Le due città unite dal dolore

Le due città unite dal dolore Le due città unite dal dolore Ai funerali la folla ha chiesto che venga fatta verità ROMA Un lungo, affettuoso corteo e uno striscione che chiede la verità. Gli abitanti di Montalto Uffugo, paesone in provincia di Cosenza, hanno voluto salutare così Dino Paolo Nigro, 23 anni, che fra quelle case è cresciuto fin quando l'Esercito non l'ha fatto diventare cittadino del mondo. Centinaia di ragazzi, non solo militari, si sono ritrovati ieri mattina davanti al Duomo dove si celebravano i funerali di questo giovane caporal maggiore degli alpini, vissuto servendo la pace e la Patria e morto senza un perché. Una grande folla commossa che in una mano teneva una margherita e nell'altra un lembo dello striscione che chiede la verità, «tutta la verità filo per filo, rigo per rigo». Le preghiere e le lacrime erano anche per «Pep)e», Giuseppe Fioretti, 24 anni, 'altro n;ilitare che nessuno conosceva ma che, nel lutto e nella disperazione del momento, tutti hanno sentito caro e vicino. Nelle stesse ore a Tuscania, vicino Viterbo, amici e parenti di Giuseppe pregavano per Dino, come se il dolore e la rabbia e la sete di verità avessero annullato le distanze e le bare giacessero insieme, appaiate, nella stessa chiesa. «Ve ne siete andati come due stelle cadute nella notte di San Lorenzo», ha detto dal pulpito del Duomo di Tuscania la cugina di Giuseppe Fioretti, Tiziana. Insieme a lei c'erano la madre di Giuseppe, Antonietta, la sorella Arianna, che fra due mesi metterà al mondo una bambina, e poi tanti parenti, amici e commilitoni. Nelle prime file siedevano alcune autorità militari e civili: il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Gianfranco Ottogalli, il comandante della Cavalleria dell'aria di Viterbo, Bruno Job (un picchetto ha tributato gli onori militari al feretro che usciva dalla cattedrale), la presidente della Croce Rossa Italiana, Maria Pia Fanfani, i senatori di Alleanza nazionale Michele Bonatesta e Marcello Meroi, il sindaco di Tuscania con tutta la giunta e il vicepresidente della Provincia di Viterbo, Armando Lega. Ma del Governo «neppure l'ombra», ha sottolineato Franco Corbelli, del Movimento diritti civili. Al termine della celebrazione, officiata dal vescovo di Viterbo mons. Chiarinelli e da alcuni cappellani militari, il corteo funebre si è incamminato verso il cimitero della cittadina, accompagnato dal canto degli alpini e da un lungo applauso. La bara, avvolta nel tricolore, era portata a spalla dai soldati del IX reggimento, tutti commilitoni di Giuseppe. Negli stessi momenti un altro corteo si snodava per le vie di Montalto Uffugo, sotto una pioggia di fiori bianchi e di applausi. Tutto il paese, ieri in lutto cittadino, si è stretto intorno alla famiglia Nigro, ora orfana di entrambi i figli (il fratello di Dino Paolo è morto anni fa in un incidente stradale). Dal Comune della cittadina, dove era stata allestita la camera ardente, la bara è slata portata nel Duomo da un gruppo di alpini. Tra i familiari c'era anche Romina, la fidanzata e promessa sposa del giovane alpino. Si sarebbero dovuti sposare in quella stessa chiesa nei prossimi mesi, quando la domanda di arruolamento definitivo nell'Esercito presentata da Dino sarebbe stata accolta. Lei, che immaginava di andare all'altare vestita di bianco, e salita sul pulpito per giurare comunque il suo «eterno amore». «Alcuni errori umani sono rimediabili - ha tuonato don Gianfranco, parroco di Montalto - ed altri, come quello che è costato la vita a Dino, non lo sono». [1. mi.] Il feretro del caporal maggiore degli alpini Giuseppe Fioretti durante il funerale a Tuscania