«Schiava» cinese muore mentre cerca di fuggire dalla finestra

«Schiava» cinese muore mentre cerca di fuggire dalla finestra IL RACKET CHIEDEVA UN RISCATTO PER «LIBERARE» LE DONNE ENTRATE IN ITALIA SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO «Schiava» cinese muore mentre cerca di fuggire dalla finestra La ragazza era segregata in un alloggio con dieci connazionali, è caduta calandosi con una tovaglia Emanuela Giampaoli BOtOGNA Una donna cinese di circa trent'anni è precipitata dal quinto piano di un palazzo di periferia nel tentativo di fuggire dall'appartamento in cui era tenuta prigioniera ed è morta schiantandosi dopo un volo di dodici metri. Un'altra di ventisei anni è riuscita a salvarsi. E successo domenica in via Allcnde, quartiere FossoIo alla periferia di Bologna. Dalle prime indagini della polizia la donna era stata segregata con altri dieci connazionali dal racket che, fatti arrivare i clandestini nel capoluogo emiliano, pretendevano dai loro parenti - già in Italia il pagamento di un riscatto per liberarli. Uno dei carcerieri, è stato trovato dalla polizia vicino ail'appartamento: ora è in stato di fermo con l'accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione, omissione di soccorso, occultamento di cadavere, minacce e lesioni. Un'accusa che se confermata prevede 30 anni di carcere. Si tratta dell'ennesimo caso di sfruttamento di clandestini di origine asiatica da parte di connazionali. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, la vittima ha cercato di liberarsi, forse in un momento di distrazione dei carcerieri, e la rudimentale corda utilizzata, ottenuta legando assieme tovaglie e lenzuola che usava per calarsi dal balcone, ha ceduto. L'altra donna invece ha sfondato il vetro della finestra del bagno dell'appartamento al quarto piano, dove è entrata, mettendosi in salvo. Nel frattempo i carcerieri, forse due,o hanno cercato di nascondere le prove correndo a recuperare il corpo della ragazza, riportandolo nell'abitazione. Dei loro movimenti hanno approfittato gli altri sequestrati, tutti cinesi che sono scesi in strada per chiedere aiuto in un inglese stentato. Le loro invocazioni sono state accolte da alcuni cittadini e un giovane bolognese di vent'anni ha chiamato il 113. La polizia è riuscita a bloccare in strada uno dei carcerieri, con addosso una maglietta sporca di sangue: è un giovane cinese di cui non è ancora stato possibile accertare l'identità: l'esame antropometrico eseguito all'ospedale Sant'Orsola, e disposto dal pm, Maurizio Passarini, ha accertato che si tratta di un maggiorenne. Sono in corso le indagini per risalire all'identità degli altri complici. Dalle condizio¬ ni dell'appartamento arredato solo con qualche letto, si presume che possa essere stato usato come base temporanea del racket. Ipotesi confermata dalle numerose testimonianze degli inquilini che hanno descritto il continuo movimento di persone diverse da quell'interno. Per i dieci clandestini liberati, sei uomini di età tra i 18 e i 30 anni, e quattro donne dai 20 ai 50 anni, tra cui la madre e una cugina della vittima, senza documenti, sono stati messi a disposizione degli alloggi. La Procura, infatti, non ha autorizzato l'espulsione il ma gistrato anche grazie alla loro testimonianza potrà ricostruite i retroscena e individuare altri responsabili. Tutti i fascicoli del caso saranno passati alla Dda, la procura antimafia, i reati di cui sono accusati gli arrestati sono infatti di sua competenza. Un laboratorio dove lavorano immigrati cinesi: spesso sono clandestini

Persone citate: Emanuela Giampaoli, Maurizio Passarini

Luoghi citati: Bologna, Italia