Nasce il turismo politicamente corretto

Nasce il turismo politicamente corretto Nasce il turismo politicamente corretto Un bollino per premiare i viaggi che non offendono il terzo mondo Gianpaolo Marro ROMA L'idea, semplice e geniale, è tutta in tre lettore: TDF, Tourism For Development. Un armatore egiziano Mustafa El Gendy e una prolessionista della comunicazione, Arielle Renoul', hanno convinto i professionisti del turismo a versare una parte dei loro guadagni in progetti di cooperazione: costruire pompe per l'acqua, accantonare cibi contro la carestia o rimboschire zone desertiche in cambio del diritto di fregiarsi di quel DOC del turismo etico. Dimentichiamoci le vacanze mordi e fuggi, i villaggi ali-inclusive lontano dalla vita del paese che ci ospita, le ferie fotocopia delle nostre ■ibit.udini di vita (a partire dal cibo e dalle comodità). Decidere di fare un viaggio del turismo responsabile è innnanzitutto mettersi a tavolino, scegliere il posto che si vuol visitare e iniziare a conoscere quella realtà prima di partire. Questi tipi di vacanze non muovono assolutamente grandi masse: i gruppi sono sempre ristretti, gente particolarmente motivata a entrare in contatto con chi vive nel paese che si visita. «La nostra filosofia è scoprire la realtà locale dall'interno - spiega Vittorio Carta, titolare della Planet team viaggi di Verona, agenzia specializzata che vende il turismo tradizionale, ma si sta sempre più orientando verso questa nuova frontiera -. Proponiamo America latina e Africa ed in particolare Tanzania e Madagascar. Indispensabile avere come interlocutori le associazioni non governative e i gruppi che lavorano nel mondo del sociale in loco. Due esempi: in Madagascar ci appoggiamo a una guida che si occupa di un progetto di cooperazione internazionale nel campo ambientale. In Guatemala si viaggia con un pullman di una cooperativa: uniamo l'area maja diTical e la costa atlantica con i progetti di sviluppo lad esempio la coltivazione biologica di mele in un'area abbandonata dopo la guerriglia, un incontro con il gruppo del premio Nobel Rigoberta Menciù e una sosta in una parroccliia che s'impegna per borse di studio a ragazzi maja). Per l'ospitalità ci siamo affidati alla cooperativa «Katoki» (in lingua maja significa aiutiamoci) che provvede al pernottamento in foresterie e piccoli alberghi». Ci sono però un paio di cose da non dimenticare: «Questo non è un viaggio awventura, ma alla portata di tutti. E' indispensabile avere una sensibilità per il luogo che si visita, essere predisposti per incontrare la gente, capire come vive, come interpreta la quolidianeità. I prezzi non sono assolutamente superiori al viaggio tradizionale, ma non si devo pensare a un'occasione di risparmio. C'è poi un impegno a dare la possibilità agli organizzatori locali di avere un ritomo, da impegnare per le loro iniziative in loco». Turismo responsabile è poi rispetto per la civiltà, la cultura e le risorse del paese che si visita. «Le nostre vacanze - dice Michela Lombardi di Treviso, responsabile della cooperativa onlus Viaggiemiraggi possono diventare una risorsa per la gente di quel paese. Non si parte senza essere informati. Per questo noi organizziamo una riunione preparatoria, un mese prima di iniziare la vacanza. Ci si conosce e si comprende lo spirito del turismo responsabile. C'è l'impegno a usare mezzi locali, strutture ricettive gestite da gente del posto e non da multinazionali, aderire al commercio equosolidale e all'economia alternativa. Il ritomo deve essere per chi vive in quei paesi. Ecco la necessità di un mediatore culturale, una persona del luogo che fa da tramite fra il gruppo e il paese ospitante. Sicuramente è ben di più di ima guida. Il viaggio non dura mai di meno di due settimane. Altrimenti è difficile entrare nella realtà. Le nostre proposte (Venezuela, Brasile, Madagascar, Camerun, Equador, Nepal e presto il Messico) non sono modello last-minute». Per sostenere la bandiera del turismo responsabile diverse associazioni hanno avviato una forma di boicottaggio con paesi dove vige la dittatura, come la Birmania, proprio per non finanziare quel sistema. Ma quanti sono i viaggiatori responsabili? «Sicuramente non si tratta di grandi numeri - dice -, ma la sensibilità sta finalmente crescendo». Le proposte non sono solo Sud America e Africa. ANapoli c'è un'associazione che ha lanciato una nuova sfida: il viaggio non è soltanto il momento esclusivo del riposo e rilassamento, ma può e anzi deve rappresentare un'occasione per incontrare e confrontarsi con diverse realtà ma nel nostro paese. «Il rischio - dice Teresa Musso della Koibà, un'organizzazione onlus - è che ciascuno di noi si porta in vacanza il proprio mondo o il proprio modo di pensare, come ad esempio nel villaggio turistico dove si riproduce tutta la realtà quotidiana, dal fitness alla cucina. Ecco quindi che spesso quei villaggi sono in posti lontani dalle città. Noi puntiamo all'oppposto: conoscere l'ambiente, la cultura e soprattutto la gente. A Napoli abbiamo lanciato una nuova proposta: vivere una vacanza daU'intemo, con ospitalità nelle famiglie, ma non sul modello del bed S- breakfast. Offriamo uno spaccato del contesto della città. Il programma prevede due mezze giomate per una visita alternativa dei quartieri, per spiegare la vita di tutti i giorni. Una proposta che poi allargheremo anche al Salente e alla Sicilia». Le proposte di vacanze sostenibili sono l'occasione per collaborare a progetti di cooperazione internazionale

Persone citate: Arielle Renoul, Gianpaolo Marro, Michela Lombardi, Mustafa El Gendy, Nobel Rigoberta, Planet, Teresa Musso, Vittorio Carta