REALISMI

REALISMI REALISMI Dieci anni di arte e ideologia LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Marco Rosei N questi tempi : strani (eufemismo) di controrii forma culturale può anche capitare che il meeting dì «Comunione e Liberazione» ospiti una vasta mostra interdisciplinare sui Realismi 1943-1953 che, per quanto riguarda le arti figurative, adotta con rigore filologico la «vulgata» d'epoca della linea Togliatti-Guttuso: Corrente-«Fronte Nuovo»-«Realismo», a fianco del neorealismo letterario e cinematografico. Certo, Ermanno Paccagnini, nel bel saggio nel catalogo Electa sulla letteratura, esordisce citando una frase dal risvolto di copertina che Vittorioni scrisse perii Dio di Roserio di Testori del 1954: «Le vie del realismo, nell'arte, sono sempre state infinite, e. ritornano ad esserlo». E Luciano Caramel, in quello sull'arte, offre ampio e preciso spazio alle roventi polemiche - Vittorini ancora in prima LA MDESETTMarc fila - sulla Commissione Culturale del P.C.I. Ma tant'è, le opere scelte sono quelle e non altre, la linea settentrionale da Corrente al «Realismo» milanese-emilianoveneto, con Guttuso a presidiare Roma, è ampiamente egemone, anche attraverso l'intelligente saccheggio della Galleria del Premio Suzzara a Suzzare. Certo la ragione ne risiede anche nei rigidi termini cronologici. Assai meno controversa e, per così dire, più adulta è la questione del realismo letterario, i cui documenti si aprono emblematicamente conlMaiavoglia e con Conversazione in Sicilia di Vittorini senza dimenticare l'articolo di Alleata e De Sanctis su Cinema del 1941 «Verità e poesia. Verga e il cinema italiano» che fu ul primo spunto per La terra trema di Visconti. Tale STRA LA MANA Rosei questione serra anche il quadro figurativo entro i termini degli anni '30-40, con tutto il fascino e la curiosità delle lettere scambiate fra Bompiani, Cecchi e Alesssandro Pavolini a proposito di Americana di Vittorini e dei dattiloscitti fitti di correzioni a mano de li sergente della neve di Rigoni Stem dagli Archivi Einaudi. E anche con la sfilata dei ritratti dipinti da Levi di Montale e Calvino, Tobino e Jovine, Noventa e Gadda, di cui è esposta la prima versione di Querpasticciaccio di via Merulana su Letteratura del 1946. Ancora più restrittivi sono i termini temporali proposti dai manifesti e foto di scena del neorealismo cinematografico, anch'esso visto nei termini «Classici» da Quattro passi fra le nuvole ài Blasetti e Ossessione di Visconti a Umberto D. di De Sica del 1952. E anche qui è ossequiente alla linea di cui sopra l'esclusione di Cronaca di un amore di Antonioni, 1950, e dello Sceicco bianco di Fellini, 1952, che avrebbero incrinato la compattezza dell'ortodossia realista,riscattata però dalla sconvolgente, erinnèa Anna Magnani di Guttuso, 1961. Nel quadro proposto in questi termini, potente e drammatico nelle sue asprezze e talora sgangheratezze pittoriche, che d'altronde innervano questa drammaticità della cui vocazione di comunicazione civile si è persa oggi ogni traccia e memoria, dominano Guttuso fra lo Studio per la Crocifissione già di Argan, con in primo piano il nudo di Hitler a cavallo,e l'inferno dantesco e michelangiolesco della ZoZfara, forse la sua opera pittoricamente più valida assieme alla Vucciria, e il Morlotti delle Don¬ ne di Varsavia. Ad essi si affiancano con più ricche cadenze pittoriche la Finestra a Montmartre ài Birolli e il sontuoso Nudo nella cattedrale ài Cassinari. In questa situazione milanese, sono felici scoperte i legni «romanici» ma anche espressionistici, tanto da far pensare al filone da Gauguin alla «Brucke», di Milani, di Paganin, di Chighine, di Tavernari. Sul parallelo versante veneto - Pizzinato e l'esordiente Zigaina - il discorso si fa più complicato. Il neocubismo con forte valenza cromatica del primo, poi sciolto nel realismo gridato di Tutti i popoli vogliono lapace, e soprattutto la potenza «nera» e livida del secondo, una sorta di neocubismo tintorettesco, non si spiegano se non confrontandoli con il Vedova della Liberazione e dell' immediato dopoguerra, ovviamente non presente per la canonica distinzione fra realismo e tendenze astrattive. Altro punto discutibile è la presentazione delle proposte romane di realtà, solo riscattata dalle ceramiche di quello straordinario e ancora sottovalutato artista che fu Leoncillo e dalla proposta terminale di Titina Maselli, altrettanto straordinaria anticipatrice pop negli anni '50. È felice, soprattutto dal punto di vista della qualità pittorica, l'inclusione di Fausto Pirandello, realista «ante litteram» nel suo perfetto parallelismo con il primo Moravia, e del tutto logica e valida quella di Ziveri. Ma il ridurre il discorso di fondo alle sole e pur fondamentali Periferìe ài Vespignani con esclusione del dimenticato Marcello Muccini ha il risultato di dare minimo rilievo all'alternativa «esistenziale» che offrì linfa alla nuova pagina milanese alla metà degli anni '50, esclusa dal blocco cronologico ma imprescindibile per il compiuto discorso realista meno ideologizzato. A RIMIMI UNA GRANDE RETROSPETTIVA RIPERCORRE GLI INTRECCI TRA ARTI VISIVE, CINEMA E LETTERATURA IN UNA STAGIONE CHE HA SEGNATO LA CULTURA ITALIANA DEL DOPOGUERRA Realismi Rimini, Palazzi dell'Arengo e del Podestà Orario: martedì - domenica 9-19 Fino al 6 gennaio «La zolfara» di Renato Guttuso (particolare) è una delle opere più significative del «realismo»

Luoghi citati: Rimini, Roma, Sicilia, Stra, Suzzara, Varsavia