Dai kibbbutz alle megalopoli

Dai kibbbutz alle megalopoli GEOGRAFIA E POLITICHE ECONOMICHE Dai kibbbutz alle megalopoli I VILLAGGI E LE STORICHE COOPERATIVE ISRAELIANE STANNO MAN MANO ABBANDONANDO L'AGRICOLTURA PER I SERVIZI E LE NUOVE TECNOLOGIE Daniela Santus (*) ; L possibile ruolo attivo del' la geografia è emerso durante i lavori delle commisì sioni per lo studio dello sviluppo locale e delle dinamiche degli spazi economici dell' Unione Geografica Intemazionale, riunitesi a Villa Gualino (Torino) dal 10 al 14 luglio. Le giornate di studio su "Sviluppo locale: problemi di competitività, collaborazione e territorialità" sono state organizzate da Sergio Conti (Università di Torino) con la partecipazione di geografi di tutto il mondo. Interventi e dibattiti, volti soprattutto a mettere in evidenza le diverse strategie innovative per lo sviluppo locale: dallo studio teorico delle dinamiche e dei limiti delle relazioni regionali (Jici Wang e Huasheng Zhu dell'Università di Pechino), al modello dei nuovi centri industriali della periferia occidentale di Tokio (Atsuhiko Takenchi e Hiroyasu Motoki dell'Istituto Tecnologico Giapponese). E' emerso come l'attività economica sia "intrappolata" nelle istituzioni sociali e politiche, e per spiegare il concetto si è fatto riferimento al neologismo inglese «embeddedness», termine creato appunto per rendere quasi visibile questo intreccio indissolubile. E su questo tema si sono concentrati gb studi di Michael Taylor dellUniversità di Portsmouth e di Michael Sofer dell' Università di Tel Aviv. Proprio Israele che, con un'estensione di circa 25.000 kmq, è più piccola del Piemonte, ha offerto il gruppo più numeroso di studiosi stranieri: Daniel Felsenstein da Gerusalemme, Yebuda Gradus da Beer Sheva, Baruch Kipnis da Haifa, Itzah Scimeli e Michael Sofer da Tel Aviv. Una così nutrita presenza potrebbe giustificare un ruolo di primo piano della geografia in Israele. "Purtoppo no - risponde Michael Sofer dell'Università di Tel Aviv - a parte i primi anni di scuola dell'obbligo, durante i quali allo studio della geografia sono riservate due ore settimanali, nelle superiori la geografia è una materia opzionale". Ma dalla nascita dello Stato, nel 1948, cos'è cambiato nella geografia d'Israele? "Tralasciando la questione dei confini, che è geografica ma soprattutto pobtica, Israele ha visto in questi ultimi anni un'altemarsi di differenti strategie spaziali: si è passati daba dispersione alla concentrazione. Dalle development towns create alla periferia del Paese, ci si sta avviando verso un rafforzamento - in termini di strutture e di servizi - delle grandi conurbazioni 'megalopobtane' di Tel Aviv e Haifa. Inoltre è mutata l'economia che, da prevalentemente agricola, è divenuta tecnologica". E proprio a causa della marginalità dell'agricoltura, anche i tipici villaggi cooperativistici (moshavim) e le comunità collettivistiche (kibbutzim) vecchie spine dorsab dell'economia israebana - hanno dovuto venire a patti con la trasformazione del Paese. "In molti casi gli ideab comunitari restano tab" prosegue Sofer "ciò che è mutato è l'impegno professionale dei residenti. Se tra gb anni '70 e '80 sia gli abitanti del moshav che quelli del kibbntz erano per la maggior parte impegnati nella coltivazione della terra, oggi non è più così: attualmente accanto all'aspetto agricolo, che tuttora permane, questi insediamenti si sono aperti verso l'industria e i sei-vizi". Questo abbandono dell'agricoltura non deve far pensare ad un deterioramento dell'assetto ecologico-ambientale: va infatti ricordato che in un Paese dove la scarsità d'acqua è un problema quotidiano - il 64'ft del consumo d'acqua in Israele è riconducibile all'irrigazione - un minor impegno agricolo può significare una maggiore disponibilità d'acqua. "Sono anni che Israele cerca nuove soluzioni per far fronte alla mancanza d'acqua" assicura Yebuda Gradus, direttore del Centro di Ricerca per lo Sviluppo del Negev. Sono stati costruiti laghi artificiali per la raccolta dell'eccedenza delle precipitazioni invernali, vengono riutibzzate le acque di scarico domestiche, si procede alla dissalazione dell'acqua marina e all'inseminazione delle nuvole con cristalb di ioduro d'argento per incrementare le piogge, in particolare sopra il bacmo del ago di Tiberiade, ma soprattutto si punta alla conservazione. "Vi è anche l'ipotesi di acquistare acqua dalla Turchia, dal momento che tra i due Paesi vi sono attualmente buoni rapporti". Dello stesso avviso sono Amt Flogsand e Stig Erik Jakobsen della Fondazione per la Ricerca in Economia e Amministrazione di Bergen (Norvegia) che hanno scelto quale oggetto privilegiato del loro studio le interazioni locab e non locab, centrando l'attenzione sugli aspetti della competitività del capitalismo "giocale" (termine che unisce il locale al globale). Ola Jonsson e Inge Ivarsson (Svezia) hanno messo invece in evidenza i problemi che possono emergere tra competizione e collaborazione: competizione globale e collaborazione locale, e viceversa, e poi progetti di economia sostenibile, di cooperazione nell'innovazione e di rispetto tra le culture. Tra una sessione e l'altra, chiediamo a Yebuda Gradus se esi¬ stano rapporti di collaborazione tra geografi israeliani e geografi palestinesi. "Purtroppo no. Qualche anno fa, grazie ad un finanziamento statunitense, è stato avviato un progetto di ricerca comune proprio sulla questione dell'acqua, ma poi - ben prima che il processo di pace subisse questa brusca interruzione venne abbandonato". "Il problema è che mentre i geografi israeliani - aggiunge Sofer hanno da tempo riconosciuto gli errori compiuti dallo Stato d'Israele, soprattutto per quanto concerne gli insediamenti nei Territori e l'ineguale distribuzione delle risorse tra arabi ed ebrei e stanno tentando di porvi rimedio, i geografi palestinesi continuano a pubblicare testi e atlanti nei quali Israele non esiste affatto. Una collaborazione dei geografi palestinesi con quelli israeliani li metterebbe nella condizione di dover riconoscere l'esistenza geografica di Israele". C'è dunque qualcosa che la geografia può fare più di quanto non possa fare la politica? "Certo - concordano i due accademici isra ebani - grazie allo studio delle realtà locali, la geografia può permettere il riconoscimento reciproco e, denunciando le eventuali sperequazioni, può lavorare per una giusta distribuzione delle risorse e per il benessere dell'intera regione. Di conseguenza, per una pace duratura". (*) Università di Torino UN CONVEGNO ATORINO CON SPECIALISTI PROVENIENTI DA TUTTO IL MONDO SUI TEMI DI TERRITORIALITÀ E COMPETITIVITA A destra carta geografica del XVII secolo raffigurante il Golfo Persico