Il premier macedone gela la missione «Non credo al disarmo» di Giuseppe Zaccaria

Il premier macedone gela la missione «Non credo al disarmo» Il premier macedone gela la missione «Non credo al disarmo» Gli italiani da domani in per natura ma esistono azione. Il colonnello Centonze: sono ottimista rischi, penso alle mine e alle voci fuori del coro Giuseppe Zaccaria inviato a SK0PJE «Mission impossible», sentenzia oggi in copertina «Aktuel», il più serio periodico di Skopje. Alla frontiera col Presevo, la valle più meridionale della Serbia, un serpentone di auto lungo tre chilometri ricorda in prospettiva rovesciata i tempi della guerra. Allora i kosovari cercavano di rifugiarsi in Macedonia, mentre adesso i macedoni vanno via. Oui non solo non si dà credito al disarmo, ma ci si prepara al peggio. Eppure la Nato, i suoi contingenti, i nostri soldati devono credere a questa prospettiva, a meno di non svuotare subito la cosa di significato. E ci crede il colonnello Mariano Centonze, comandante del nostro contingente che da ieri sera, con l'arrivo di altri 280 uomini, è schierato per quasi la metà. All'dtaly Camp» di Petrovec il battaglione logistico che da due anni fornisce assistenza alle truppe schierate in Kosovo accoglie la nuova avanguardia, organizza nuove cucine, s'attrezza per aumentare il numero dei panini sfornati ogni giomo. Erano milleduecento, devono arrivare a seimila. La logistica, diciamolo/ zoppica un po', le spedizioni di materiale hanno subito ritardi, per lunedì si attende da Salonicco l'arrivo di mezzi ed attrezzature trasportati da due navi. «Io sono ottimista per natura», dice il colonnello Centonze. «Dovremmo entrare in azione la prossima settimana, anche se ancora non ci è stato comunicato come e dove. J rischi ci sono, certo. Penso alle mine, per esempio, ma anche alle voci fuori dal coro, da una parte e dell'altra...». Sul piano concreto, fino al momento in cui non sarà completato il dispiegamento del contingente i nostri soldati resteranno in attesa, tranne forse per partecipare simbolicamente alle prime operazioni di «raccolta». Quanto alle «voci fuori dal coro», la cornice di questa operazione comincia a farsi preoccupante: se non altro perchè il primo a stonare è il premier di Macedonia. «Non credo affatto al successo di questa operazione», dice alla radio di Stato Ljubco Georgievski, primo ministro in carica. In momenti come questo, se non altro per questioni di etichetta si usa esprimere speranza, formulare voti. Qui invece le cose si esprimono subito nella loro crudezza. «La quantità delle armi da consegnare è semplicemente ridicola dice Georgievski - ho dovuto firmare l'accordo con albanesi e Nato in quanto esponente di partito, non certo per convinzione personale». Tremila schioppi? «Stiamo ancora trattando con le autorità macedoni», ammette un po' imbarazzato il portavoce della missione Nato, Barry Johnson. Dall'altra parte, il «comandante Sokoly» fa sapere da Kumanovo che la guerriglia albanese già da domani è pronta a disfarsi di mille pezzi di ferro, con questo rispettando le condizioni di un accordo mai così fumoso. Subito dopo il Parlamento macedone dovrebbe approvare le concessioni previste nel «Trattato di Ohrid», ma è assolutamente scontato che nazionalisti e non protesteranno per la capziosità delle procedure. Insomma, è già chiaro che questo «raccolto essenziale» lascerà insoddisfatti entrambi gli schieramenti, e se sul piano politico questa nuova crisi balcanica s'accosta sempre più alla pantomima, su quello effettuale le cose promettono di peggiorare con grande rapidità. Ma se si vuol capire perchè, è meglio rifarsi all'opinione di un esperto. Il generale Todor Atanasovsky è stato comandante dell'Armata Macedone subito dopo il dissolvimento della vechia Jugoslavia. Oggi è in pensione, la sua è certamente l'opinione di uno slavo ma anche quella di un tecnico che guarda alle cose con occhio disincantato. Vale la pena di ascoltarla, se non altro per un aspetto: «Vogliono sequestrare tremila armi da fuoco? E' ridicolo», commenta il generale. «Secondo le cife ufficiali in Macedonia sono registrate 60 mila armi, fra cui 12 mila fucili di precisione. E se ci si attiene a stime serie, in questo Paese sono nascoste quasi 500 mila armi da fuoco». Mezzo milione di armi, dice? «Guardi, sulla Macedonia e sui Balcani nell'ultimo decennio si sono rovesciate forniture che provenivano da ogni parte. L'ex milizia jugoslava, l'Est europeo, i vecchi arsenali d'Albania, la stessa Nato. Come tecnico, immagino di capire come mai la Nato sia così sicura delle cifre: pensa di recuperare armi fomite tre anni fa air«Uck». Intanto però l'aUck» ha cambiato pelle due o tre volte, ed oggi anche nome. E' «Armata Nazionale Albanese», pronta a cedere in un luogo ed a combattere altrove, a mostrarsi pacifica in una fazione ed irriducibile in un'altra». Quindi lei non crede alla possiljilità di un disarmo volontario? «Due anni fa in Kosovo con grande clamore si decise im disarmo forzato, e nulla è accaduto. Perché adesso le cose dovrebbero cambiare? Quello volontario è contraddittorio per sua stessa natura. In tutto il mondo la moderna storia militare offre solo un esempio di questo genere: in Grecia, nel '44, l'Elas accettò un parziale e volontario disarmo dopo il rientro del re. Ne seguirono due anni di guerra civile. Il nostro problema è capire la vera natura di questa guerra, poiché di guerra si tratta, ma non di scontro etnico. Quanto alle armi, sarà meglio chiarire una volta per tutte che 3000 Kalashinkov sono poco più di un graffietto sulla dura cotenna di queìVundergound balcanico che ha messo assieme arsenali sterminati». Il primo ministro Ljubco Georgievski alla radio nazionale «Ho dovuto firmare l'accordo con albanesi e Nato in quanto esponente di partito, non certo per una mia convinzione personale» L'ex capo di Stato Maggiore di Skopje «Vogliono sequestrare tremila armi da fuoco? E'ridicolo. Se si guarda alle stime più serie in questo Paese ce ne sono nascoste 500 mila» Un fante della Sassari appena sbarcato a Skopje. A sinistra, un guerrigliero dell'Uck

Persone citate: Barry Johnson, Centonze, Georgievski, Ljubco Georgievski, Mariano Centonze, Todor Atanasovsky