Una giornata al confine rovente di Ramallah di Fiamma Nirenstein

Una giornata al confine rovente di Ramallah LA CITTA' DOVE SONO AVVENUTI I PEGGIORI FATTI DI SANGUE DELLA NUOVA INTIFADA Una giornata al confine rovente di Ramallah Il comandante del presidio israeliano: è di qui che passano tutti i terroristi reportage Fiamma Nirenstein RAMALLAH LA mattina all'alba Ramallah sembra una cittadina tranquilla e non il centro da cui passa ogni operazione terrorista, secondo quello che ci.dice il colonnello Dan Paz, responsabile di tutta la zona, comandante della brigata Benjamin, la più grande di tutte. La sua roccaforte sta in alto, sopra la città che è una dei sette intoccabili centri urbani della zona A, ovvero quella sotto controllo palestinese. A Ramallah scende molto spesso per le riunioni del suo Parlamento Arafat stesso, con l'intera coorte dei suoi ministri e parlamentari. La città ha edifici nuovi, istituzioni di polizia (Arafat ha otto corpi di sicurezza) fra cui l'ufficio e la casa di Jibril Rajub, con i tetti rossi quasi svizzeri. E' un misto di strana vicinanza con la metropoh per eccellenza, Gerusalemme, dove la gente usava recarsi per acquisti, al cinema, al teatro, e di spietati costumi di guerra: qua sono stati trascinati, rapiti con l'inganno, a distanza di pochi mesi, due ragazzini, uno di sedici (quello sedotto col computer) e uno di diciassette anni, uccisi e mutilati. Qui è avvenuto il famoso atroce linciaggio dei due soldati israeliani che si erano perduti. «E da qui - spiega Paz, 41 anni, capelli tutti grigi, volto gentile, figlio di un Moshav (una specie di kibbntz) sposato con ben quattro figli - e sicuramente passato, secondo le nòstre indagini, il terrorista della pizzeria Sbarro. Veniva dal Jenin, ma il rifornimento strategico e forse l'ultima spinta politico-dottrinaria era a Ramallah. Passano quasi tutti, se non tutti, da qui; però, non sempre escono con il materiale esplosivo, qualcuno sembra aspettarli poco più avanti oltre i nostri check pomi che senza eccezione frugano ogni veicolo, ogni sospetto». Paz siede in un ufficio dove è disegnata la sua regione: enorme. 1100 chilometri quadrati, in mezzo a cui spicca rosa Ramallah. Altre zone rosa definiscono il tenitorio A; in giallo chiaro e in verde le zone B, quelle miste, e C, quelle israeliane, come gli insediamenti di Ofra e di Psagot, bersagliati notte e giorno da )allottole, congiunti a Gerusaemme da una via che è diventata la strada record quanto a morti di )allottole palestinesi. Col veicolo jlindato, passiamo accanto a una serie di luoghi del delitto. In zona, cento villaggi palestinesi e 40 israeliani; un'università dove Hamas regna, quella di Bir Zeit. Una presenza militare e politica, quella dei Tanzim al comando di Barghuti, molto pressante. Da fine maggio, quando Israele dichiarò il cessate il fuoco, qui ci sono stati circa 1000 attacchi con 35 morti. La zona che Paz indica con la mano nei suoi punti centrali, è così importante logisticamente perché tutte le strade ci passano: quella per Tel Aviv, per Gerusalemme per Amman: «1 terroristi, devono tutti passare di qui». Ma in questo modo, Paz lo sa bene, si crea nella popolazione Palestinese un terribile disagio, si separano famiglie che vivono in luoghi diversi, si impedisce l'accesso al lavoro o agli ospedali, si crea un odio verso i soldati dei check point che impediscono la vita quotidiana. «Purtroppo non abbiamo altre soluzioni che controllare tutti, uno per uno». Chi ha visto le stradine vicine ai check point la mattina quando passano clandestinamente a centinaia i lavoratori in Israele, sa che questo non è vero. «Noi - dice Paz - non abbiamo intenzione di rovinare la vita