Milosevic oggi in aula Il Tribunale dell'Aja scarcera la sua nemica di Pierangelo Sapegno

Milosevic oggi in aula Il Tribunale dell'Aja scarcera la sua nemica Milosevic oggi in aula Il Tribunale dell'Aja scarcera la sua nemica I suoi consulenti legali: si difenderà da solo, ha un mucchio di cose da dire In libertà per quattro mesi l'ex presidente serbo-bosniaca Biljana Plavsic Pierangelo Sapegno inviato all'AJA Slobo ritoma questa mattina nell'aula del Tribunale di piazza Churchill, dì nuovo con il suo abito migliore e la cravatta da tifoso della Serbia, bello in ordine, come quando riceveva gli altri capi Stato del mondo, neanche un capello fuori posto. E di nuovo senza avvocato, «perché questo luogo è falso e illegittimo». Slobodan Milosevic ritoma di fronte a Carla Del Ponte, con il suo bel faldone di accuse da posare sul banco, davanti a Richard May, il presidente della Corte che l'altra volta gli tolse la parola dicendo che «questo non è il posto adatto per fare comizi». Solo che questa mattina, giura uno dei suoi consulenti, l'avvocato Tomanovic, «anche noi abbiamo delle carte e Milosevic ha un mucchio di cose da dire» Quah? «Attaccherà il Tribunale e la Nato», dice. Le carte sono quelle esibite una settimana fa da Nico Steijnen e gli altri legali, all'udienza per invalidare questo processo e liberare l'ex presidente serbo. L'attacco è sempre lo stesso, quello che porterà questa mattina in aula Slobo: «Il Tpi è solo un tribunale repressivo voluto dall'Onu. Non è valido. Un tribunale intemazionale può essere creato solo da un trattato intemazionale. Lo Stato olandese è corresponsabile del sequestro di Milosevic». Speranze poche. Lo sanno anche loro. «Sarà lunga», dice Steijnen. E oggi comunque, alla vigilia dell'udienza, altri segnali arrivano, e dì segno opposto. Mentre quattro ragazzi esibiscono quattro cartelli davanti al tribunale e alle telecamere tv per chiedere all'Aja di processare anche il presidente nazionalista della Bielorussia, Lukashenko, arriva la notizia che invece se ne va dal carcere dì Scheveningen l'ex leader serbo-bosniaca Biljana Plavsic, che ora era diventata un nemico dì Milosevic. Libertà provvisoria: in attesa del processo (gennaio 2002) può tornarsene a casa. Quando venne a trovarlo in carcere il giurista italiano Aldo Bernardini, Slobodan gli disse: «Io qui dentro sto bene a parlo con tutti gli altri detenuti. Tutti meno tre, per motivi di ordine processuale, come mi è stato spiegato». Da oggi, tutti meno due. Biljana Plavsic, 71 anni, unica donna detenuta a Schevenin¬ gen, si era consegnata al Tribunale penale intemazionale il 10 gennaio del 2001, e, come aveva detto Carla Del Ponte, «si era dimostrata disposta a collaborare». In pratica, il primo pentito dì questo processo a una Storia e a una guerra. Biljana è accusata per genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità, e per le sue responsabilità nel conflitto in Bosnia. L' 11 luglio, esattamente tredici giorni dopo l'anivo di Milosevic a Scheveningen, aveva presentato in fretta e furia «regolare richiesta di libertà provvisoria», accompagnata da tutta una serie di garanzie fomite dal governo serbo e dalla Republika Srpska (l'entità serba della Bosnia). Carla Del Ponte non ha mai sollevato obiezioni alla sua istanza. Oggi si è concluso l'iter, e prima che Slobo tomi in aula, lei toma a casa. Un giomo ancora prima, invece, la Reuter aveva informato il mondo che erano stati appena «esumati circa 340 corpi da una fossa comune a Batajnica», quindici chilometri Nord-Ovest da Belgrado: dovrebbero essere i resti dei corpi di albanesi kosovari uccisi nel '99, durante il conflitto. E' una conferma pesante alle accuse più dure, secondo le quah sotto il governo di Milosevic le vittime sarebbero state portate segretamente in Serbia. Per tutto questo, e non solo per questo, quando Milosevic tornerà in aula stamattina non starà messo megho del 3 luglio, quando si presentò per la prima volta davanti a Richard May, e dopo 11 minuti se ne uscì guardandosi provocatoriamente l'orologio: «Abbiamo fatto in fretta». Sempre ieri, da Belgrado, il primo ministro serbo Zoran Djindjic, in un'intervista al quotidiano svizzero Neue Zuercher, ha dichiarato che intende «continuare a cooperare con il Tribunale penale intemazionale dell'Aja». Ormai, l'ex leader serbo pare sempre più emarginato, indifendìbile. Og- gì, Carla Del Ponte potrebbe tentare di imporgli l'avvocato d'ufficio. Non lo accetterà. Slobodan Milosevic, detenuto numero 39 di Scheveningen, alla fine del suo percorso è come un funambolo, un artista dell'improvvisazione che svela tutta la sua tecnica pohtica. Slobo cerca di spiazzare gh avversari, come faceva un tempo, quando aveva il potere. Oggi ha una stanza, un letto, una tv e una grata. Pochi giomi fa ha chiamato lui dalla sua cella la Fox News, Rita Cosby, negli Usa, sbalordendo tutti. Jim Laudale, il portavoce della Corte dell'Aja, è rimasto imbarazzato: «Nessun detenuto è autorizzato a parlare con i mezzi di informazione». Ma Slobo aveva già attaccato: «Sono stato venduto per soldi da Zoran Djindjic e 0 suo regime marionetta. Credevo che la tratta delle persone appartenesse al passato remoto». E s'era anche difeso, scegliendo un posto e un microfono lontano mille chilometri dall'Aja: «Io non ho mai ordinato alle mie truppe di uccidere i civili. Ho dato solo ordine di elimi¬ nare i gruppi di terroristi». E poi aveva aggiunto che c'erano disposizioni perché quelli che avessero commesso questo tipo di crimine «fossero arrestati e puniti». Oggi, però, non sarà cosi. Nessuno glielo permetterà. Anche se Tomanovic non sta nella pelle: «E' in grande forma. Pieno di grinta. Vedrete che roba...» «Attaccherà ancora la Corte, che non è valida perché può essere creata solo da un trattato internazionale e lo Stato olandese, corresponsabile dei suo sequestro» Sopra, Biljana Plavsic, l'ex presidente serbo-bosniaca che è stata ieri rimessa in libertà dal Tribunale dell'Aja; a sinistra, Slobodan Milosevic durante la prima udienza nel carcere di Scheveningen dopo II contestato trasferimento