Com'è nervosa VENEZIA

Com'è nervosa VENEZIA APRE OGGI CON GIUSEPPE BERTOLUCCI E MILCHO MANCHEVSKI LA CINQUANTOTTESIMA MOSTRA DEL CINEMA Com'è nervosa VENEZIA esposzoneBatus, cado soffocante, mare piatto. Nel Nordest tropicale c'è un'invasione di farfalle, Ostrinia nubilalis. Mercenari macedoni assassini novecenteschi e amori italiani inquieti contemporanei, «Dust» di Milcho Manchevski, «L'amore probabilmente» di Giuseppe Bertolucci, inaugurano stasera la 58a Mostra del cinema. Si sa che per la prima (e magari per l'ultima) volta, a quasi settant'anni il festival si sdoppia in due concorsi, in due Leoni d'oro (più un terzo Leone destinato a pn debuttante). Il programma e serio e bello, anche severo: niente capolavori, pare, ma alta qualità. Le star, come sempre, non mancheranno. Gli annunci di film-scandalo, film-sesso, film-evento, film chiacchiera, si ripetono puntuali. La giuria presieduta da Nanni Moretti è impeccabile. Il cinema italiano è presente in modo persino invadente: e due documentari d'eccezione, di Laura Betti e di Luca Ronchi, evocano personaggi amati-dannati come Pier Paolo Pasolini e Mario Schifano. I registi esordienti, promessa di futuro, sono quasi venti. I quasi 150 film presentati si vedranno, comunque è difficile che diano delusioni Manoel De Oliveira, Eric Rohmer, Steven Spielberg, Ken Loach, Werner Herzog, John Garpenter o Woody Alien, ex malato di promofobia ora guarito e convertito a fare pubblicità al suo «La maledizione dello scorpione di giada». Ma il punto è un altro: la politica, o meglio quella forma di politica degradata, di sottopolitica, che si occupa di poteri e di incarichi, di «uomini nostri» da sistemare ovunque possibile, di governo come occupazione di spazi e territori. Il governo di centrodestra uscito dalle ultime elezioni porterà anche a Venezia forti cambiamenti, e i palazzi della Mostra ronzano di pettegolezzi: come mai il ministro Giuliano Urbani, che voleva assistere all'inaugurazione, si è repentinamente eclissato ripromettendosi invece di essere alla cerimonia di chiusura alla quale andranno il presidente della Repubblica Ciampi e il presidente del Senato Pera? Sarà un ripensamento, un caso, un atto ostile? E perchè contemporaneamente hanno messo in dubbio la propria partecipazione alla serata inaugurale i centrodestristi Nicola Bono, Vittorio Sgarbi, Stefania Prestigiacomo, persino il mondano principe Giovannelli che va sempre dappertutto? Sarà vero che molti considerano la Mostra un'istituzione decotta da lasciar perdere e la pensano come l'ex ministro socialista De Michelis quando sentenziava: «Una soluzione per la Mostra: affogarla in Laguna»? Se il Consiglio d'ammini¬ strazione e il presidente della Biennale scadono nel marzo 2002 (o nel maggio, usufruendo dei classici quarantacinque giorni di proroga) verranno confermati o cambiati? Se verranno cambiati cambierà anche il direttore Alberto Barbera il cui contratto è più duraturo, oppure verrà confermato per il prossimo anno, o magari verrà trasformato da direttore in curatore? E, prima o poi, chi andrà al suo posto? Chi sarà il nuovo direttore? Pupi Avati? Un manager Mediaset come Roberto Pace? Gian Luigi Rondi che è già stato due volte direttore della Mostra, una volta presidente della Biennale, e che dice «sarebbe ridicolo»? E tutto avverrà precipitosamente, oppure alle regolari scadenze, come si pensa che accadrà alla Rai? Anche nel governo di centrodestra ci sono falchi e colombe, c'è chi strepita e chi tace, chi vorrebbe prendere possesso di tutto subi- to e chi, più cauto, tenta di evitare o smussare i conflitti. Sono discorsi tediosi, odiosi. Fanno rimpiangere che da noi la direzione delle istituzioni, soprattutto delle istituzioni culturali, sia più o meno di nomina governativa anziché essere affidata ad alti funzionari dello Stato (come sucede a Cannes, dove un direttore del festival può utilmente restare in carica per oltre vent'anni nell'alternarsi al governo di varie formazioni politiche). Sono discorsi avvilenti all'inizio di una Mostra, e non toccano la sostanza: ossia il fatto che un cinema di destra non esiste, non c'è in tutta Europa, che neppure negli Stati Uniti si possono trovare figure simili al vecchio John Wayne, a John Milius o al primo Glint Eastwood. E' una realtà che il comando delle strutture organizzative non può cambiare, almeno non alla svelta, e che rimane l'essenziale. Un programma serio, bello, anche severo niente capolavori, ma alta qualità non mancheranno star, scandali e sesso Due documentari evocano i «dannati» Pasolini e Schifano; intanto imperversano le voci sulle manovre del centrodestra al Festival «Dust» del regista macedone Milcho Manchevski, con Joseph Fiennes e David Wenham, fuori concorso, a Venezia 58 apre questa sera il Festival Qui accanto Nanni Moretti presidente dellagiuria di Venezia 58 In alto a destra una immagine di «L'amore probabilmente» di Giuseppe Bertolucci in concorso a Cinema del Presente e in programma questa sera APRE OGG

Luoghi citati: Cannes, Europa, Stati Uniti, Venezia