazione non è buona. L'economia europea non tira e quella americana è più o meno nelle stesse condizioni. Mi hanno detto che Berlusconi è cauto sui tempi delle riforme economiche, su le pensioni e via dicendo. Ma sbaglia, così non si farà niente...». Un altro passo verso la stanza che lo ospita e il ministro della Difesa diventa ancora più esplicito: «O queste cose si fanno subito - sillaba -, o non si fanno più. Per essere chiari: si dà la mazzata subito eppoi si danno agli italiani quattro anni di tempo per dimenticare o per vedere gli effetti benefici prima del voto. L'errore dei gradualisti è che si concede agli avversari del rinnovamento il tempo di organizzarsi e di impedirlo. Se non ho paura del sindacato? E cosa può fare: intanto sono divisi eppoi al massimo possono scendere in piazza e la finiscono lì. Possono fare né più né meno quello che abbiamo fatto noi a piazza San Giovanni qualche anno fa». Il ragionamento di Martino non fa una piega e ha il merito di mettere in chiaro due dati: primo che all'interno del governo, come al solito, ci sono falchi e colombe; secondo che il premier è più con le seconde che non con i primi. Anche qui a Cemobbio, infatti, riecheggia il «verbo» berlusconiano di Bari: «Dobbiamo avere più il passo del maratoneta che non quello dello scattista», il che tradotto significa prudenza sulle pensioni e sulla libertà di licenziamento. Ma «i tempi» quando si parla di interventi così impopolari, non sono una variabile indipendente. Certe cose, infatti, - basta leggere un qualsiasi manuale di politica si fanno lontano dal voto, cioè all'inizio di legislatura, o non si fanno più per non perdere appeal presso gli elettori. Per cui o le nforme vanno in cantiere ora che mancano tre anni alle prossime elezioni (le europee del 2004), o se ne riparlerà alla prossima legislatura. Ecco perché il vero dibattito nel governo non è se fare questi interventi ora o più tardi, ma se farli o non farli. Se questa è la scelta reale gli unici ad avere una posizione limpida nel governo sono i liberisti come Martino e Marzano, o chi, invece, come Bossi di questi argomenti non vuole neppure sentire parlare. Lo stesso Fini, infatti, nel suo elenco delle cose da fare si è dimenticato di mettere i tempi, e i tempi in queste materie sono tutto. In un certo senso è più definita la posizione di Berlusconi che, francamente, ne farebbe volentieri a meno di questi interventi. Lo ha capito anche il più duro dei suoi oppositori. Franco Bertinotti, anche lui ospite a Cemobbio. «Berlusconi - confida il leader di Rifondazione - non vuole intervenire su pensioni e licenziamenti. Ma la parte del suo governo che è attenta ai richiami intemazionali e la grande impresa sono lanciati». Strattonato da una parte e dall'altra, il premier per ora preferisce tergiversare, aspettare, verificare se la congiuntura economica migliorerà o meno. Non a caso Berlusconi è più attento al piano delle grandi opere che non a quésti temi: Sulla stessa linea si muove il ministro deirEconomÌ3, Tremonti, che si è attestato su una posizione molto prudente. II motivo è semplice: il presidente del Consiglio non vuole dare al sindacato l'occasione per promuovere una campagna d'autunno contro il governo. Né, tantomeno, vuole offrire a Cgil, Cisl e Uil una piattaforma che cancelli le differenze che si sono manifestate finora nel rapporto tra le tre confederazioni e il governo. Insomma, il premier è attento a non imprimere accelerazioni, ad evitare qualunque problema che renda brusca l'iniziativa di governo del centrodestra. Sarà la prudenza di Gianni Letta, oppure i diversi punti di vista che convivono nella coalizione, o ancora il timore di una nuova opposizione di piazza di cui ha già fatto le spese nella sua prima esperienza a Palazzo Chigi nel '94, ma Berlusconi almeno in questo autunno vuole evitare ogni braccio di ferro. Un approccio «soft» come quello che sta caratterizzando il ricambio della classe dirigente nello Stato e nelle grandi aziende pubbhche. Tutto si svolge senza fretta, rispettando le scadenze. «Io - spiegava ieri a Cemobbio Chicco Testa, diessino alla presidenza dell'Enel, reduce da un incontro con Berlusconi alla Fiera del Levante - lascerò a scadenza naturale, cioè ad aprile. Vedrò poi che fare. Non credo di tornare alla politica. Dicono che sono simpatico a Berlusconi? Forse ci capiamo perché siamo lombardi, perché lui è brianzolo e io sono bergamasco. In fondo è simpatico: oggi allo stand dell'Enel alla fiera del Levante io e Tato gli abbiamo regalato un elmetto da lavoratore. Dato che era braccato da una folla di fotografi gli ho consigliato di non metterlo, ma lui mi ha risposto: "Non resisto alla tentazione"». «Se temo il sindacato? E che cosa potrebbe fare anche noi portammo la gente in piazza...» «L'errore dei gradualisti è concedere agli avversari il tempo di organizzarsi e di impedire il rinnovamento» Il ministro della Difesa Antonio Martino

Luoghi citati: Bari, Cernobbio, Este