«Urlava "aiuto", la porta non si apriva»

«Urlava "aiuto", la porta non si apriva» «Urlava "aiuto", la porta non si apriva» I racconto di un inquilino: ho visto morire tra le fiamme quella donna intervista ROMA ADRIANO Giobanu ha una ventina d'anni, il volto glabro, una maglietta color marrone, jeans, cellulare alla cintola. Trema quando parla. Non sa, non si è ancora reso conto, di essere un eroe. Adriano ha cercato di salvare Monica Nastasi con tutte le sue forze, ha combattuto contro il fuoco, lui nel corridoio dove si espandeva il fumo e lei al di là di una porta che lo implorava di salvarla. Adriano non ce l'ha fatta. E ora si sente in colpa nel raccontare, in un italiano incerto, come ha visto morire due persone. Adriano, tu dov'eri quando s'è sentita l'esplosione? «Ero nel mio appartamento al quarto piano. Poco lontano dal fuoco. Tutti gridavano e correvano via. Sono uscito sul corridoio. Volevo correre pure io. Però ho sentito che c'era una ragazza italiana che urlava. Tutti scappavano. Però in due ci siamo fermati, io e Michele (e indica con la mano il suo amico, un altro giovanotto rumeno, che sta seduto sul marciapiede il mento appoggiato al pugno della mano). G'era anche un altro, un ragazzo filippino. Lo conosco di vista. Ma non so il suo nome». Racconta che cosa è successo. «Lei gridava. "Aiutatemi! Aiutatemi!". Io non sapevo bene che cosa fare. Abbiamo cercato di abbattere la porta. Ma era chiusa a chiave. Era il portoncino di un appartamento vuoto. Non affittato. La ragazza non era uscita dalla porta sul corridoio, ma era entrata nella casa vicina dal muro. Cioè, passando da una stanza all'altra perché il muro era caduto». E il fuoco? «Si vedeva che veniva avanti. G'è un vetro su queste porte, lo l'ho rotto con il gomito. Gli ho dato una botta. E ho guardato dentro. C'era lei che mi chiedeva di farla uscire. Ma come? Abbiamo cominciato a prendere a calci la porta. Niente. Allora il ragazzo filippino è andato giù a chiedere le chiavi. Intanto io continuavo a picchiare sulla porta. Ma è di ferro. Non si è aperta». Estintori? «Non lo so. Io non li ho visti». A questo punto che cosa è successo? «I miei amici rumeni intanto andavano via. La moglie del mio amico aspetta un bambino, vedi, ha la pancia grossa (e indica una giovane signora incinta, che si lamenta di avere perso tutto nell'incidente). Sono rimasto io solo ancora un poco. Continuavo a dare calci alla porta. Io volevo aprire. Lei gridava di farla uscire. Sentivo anche l'uomo che urlava. L'ho visto dal vetro che s'era tutto stretto contro la finestra e gridava verso quelli che stavano per strada. Ma non poteva uscire perché c'era l'inferriata. A un certo punto il fumo è diventato troppo. Il fuoco si sentiva. Il ragazzo filippino non è più risalito. Mi ha detto che le chiavi non gliele hanno date, non le trovavano, c'era casino. E io mi sono dovuto allontanare». La ragazza, Monica, era ancora viva? «Non lo so. Guarda, mi viene da piangere. E' stata una cosa terribile. Lei urlava: "Non mi lascia' qua! Aiuto!". Ma io non ce l'ho fatta a stare. Sono scappato anche io. E poi lei è morta». Adriano, che fai in Italia? «Mi arrangio. Faccio lavori di manovale». Il permesso di soggiorno ce l'hai? oIn regola». Ifra. gri.l «Abbiamo cercato le chiavi, non si trovavano c'era troppo fumo Allora ho tirato calci e pugni ma non c'è stato niente da fare» Gli inquilini del residence rimasti senza casa dopo lo scoppio

Persone citate: Faccio, Monica Nastasi

Luoghi citati: Italia, Roma