Anche dall'alleato turco dure crìtiche a Sharon di Aldo Baquis

Anche dall'alleato turco dure crìtiche a Sharon «NON SI PUÒ' CONDIZIONARE LA RIPRESA DEL NEGOZIATO ALLA FINE DELLE VIOLENZE». IRATA LA REPLICA DEL LEADER DEL LIKUD Anche dall'alleato turco dure crìtiche a Sharon Pubblico battibecco tra Ecevit e il premier di Israele in visita ad Ankara Aldo Baquis TEL AVIV Il premier turco Bulent Ecevit e il suo ospite israeliano Ariel Sharon si sono ieri battibeccati nel corso di una conferenza stampa subito infiammatasi quando si è parlato della questione palestinese. Il leader dell'unico Paese musulmano che accetti oggi l'ingombrante presenza del falco israeliano ha affermato che è «irrealistica» la sua richiesta di condizionare la ripresa di contatti politici con i palestinesi a una cessazione totale delle violenze nei Territori. «In questo modo - ha spiegato Ecevit - non si fa altro che incoraggiare gli elementi più radicali a moltiplicare gli attacchi». Ascoltata la traduzione, Sharon ha subito afferrato il microfono: «Forse non vi rendete conto ha detto - che il 50oZo degli attacchi che abbiamo subito vengono proprio dagli uomini di Arafat. In dieci mesi, abbiamo avuto 145 morti: in proporzione, è come se la Turchia avesse avuto 1500 vittime in attacchi terroristici». Sharon - che era stato accolto ad Ankara da accese manifestazioni di protesta e da titoli ostili sulla stampa - ha proseguito la filippica: «Arafat - ha detto - deve decidere finalmente se vuole diventare il capo di uno Stato, oppure il capo di una banda di assassini». Quasi contemporaneamente, in Cisgiordania un militante di Hamas a bordo di un'autobomba si faceva saltare in aria accanto a un posto di blocco militare. Il giovane è stato dilaniato dall'ordigno, ma no ha fatto vittime. Incontrando poi i giornalisti israeliani, il leader del Likud ha detto di essere stato accolto con calore in Turchia, un Paese che negli ultimi armi ha stretto la cooperazione di sicurezza con lo Stato ebraico per la necessità di contenere nemici comuni. Così come ad Ankara, le ripercussioni del conflitto nei Territori sono drammaticamente avvertite anche ad Amman dove l'assassinio di un gioielliere israeliano ha creato un caso scottante per il regime. Da mesi re Abdallah cerca di contenere le richieste della popolazione palestinese e dei movimenti islamici di espellere l'ambasciatore israeliano David Dadon, Martedì, appena trovato, in un quartiere lussuoso di Amman, il cadavere del gioielliere israeliano, gli investigatori giordani hanno sbrigativamente catalogato il delitto come «criminalità comune». Il «Jordan Times» ha sostenuto ieri che la morte potrebbe essere dovuta a un regolamento di conti dell'uomo d'affari con i suoi soci giordani oppure con un misterioso israeliano scomparso da Amman. Eppure molto lascia pensare che Yizhak Sneir, 51 anni, sia stato vittima di un gruppo politico islamico, o forse dell'intelligence irachena. Di certo, la sua borsa non è stata prelevata dagli assassini. Una delle ipotesi dei servizi segreti israeliani è che Sneir dovesse essere rapito come Elhannan Tenenbaum: un uomo d'affari scomparso ad ottobre, e che da allora sarebbe prigioniero degli Hezbollah. Qualcosa potrebbe essere andato storto. Fonti israeliane affermano che non sono stati trovali bossoli accanto al cadavere: l'assassinio potrebbe dunque essere avvenuto lontano dalla casa della vittima. Yehuda Hiss, il dù-ettore dell'Istituto di medicina legale di Tel Aviv, si è precipitato ieri ad Amman per esaminare il cadavere. Ma all'ultimo momento è stato lasciato fuori dall'obitorio. Nei Territori prosegue lo spargimento di sangue. O tre al pale¬ stinese morto nella deflagrazione della sua autobomba, un colono è rimasto ucciso in un'imboscata nella vallo del Giordano. Sharon, durante la visita in Turchia, ha ribadito che non accetterà la presenza di osservatori finché non cesseranno le violenze nei Territori. In una situazione che sembra totalmente bloccata, Arafat comincia ad esaminare altre ipotesi: ad esempio quella della costituzione di un governo di imita nazionale con la sinistra marxista e con gli integralisti di Hamas e della Jihad islamica. Un documento in quattro punti, in fase di elaborazione, prevede l'accettazione - per la prima volta - da parte di Hamas e della Jihad islamica delle Risoluzioni 242 e 338 dell'Orni: cioè, almeno implicitamente, dello Stato d'Israele. Ma Arafat dovrebbe rinunciare a qualsiasi negoziato con Sharon e impegnarsi a proseguire la rivolta fino alla proclamazione di uno Stato indipendente in Cisgiordania e a Gaza, con Gerusalemme Est capitale. Il premier israeliano Ariel Sharon