Accordo sulle armi: oggi il via alla consegna di Giuseppe Zaccaria

Accordo sulle armi: oggi il via alla consegna Accordo sulle armi: oggi il via alla consegna Macedonia, i pezzi da raccogliere saranno trecento più del previsto Giuseppe Zaccaria inviato a SKOPJE Tra bombe e morti ammazzati, balletti di cifre e trattative da ragionieri, dichiarazioni di speranza e realistiche attese del peggio, finalmente si comincia. L'operazione «Essential Harvest» prende il via questa mattina. Le armi da raccogliere saranno trecento più del previsto: diciamo, poco più di mezzo mitra per ogni uomo della Nato schierato nel Paese. «Una cifra ridicola ed offensiva per tutta la Macedonia», ripete a muso duro il primo ministro Geoi^gievski. L'intera macchina dell'Alleanza ha rischiato di incepparsi già su quest'ultima, comica trattativa: generali e plenipotenziari, addetti stampa ed «attacchées» diplomatici hanno trascorso un giorno ed una notte in incontri e contatti peB convincere le autorità macedoni ad accettare il piccolo aggiustamento. Eppure il primo ministro insiste: «I nostri carri armati non devono ritirarsi dalle posizioni, come richiesto dalla Nato. Lo faranno solo quando i terroristi avranno rispettato fino in fondo gli accordi ed avranno rilasciato gli ostaggi che ancora trattengono». Si sta trattando anche sulle vite: ieri per esempio è stata annunciata la liberazione di otto macedoni che la Croce Rossa Intemazionale aveva potuto visitare. Ma è la cifra di tremila e trecento armi (invece di tremila) a creare le maggiori perplessità. Nel tardo pomeriggio è il capo della missione, il generale Gunnar Lange ad annunciare l'accordo. Gli albanesi accettano di consegnare alla Nato perfino due carri armati, però si tratta di due ferri vecchi sottratti nei mesi scorsi all'esercito macedohe. Nonostante la soddisfazione, il generale non riesce ad assumere toni trionfalistici: «Abbiamo convinto le autorità macedoni ad accettare queste cifre - dice - però la Nato non è in grado di verificarle». In sostanza, non si capisce se con questa «consegna volontaria» (ammesso che vada in porto) r« Uck» ovvero Armata Nazionale Albanese accetterà un sostanziale disarmo o si sarà disfatto solo di una parte trascurabile del proprio arsenale. Certo, scorrere l'elenco predisposto dalla Nato fa impressione. Oltre ai due carri, gli albanesi si dicono pronti a restituire due blindati leggeri (sempre sottratti all'Armata macedone), 6 lanciamissili, 130 fra mortai ed armi pesanti, 210 mitra e ben 2852 «armi assortite». Si vedrà fra breve quanto l'assortimento potrà soddisfare gli ufficiali dell'Alleanza e soprattutto i politici macedoni. Più importante forse è sapere che la guerriglia si dice pronta a consegnare anche 600 fra mine e granate, 1100 proiettili da mortaio e circa undicimila pallottole. Un vero arsenale che purtroppo a giudizio del primo ministro Georgievski e del suo intero governo costituisce solo la minima parte di quanto resta nascosto fra le montagne. Sul versante kosovaro l'altra parte del contingente Nato, che porta la sigla di «Kfor», manifesta, un certo attivismo. Ieri altri 25 guerriglieri sono stati arrestati mentre cercavano di passare dalle montagne macedoni a quelle kosovare. In tre giorni 78 albane¬ si sono stati bloccati, a dimostrazione del fatto che quella scoscesa frontiera montana può essere controllata, se davvero lo si vuole. Sotto un altro punto di vista, peraltro, la divisione tra fazioni e gruppi della guerriglia sembra farsi ogni giorno più evidente. Mentre proseguono trattative e dichiarazioni di pace, gli attentati si susseguono al ritmo di imo al giorno. Dopo la chiesa ortodossa di Lesok e l'officina di Tetovo, ieri è toccato ad un albergo gestito da macedoni a metà strada fra un villaggio slavo ed uno albanese. Il «Motel Brioni», coi muri anneriti ed il tetto crollato, ieri mattina si stagliava sulle colline come il sinistro annuncio di un prossimo futuro macedone. Sorgeva fra i boschi nella zona di Tetovo, a metà strada fra i villaggi di Brvenice e Calopek. Doveva essere un posto per slavi, con una costruzione centrale, un bar, una decina di «bungalows» e quel genere di lavoranti ucraine che qui va per la maggiore. L'hanno fatto saltare alle sei del mattino. Questo posto non doveva avere ottimi frequentatori: doveva essere arredato con un certo gusto, rappresentava in qualche modo quella truce «modernità» che nei Balcani avanza fino a quando il primitivismo riaffiora. Era protetto da due «gorilla» i cui corpi adesso giacciono sotto le macerie. I giornali si apprestano a descrivere quest'attentato dinamitardo come ennesimo atto del terrorismo albanese. Forse è soltanto una questione di «racket». Però l'odierna situazione macedone contiene tutto, può esprimere di tutto, come sempre avviene quando un processo di dissoluzione s'avvia. E una bomba è esplosa in serata alla periferia della capitale macedone. L'ordigno, che era stato collocato in un cestino della spazzatura, non ha causato feriti. La detonazione però è stata sentita chiaramente in tutta la capitale e ha mandato in frantumi i vetri delle finestre di un centro commerciale. Ad ogni modo, oggi si comincia. Il contingente italiano è ancora alla metà degli effettivi, la sua iniziale partecipazione alla «raccolta» sarà soprattutto simbolica e legata alla formazione di squadre miste. Ma questo ritardo nell'arrivo delle attrezzature logistiche potrebbe risolversi anche in un vantaggio, se si considerano portata ed effetti di questa operazione. Il premier di Skopje insiste: «Si tratta di una cifra ridicola e offensiva I nostri carri armati per ora non si ritirano dalle loro posizioni» II contingente italiano ha raggiunto la metà degli effettivi previsti Un gruppo di bambini macedoni (foto a sinistra) mentre giocano sulla Land-Roverdiun reparto britannico. A destra, un fante della brigata «Sassari» in attesa di entrare oggi in azione

Persone citate: Brioni, Georgievski, Gunnar Lange, Land

Luoghi citati: Macedonia, Sassari, Skopje