«In piena guerra civile» di Marina Verna

«In piena guerra civile» «In piena guerra civile» I racconto degli italiani reduci dalle vacanze Marina Verna «Sembrava che aspettassero U nostro aereo per lanciare l'attacco». Prego? «Sì, credo che non volessero colpire i civiU. Ci hanno lasciato U tempo di sbarcare e di entrare neU'aeroporto; Eravamo l'unico volo nel giro di qualche ora, gU spari sono cominciati mentre aspettavamo i bagagli». Filippo Sari è uno dei 35 italiani che si trovavano a Colombo al momento deU'attacco TamU. Come quasi tutti, faceva scalo di ritomo daUe Maldive. «Quand'è conunciata la confusione, credevamo fosse un aUarme bomba. Ci siamo affacciati aUe vetrate : bagUori suUa pista, colpi di mortaio, un aereo che prendeva, soldati schierati. Altro che bomba, queUa era guerra. GU steward ci indicavano l'uscita, ci gridavano di scappare U più lontano possibUe dal fuoco». Gruppetti di itaUani si riconoscono daUe voci - «dai! dai! corri!» - e si aggregano tra di loro. «Volevamo raggiungere l'ambasciata ma non sapevamo come. Tutte le auto e i pulmini che aspettavano i viaggiatoli fuori daU'aeroporto erano stati presi d'assalto. Nessuno si fermava ai nostri segnaU, così ci siamo messi in mezzo aUa strada, rischiando di essere travolti. Ma un pulmino si è fermato e ci ha caricati. Tutti e quindici, anche se c'era posto solo per dieci. Schiacciati ma salvi». Gabriele Simoni, la mogUe e altri due ragazzi itaUani se la sono vista ancora più brutta. «All'uscita daU'aeroporto, qualcuno ci aveva detto di andare a sinistra, mentre quasi tutti andavano a destra. AU'inizio eravamo tanti, poi sempre meno. Sfido! Ci siamo trovati suUa pista, ogni trenta metri un soldato che ci intimava l'alt... Quando vedeva che eravamo turisti ci lasciava andare. E queUo dopo ci fermava di nuovo. Un incubo». Una volta fuori, neU'arrembaggio ai fuigoni, i quattro itaUani non riescono a farsi capire. La salvezza arriva da un singalese che parlava itaUano. «Ha fermato per noi un furgone già carico di donne, ci siamo saltati su, eravamo così tanti che U porteUone non si chiudeva. Il furgone ha fatto U giro deUa città per scaricare questa e quella, ma alla fine ci ha depositati aU'ambasciata». La lingua straniera ha reso difficile la vita anche a Filippo Ferri, in viaggio di nozze con là moglie. «Tutti scappavano e nessuno ci spiegava che cosa fare, o forse lo spiegava ma noi non capivamo». AUa spicciolata, con mezzi di fortuna, i 35 itaUani raggiungono tutti l'ambasciata nella centrale Jawatta Road, dove restano fino aUe sette del mattino. Poi vengono sistemati nei vari alberghi della capitale. L'ultima ad arrivare è RaffaeUa Bruno, con il marito e il figUo di dieci anni. «Ero uscita dalla sala imbarco per andare alla toilette quando ho notato deUe persone attaccate alle vetrate. Non si capiva più niente, si- sentivano solo i colpi di mortaio, piuttosto ravvicinati. Siamo corsi fuori e, seguendo alcuni impiegati dell'aeroporto, ci siamo nascosti dentro un fossato per ripararci dalle scintille. A piedi abbiamo percorso la strada dall'aeroporto fino al primo albergo, dove siamo arrivati dopo più di tre ore. Nessuno sapeva niente, perché qui c'è l'omertà più totale». Quando ripartiranno, non si sa. «Siamo tutti in albergo in attesa di notizie - dice àncora FiUppo Sari -. Ci hanno detto che pista e torre di controUo sono rovinate, un aereo grosso non riesce a decoUare né ad atterrare. Ma sembra che in due giorni tornerà tutto a posto». Nel frattempo, l'ufficio del Turismo di Colombo ha organizzato visite guidate aUa città. Erano 35 i connazionali che provenivano dalle Maldive: «Prima di sparare ci hanno lasciato il tempo di sbarcare e di entrare nell'edificio» Con mezzi di fortuna verso la nostra ambasciata nella capitale

Persone citate: Filippo Ferri, Filippo Sari, Gabriele Simoni

Luoghi citati: Maldive