Cina, la più grande migrazione della storia di Francesco Sisci
Cina, la più grande migrazione della storia Cina, la più grande migrazione della storia Le città aperte ai contadini reportage Francesco Sisci PECHINO ERA tutto luci, palazzi altissimi, enormi, come montagne, strade immense, piene di automobili di tutti i colori in corsa, strade più difficili da attraversare (fi un fiume in piena. Gente vestita come gli occidentali, donne che non sapevo se erano cinesi o straniere, ristoranti aperti a tutte le ore, con piatti di tutti i posti, supermarket più grandi del mio villaggio con dentro le cose più strane, la metà delle quali non sapevo nemmeno a che servivano, e luci, luci, dappertutto, per tutta la notte». Chen Min si sposta indietro il casco giallo che porta con orgoglio in testa, simbolo del suo nuovo status di operaio, e non riesce a fermarsi. Racconta le sue prime impressioni di Pechino quando era appena arrivato dal suo paese nella Drovincia meridionale del.'Anhui dove era «solo» un contadino. Oggi fa il muratore, lavora con uno zio di suo cognato, che è qui, a Pechino, da più di dieci anni e ha tre figli che vanno ad asili e scuole semiclandestine per emigranti. Semiclandestine perché Chen, lo zio e quelli della loro squadra hanno permessi precari di soggiorno in città, e alcuni non ne hanno proprio, così non potrebbero portare in città le famiglie e possono essere ricacciati in paese in ogni momento. O meglio: potevano essere ricacciati: perché dal 1" ottobre saranno autorizzati a chiedere il permesso per trasferire la loro residenza permanentemente in città. È il via ufficiale a quello che nella realtà è già in corso, la più grande ondata migratoria della storia dell'umanità. Le autorità si attendono che 600 milioni di contadini si trasferiscano dalle campagne alle città nei prossimi 25 anni, seguendo i circa 200 milioni che più o meno legalmente sono già emigrati negli ultimi 12 anni. Nel 2025, quando la popolazione cinese si aggirerà intorno al miliardo e mezzo di persone, grazie a questa migrazione i rapporti città-campagna dovrebbero essere rovesciati rispetto ad oggi, il 70 per cento circa della gente dovrebbe essere urbanizzata e il resto vivere ancora in aree rurali. Governare quell'onda enorme di uomini può essere la più grande sfida del governo. Un tale spostamento di energie vitali può fare o distruggere la Cina del futuro. Le intenzioni del governo centrali sono allora di cercare di dividere la fiumana di emigranti in mille rìvoli che possano addensarsi in tante città, anziché concentrarsi in poche metropoli. Così il permesso di trasferimento del 10 ottobre riguarderà principalmente città medie e piccole, cioè quelle fino a circa quattro, cinque milioni di abitanti (più di Roma, per intendersi). Chi vorrà trasferirsi nelle ambite megalopoli intorno e oltre i dieci milioni di abitanti come Pechino (13 milioni) o Shanghai (16 milioni) o Chongqing (25 milioni) o Wuhan (10 milioni) dovrà soddisfare parametri più rìgidi. Già oggi queste città «importano» laureati e personale tecnico qualificato, o coloro che fanno investimenti commerciali. Sarà invece favorita la migrazione in città come Ningbo, Dalian o Shenzhen - due, tre milioni di abitanti - che dovrebbero raddoppiare la loro popolazione nel giro di una generazione. La decisione di dare questa luce verde arriva dopo molti tentennamenti. Dopo anni di vani tentativi di far crescere la produttività e la domanda nelle campagne il governo ha infatti capito che l'unica strada era fare come tutti gli altri Paesi del mondo. Non si poteva portare l'industria in campagna, occorreva invece trasferire i contadini in città e trasformarli in cittadini con consumi in crescita e nuovi bisogni e quindi dare nuova energia alla crescita della nazione. Il conto economico toma certamente, meno certo è il conto sociale. Il triplo salto mortale che questi contadini stanno compiendo non è solo dalle campagne alle città. È spesso dal feudalesimo a un'epoca quando tutto il mondo è a portata di pochi che di computer; da un tempo in cui la terra si ara con il mulo e la luce elettrica è conquista recente, a un altro in cui la televisione ha più canali di quanti ne possiamo mai vedere; dal tempo scandito con le dinastie imperiali a quello in cui invece si contano le grandi riunioni politiche di Pechino e le elezioni americane. I rìschi sono enormi. Di sicuro il via ufficiale dovrebbe tagliare l'erba sotto i piedi delle bande criminali che sempre più gestiscono l'emigrazione in città, proteggendo i lavoratori dalle retate della polizia che rimandava gli emigrati a casa e imponendo taglieggiamenti sui nuovi venuti. Prima che tali misure comincino a funzionare, però, ci vorranno anni. Nel frattempo potrà crescere un'altra conseguenza del¬ l'emigrazione: lo scontro sociale fra cittadini vecchi e nuovi emigrati, accusati già oggi della crescente criminalità metropolitana. Inoltre potrebbero crescere gli scontri sociali in città, ora sotto controllo anche per il peso relativamente minore delle città rispetto alle campagne. ^ ir In altre parole, tra vent'anni Chen Min potrà non accontentarsi di essere, oome oggi, un cittadino di serie B. Oggi lui racconta di essere felice come una pasqua perché, dice, i cittadini non sanno il vero valore delle cose, e per un lavoro che a casa non valeva cento yuan qui ne chiede mille. Ma la feheità di Chen Min nasce dal fatto che mantiene un tenore di vita da campagna in città, se però con la sua vita in città i suoi bisogni cambierarmo, e i suoi costi aumenteranno, riuscirà la sua retribuzione a stargli dietro? E poi, nonostante i controlli auspicati, certo anche le megalopoli cresceranno, e allora tra vent'anni quante saranno le città cinesi di oltre 20 milioni di abitanti? E come potrà" il governo mantenere unito un Paese con decine di città grandi quanto e molto più di Roma? Chen Min oggi sospira, è contento. Vuole che suo figlio nasca in città, studi all'università. Così, promette, appena nato lo porterà in quello che per lui per tanto tempo è stato il centro del mondo e solo un sogno lontano, piazza Tiananmen: il piccolo deve sapere subito di essere un cittadino e mai più un contadino. Dalf ottobre il via ufficiale a quello che nella realtà è già in corso. Nei prossimi 25 anni almeno 600 milioni di persone potranno inurbarsi Può tornare il conto economico ma non quello sociale: prevedibili rivalità fra cittadini vecchi e nuovi, ma soprattutto criminalità Contadini cinesi. Per loro è in arrivo, con l'«apertura» delle città, una delle più colossali rivoluzioni sociali
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