Con la madre a Parigi nel silenzio della notte di Angela Bianchini

Con la madre a Parigi nel silenzio della notte Con la madre a Parigi nel silenzio della notte RECENSIONE Angela Bianchini M ARCOS Giralt Torrente, spagnolo, autore del romanzo Parigi, è giovane. Ce lo dicono a felice fulmineità del titolo, lo stile chiuso, serrate e compatto, le sfendo appena datato, asterico e apolitico della vicenda da lui narrata. In effetti. Torrente è nato a Madrid nel 1968, è nipote del grande scrittore Gonzalo Torrente Ballester, scomparse nel 1999, e, a trent'anni, ha ricevuto il prestigioso premio Heralde proprio per questa sua prima opera. Un romanze interessante, che riesce a incuriosire il lettore, inducendolo a scavare sotto l'apparente monotonia e iterazione di fatti minimi, quasi inesistenti. L'incipit sembra indicare come tutta la storia verta sul rapporto tra un uomo, ormai maturo, e la madre gravemente malata, e forse non più in grado di rispondere e di capile. «È durante il sÙenzio della notte, in quel tempo che precede il sonno, quando il più pauroso degli incubi ci assale e ci induce a cercare, spossati, il calde miraggio di chi dorme accanto a nei, che il ricordo di mia madre si fa onnipresente e bussa alla mia coscienza come un vecchio intruso che suona alla porta per recuperare il posto da cui una volta era state espulso». Il «caldo miraggio», frase, in italiano, abbastanza misteriosa, riguarda la madre e riguarda l'io RECENAnBian SIONE ela hini narrante? Non ci è dato capirlo, ma siamo indotti, dalle prime pagine, a immaginare un figlie unico, legato da grande amore alla madre, e quasi prive di un padre quasi sempre assente e di cui scopre, all'età di nove anni, la vera identità di truffatore («Mio padre venne arrestato in casa una sera in cui c'erano degli invitati e mia madre aveva scoperto troppo tardi, a cena inoltrata, il motivo della sua straziante allegria»). Da quell'epoca in poi, il protagonista e narratore, poco più giovane dell'autore stesso, vive e sembra vivere a Madrid in simbiosi totale con sua madre che supplisce all'assenza del padre, fornendogli una vita di studio e di famiglia abbastanza regolare. La prima crepa nella difficile certezza del bambino avviene quando in automobile lui e la madre vanno a Burgos a recuperare il padre che, appena uscito di prigione, annuncia di avere trovate un lavoro. In quest'occasione, la felicità della madre è la spia non soltanto di un rapporto ancora solide tra i genitori, ma addirittura di una complicità della madre con il marito che il bambino forse non ha mai sospettata. Inizia in quel momento, lo spostamento scenico dei tre personaggi: il figlio sente di essere sempre più solo, anzi sempre più unico e deve continuamente fare i conti con la coppia che realmente coppia non è, con un padre che scompare molte altre volte, con l'apparente solidità della madre, che, a ogni coste, mantiene la dignità della propria posizio¬ ne e della famiglia. Ma spostata si è anche la madre, che, senza apparente ragione, lascia, per un intero armo scolastico, il fighe ormai adolescente, presso la zia, in Galizia, e parte per Parigi: la scusa, sostenuta anche dalla famigha degli zii è la necessità di guadagnarsi il pane, facendo l'insegnante di spagnolo. Parigi è, però, fatalmente il banco di prova del rapporto madre-figlio ed è anche il culmine della storia. L'adolescente sempre contenuto, sempre dignitoso (e vorrei dire che la dignità della coppia madre-figlio è davvero una grande anche se forse improbabile invenzione) è costretto dalle circostanze, dalle scarse notizie, dal ritorno della madre, stanca e usurata, a capire che cesa è stato il soggiorno di Parigi, anzi Parigi stessa per la madre. E' stata l'identificazione della donna con il marito che colà vive: un'identificazione di cui non si sapranno mai i limiti, ma che può essere stata totale, fino all'annullamento della sua dignitosa personalità. Se i misteri della vicenda finissero qui, si rimarrebbe all'interno del rapporto canonico familiare, con le sue gelosie, i suoi tradimenti morali oltre che sentimentali. Ma sopravviene anche un colpo di scena, forse un po' da feuilleton: tuttavia, per non diminuirne l'effetto, ci limiteremo a citare, nel finale pirandelliane, lo smarrimento del narratore costretto a confrontarsi con la madre inferma: «non so se lui (mio padre) sapesse che io non ero suo figlio e, ipotizzando di sì, ignoro se l'abbia sempre saputo e se mia madre gliel'abbia raccontato, come a me, in un momento determinato». L'opera prima dello scrittore spagnolo Marcos Giralt Torrente: la capitale francese banco di prova di un rapporto misterioso, fra gelosie, tradimenti morali e sentimentali, penose infermità Parigi vista dal Centre Pompidou: la capitale francese è scenario (e titolo) dell'esordio di Marcos Giralt Torrente, scrittore spagnolo edito da Fazi Marcos Giralt Torrente Parigi trad. di Ursula Bedogni, Fazi Editore, pp. 262, L.26.000 ROMANZO

Persone citate: Fazi, Giralt Torrente, Gonzalo Torrente Ballester, Marcos Giralt Torrente, Pompidou, Torrente, Ursula Bedogni