Vecchia, amata Dubrovnik perla ferita della Dalmazia di Angelo D'orsi

Vecchia, amata Dubrovnik perla ferita della Dalmazia L'ANTiCA RAGUSA RECA ANCORA VISTOSI I SEGNI DELLA GUERRA NONOSTANTE I «GRANDI RESTAURI» Vecchia, amata Dubrovnik perla ferita della Dalmazia REPORTAGE Angelo d'Orsi A Jugoslavia, o quel che resta di essa, è sempre sulle prime pagine, e diffi« cilmente da quella terra miscuglio di climi, di popoli, di fedi e di culture giungono notizie «leggere». Eppure fino a pochi anni or sono le vacanze al di là dell'Adriatico erano praticate regolarmente da migliaia di italiani e di altri cittadini europei. Oggi, a distanza di una manciata d'anni dal drammatico spappolamento della Federazione, con tutte le guerre passate, quelle striscianti e quelle possibili, questa terra a noi così vicina è devastata, sconfitta, ferita. Eppure serbi, croati, bosniaci, montenegrini, sloveni, macedoni, kosovari sono gente dura, pur nella estrema varietà dei «caratteri dei popoli»; gente che non molla. Con un minimo di buona volontà si può dare loro una mano riprendendo l'uso delle vacanze, dei soggiorni, delle «incursioni» di pace, insomma. E se non si vuole rischiare troppo, si può cominciare da un week-end lungo, magari una settimana. E il consiglio che voglio dare è, banalmente, di incominciare (specie per chi non ci fosse mai stato) dalla «perla dell'Adriatico», ossia Dubrovnik, l'antica Ragusa, la più celebrata città della Croazia. A dire la verità i ragusei (i ragusani sono gli abitanti della nostra Ragusa, in Sicilia), o per dirla in croato, i dubrovcani. prima che croati, si sentono dalmati, e prima che dalmati si sentono cittadini della loro città, che per molti aspetti è una città-Stato sopravvissuta ad una storia remotissima. A lungo si è ritenuto che le origini di questo meraviglioso porto adriatico, collocato vicino alle Bocche di Cattare, risalissero all'invasione della Dalmazia da parte degli Avari, sei secoli dopo Cristo, e alla conseguente fuga degli abitanti di Epidaurum (l'odierna Cavtat) verso una penisola a settentrione, cui i Romani avevano imposto il nome di Ragusium. Recenti ritrovamenti hanno indotto a ritenere (ma la cosa andrebbe forse sottoposta ad un serio vaglio critico) che sia possibile una retrodatazione della fondazione della città. Certo è che essa ebbe un florido sviluppo: sia nelle fasi nelle quali fu soggetta Bisanzio, a Venezia e al Regno d'Ungheria, sia quando divenne una repubblica indipendente governata oligarchicamente (come del resto Venezia, il cui dominio lasciò un segno indelebile nell'architettura, nei costumi e nella stessa lingua). Certo è che Ragusa gareggiò con Venezia e con le grandi città marinare mediterranee, e ne se¬ guì il processo di decadenza a seguito della scoperta dell'America e del cambiamento radicale delle rotte del commercio marittimo. Si aggiunse poi, nel 1667, un micidiale terremoto, che mutò larga parte del volto della città. I francesi di Napoleone, all'inizio dell'Ottocento, si comportarono come a Venezia, dichiarando dissolta la repubblica; ad essi succedettero, per un secolo, gli Austriaci con l'annessione all'Impero. Fu la fine di una lunga storia, e nel 1918 l'inizio della nuova vicenda della Jugoslavia. La quale passò dal Regno alla Repubbli- ca Federale Socialista, capolavoro politico di Tito, affondata con la morte di quest'ultimo, in una equa divisione di torti fra le diverse parti, e la complicità di potenze straniere. Entrando oggi nella città dalmata, grandi cartelli colpiscono il visitatore, annunciandogli in molte lingue che quelli che vedranno sono i segni dell'«aggressione» che i «serbi e i montenegrini» scatenarono