Da Napoli al Missouri un Robinson lettore selvaggio di Lorenzo Mondo
Da Napoli al Missouri un Robinson lettore selvaggio Da Napoli al Missouri un Robinson lettore selvaggio RECENSIONE Lorenzo Mondo O aspettavamo in qualche altre cantone della sua Napoli miserabile e malavitosa, mmm quella di Pericle il Nero, del Rispetto, serbatoio fecondo di oralità e gestualità. Invece Giuseppe Ferrandino ha decise di emigrare nel tempo e nello spazio, non soltanto in America, ma ai primi dell'Ottocento {Saverio del Nord Ovest). In quello che potrebbe apparire, e non è, un romanzo storico. Ci troviamo ad apertura di libro nel Regno di Napoli, in un'isola, dove il ragazzo Saverio viene mandate a scuola dal parroco, nella speranza che diventi prete. La famiglia, poverissima, è stata consigliata a quel passo da un forestiero di passaggio che si chifuna Henry Beyle: Il destine di Saverio sembra così propiziato dai libri, dai romanzi che comincia a leggere avidamente e che comprerà con i suoi primi soldi quando troverà impiego nella capitale. Ma certe frequentazioni proibite (soprattutto Voltaire) lo costringono a imbarcarsi per scampare prigione e forca. Una serie di disavventure lo porteranno a perdersi nel selvaggio Missouri con due cavalli, una tenaglia, un coltelle, una manciata di aghi e di chiedi. Siamo all'antefatto, che l'autore e per lui Saverio, narratore in prima persona, sbrigano abbastanza rapidamente («Non mi dilungo», «Ecco in poche parole...») per arrivare al cuore della storia. D'ora in poi lo vedremo alle prese RECENLorMo con una natura inospitale, costretto a ingegnarsi per sopravvivere. Impara a costruire un arce, a tendere trappole, ad accendere il fuoco. E mentre prima si era mostrato reticente e svogliate, era descrive minutamente queste eperazioni, come il destarsi dei suoi sensi davanti ai pericoli di un mondo ignoto (memorabile la lotta IONE nzo do nella caverna con un orso dormiente). Soltanto l'incontro con qualche indiane interrompe la sua solitudine disumana. Con un linguaggio perlopiù asciutto e fattuale, d'impronta settecentesca, appena macchiato di dialetto, Saverio ci fa ripercorrere le varie tappe dell'uomo preistorico verso la civiltà, da cacciatore e raccoglitore ad allevatore e seminatore. Alla fine, governando la brama sessuale e la furia omicida, mette su famiglia, raccontando alle donne e ai figli, insieme ai suoi trascorsi, le trame dei libri letti tanto tempo fa. Interno c'è un gran movimento di gente, si intuiscono commerci, paesi popolosi, forse una città. Ma fermiamoci ai libri, quelli dell'esordio, che dovrebbero fare la differenza, trattenere Saverio sull'orlo del primitivo assoluto. In realtà, non diventano strumenti di elevatezza morale, meno che mai suggeriscono (in quelle state) idee di libertà e di uguaglianza come temevano gli occhiuti censori di Napoli. Ivanhoe, Tom Jones e il Capitano Singleton vengono richiamati alla memoria come manuali di vita pratica (per costruire attrezzi e ripari, per appostarsi alla caccia), offrono confortevole riscontro a situazioni e sensazioni. E' inevitabile pensare al Robinson Crusoe, ma Ferrandino non lo cita, alieno com'è dalla sua etica protestante e «capitalistica». Nel memoriale scritto su pelle di daino che spedirà ai parenti italiani, Saverio vuole spiegare «come me l'ere cavata e in che modo i libri mi avessero rovinato e poi aiutato». Sbaglierò, ma ho l'impressione che, tutto sommato, questa storia, mentre sembra celebrarlo, tenda a una disincantata diminuzione del libre e, più generalmente, di ogni prosopopea culturale. Il ribaltamento dalle mosse iniziali è la trovata più felice di Ferrandino, dà sostanza a quel tanto di bizzarro e insieme ovvie che troviamo nel sue racconto. Si tenga presente, aldilà dell'uso pratico, che il libro viene ricondotte alla sua matrice orale e, per così dire, inselvatichito. Anziché leggere, come faceva in giovinezza, Saverio racconta ai familiari Cervantes, Boccaccio e altre trame. E ci viene detto con ironia che la moglie indiana le ascolta con curiosità, ma «vi trova sempre qualcosa di selvaggio». Chiede anche com'era la vita a Napoli e Saverio le dice che «era bella come è bella ovunque, basta che stai bene». Dopo tante traversie, ha imparato l'importanza di «tenere le mani sulla terra. E quella, grazie al cielo, sta dappertutto». Una professione di scetticismo, di bonario egualitarismo, di minimo appagamento. Il picare, attraversando l'esperienza del selvaggio (non necessariamente buono e malvagio) ha preso qualche tratte sentenzioso del filosofo naturale. FERRANDINO EMIGRA NEL TEMPO E NELLO SPAZIO, RACCONTA t LE AVVENTURE DI UN PICARD NELL'AMERICA DELL'800, UN APOLOGO DI SCETTICISMO E BONARIO EGUALITARISMO Giuseppe Ferrandino pubblica «Saverio del Nord Ovest», un romanzo ambientato nel Missouri dell'800, tra foreste e pellerossa Giuseppe Ferrandino Saverio del Nord Ovest Bompiani, pp. 181, L 25.000 ROMANZO
Persone citate: Cervantes, Ferrandino, Giuseppe Ferrandino, Giuseppe Ferrandino Saverio, Henry Beyle, Robinson, Robinson Crusoe, Tom Jones
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