della gente. A me non piace affatto doverli fermare, quindi limito le ricerche a ciò che è indispensabile come i veicoli. Anzi, io desidero porre fine quanto prima, non appena sarà possibile, alle chiusure. Voglio riaprire nel primo momento in cui si possa. Ma cosi, fermando tutti, uno per uno, riusciamo a prevenire molli attentati. Nelle macchine, si cerca soprattutto: l'esplosivo stesso; carte; e inoltre si esercita ima certa deterrenza». Ma proprio i giovani corrispondono all'identikit del teirorista, e sono loro che passano a piedi. Paz sorride dell'ingenuità: l'identikit si è molto allargato: anche gli anziani non sono alieni da sospetti ma sopratlulto c'è un nuovo terrorista pericoloso in giro: le donne. Il profilo del terrorista, dall'attentato alla Stazione Centrale di Tel Aviv, è cambiato. E come si fa a frugare una donna, specie se è una religiosa in abiti tradizionali islamici? Paz annuncia una novità: un gruppo di ragazze della sua legione stanno appunto compiendo un training per scoprire eventuali donne terroriste suicide, il pericolo del futuro. Le loro vesti più ingombranti celano meglio il volume delle bombe, il loro atteggiamento modesto e in genere la loro femminilità allontanano i sospetti. «Speriamo di concludere presto questo capitolo. Ogni gesto intrusivo è contrario ai miei principi e a quelli dell'esercito. Non siamo mai entrati in zona A, non abbiamo mai, dico mai, sparato per primi. Non attaccheremo mai, rispondiamo soltanto». Paz ci conduce in un giro che comprende alcuni insediamenti, fra cui Psagot, sede della organizzazione centrale dei setller: qui c'è molto desiderio di rivincila verso i palestinesi. Qui si organizzano gruppi estremisti aggressivi e, si dice, persino terroristi. Che fa la divisione Benjamin? «Esattamente lo slesso che farebbe contro un groppo di terroristi palestinesi: li cerca, li ferma, previene». Psagot confina con gli ultimi quartieri di Ramallah, che da quelle case spara suH'insediamento: il terreno è pieno di bossoli, un muraglione è stalo costruito a difesa del villaggio, la gente non gira molto per le strade. Un paio di missili israeliani hanno distrutto un edificio che Paz racconta essere slata la casamatta dei cecchini. Poi ci mostra invece come ultimo segnale di una pace perduta un posto comune di guardia, che era slato costruito in base agli accordi di Oslo. Incredibile a dirsi, qui ancora militari israeliani e palestinesi, divisi solo da una rete, condividono la giornata e la notte. Il comandante israeliano del posto è Radwan Mansur, un druse. Attraverso la rete, parla in arabo ai suoi vicini, che si affaccendano avanti e indietro esattamente come i soldati israeliani. Qualcuno già pronto, fa la guardia, mette in funzione una macchina, pulisce un'auto blindata. Un altro ancora cammina veloce verso una doccia con l'asciugamano buttato sulle spalle. Come sono i rapporti? Non facili. Di qui per esempio avviene la restituzione dei corpi, anche quelli dei linciati e dei ragazzi mutilati. Qui ci si seguita a incontrare ogni sera quando durante il giorno i palestinesi hanno avuto delle perdite. Radwan sorride: eppure questo è rimasto l'unico (Ufficile segno del fu accordo di Oslo. «Ce lo teniamo caro». «Stiamo addestrando delle donne soldato a perquisire le arabe che passano dal check point con i lunghi vestiti tradizionali. Adesso anche loro portano esplosivi addosso» Esiste ancora un posto di guardia comune ultima vestigia dell'accordo di Oslo Qui israeliani e palestinesi stanno gomito a gomito, qui si scambiano i morti

Persone citate: Arafat, Barghuti, Jibril Rajub, Moshav, Radwan, Radwan Mansur

Luoghi citati: Amman, Gerusalemme, Israele, Oslo, Tel Aviv