contro Dubrovnik nel 1991-92 (ma le ostilità durarono fino al 1995). In effetti quei segni sono forti e dolorosi: ma non tutti si notano a prima vista, giacché i croati, con forti investimenti stranieri (austriaci, tedeschi, in primo luogo, ma anche di imprenditori italiani e di altre nazioni, per esempio turchi) hanno ricostruito molti degli edifici distrutti dai selvaggi bombardamenti piovuti dal cielo, dal mare e dalle montagne sotto le quali è adagiata la città. Solo una più attenta ricognizione, ad esempio, ci fa capire che le straordinarie mura che circondano tutta la città vecchia, baluardo contro gli invasori, sono state in buona parte ricostruite; e così edifici civili e religiosi, monumenti, fontane, ricorrendo a fotografie e filmati, con il prezioso insostituibile ausilio dell'informatica. Eppure le ferite nelle finestre accecate, nei muri incerottati, nei portoni sforacchiati, nelle tante attività economiche cessate e nelle infrastrutture irrimediabilmente danneggiate non sfuggono al visitatore dotato di un minimo di occhio critico e di curiosità non da turista superficiale. Insomma, la guerra si vede e si sente a Dubrovnik, anche se gli abitanti di questo posto incantevole non vogliono più sentirne parlare: l'hanno vissuta, subita, e già in qualche modo digerita. Il lutto della Finis Jugoslaviae è stato largamente elaborato. Rimangono ceneri di rancore verso i serbi e i montenegrini, o verso il «regime», anche da parte di chi continua a dichiararsi convintamente socialista. Ma il pericolo di una regressione etnico-nazionalistica rimane forte e si configura sovente come un rovesciamento esatto di quel che un tempo accadeva: se in passato il serbo-croato doveva chiamarsi «lingua serba» oggi la stessa lingua viene chiamata obbligatoriamente «croata». La stoltezza del nazionalismo non ha confini né limiti. E anche da questo punto di vista una visita e un soggiorno nell'antica Ragusa può rappresentare un efficace antidoto contro certe tentazioni che anche da noi trovano sostenitori probabilmente incapaci di comprendere tutti i rischi delle loro posizioni. Armatevi dunque di una buona guida, di taccuino e penna, di macchina fotografica o telecamera (se credete) e recatevi al di là deir«Amarissimo». Ascoltate le storie di questa gente, guardatela, visitate la città e i dintorni (numerosi, a portata di mano e gradevolissimi, a cominciare dall'isola di Korcula, in italiano Curzola, dove sarebbe nato Marco Polo), assaggiate la cucina saporosa ancorché limitata di questa terra, respiratene gli odori, fra i venti del mare e quelli delle montagne. E meditate sull'importanza di salvare la pace, e con essa quel che rimane di questa nostra straordinaria Europa. Gareggiò con Venezia e con le grandi città marinare mediterranee, e ne seguì il processo di decadenza a seguito della scoperta dell'America e del cambiamento radicale delle rotte del commercio marittimo NON PERDETEVI ASSOLUTAMENTE I DINTORNI: TRA QUESTI L'ISOLA DI KORCULA, IN ITALIANO CURZOLA, DOVE SAREBBE NATO MARCO POLO ED ASCOLTATE LE STORIE DELLA GENTE IN TRAGHETTO « Da Venezia, Trieste, Ancona, Bari, con navi croate ( spartane, sconsigliata la prima colazione) o italiane (più confortevoli). A Milano esiste un'agenzia specializzata (Solo Croazia). Da Ancona si approda a Spalato e di là attraverso la meravigliosa e non facilissima E65 a picco sul mare, in tre ore, a velocità di crociera, sarete a Dubrovnik. Una visione panoramica di Dubrovnik e immagini della città vecchia. I ragusei prima che croati, si sentono dalmati, e prima che dalmati si sentono cittadini di una sorta di vera e propria Città-Stato

Persone citate: Curzola