Grace Paley: riscattare la vita nel giardino delle tentazioni

Grace Paley: riscattare la vita nel giardino delle tentazioni Grace Paley: riscattare la vita nel giardino delle tentazioni ^ CCELLENTE M idea, questa di Einaudi, di -ma celebrare gli ottant'anni di Grace Paley pubblicando tutti i suoi inarrivabili racconti, con un titolo generale opportunamente scelto: «Piccoli contrattempi del vivere». Paley nasce Mary Ridnyik Goodside, figlia di immigrati ebrei russi, a New York, nel 1922, e nel '42 sposa Jess Paley, da cui si separa tre anni più tardi e divorzia dopo venti, firmando però con il nome del marito tutta la sua opera. Di lei rimane vivo l'impegno politico, nei gruppi della sinistra militante, partecipando a manifestazioni contro la guerra in Vietnam, al Congresso Mondiale per la Pace a Mosca nel '74 e ad altre iniziative sino agli Anni Ottanta. La contiguità tra radicalismo politico e avanguardia letteraria è un dato di fatto negli Stati Uniti, ma esiterei come ha fatto invece qualche recensore, a sottolineare la ricaduta della militanza sulla narrativa di Paley. Tanto per fare un caso, l'unico dichiarato comunista che appare nei suoi racconti, il «forestiero» di «In giardino» non lascia un'impronta memorabile. D'altronde, essa condannò a suo tempo le repressióni sovietiche. Ben RECENClaGo SIONE dio er più conta la matrice jiddish, evidente nel disegno dei personaggi e in quella che un critico americano ha definito «la lingua tagliente come un rasoio della donna urbana ebreoamericana». Al centro dei racconti si collocano sempre donne inquiete, ribelli o sottomesse, siano esse mogli, madri o più spesso amanti. Pensiamo, a uno dei primi racconti, «Arrivederci e tanti auguri». Rose, che parla in prima persona, e racconta alla sorella Lillie, non si sposa, e lasciato un modesto impiego ne trova un altro alla biglietteria di un teatro jiddish di New York. Qui conosce un attore, Volodya Vlashkin, «il Valentino della seconda avenue», sposato, ne diviene l'amante, ne sopporta le costanti infedeltà, l'abbandono, finché, cinquantenne ingrassata, lo reincontra. E' divorziato, e si sposano. «In fin dei conti avrò un marito, cosa che, come sanno tutti, una donna dovrebbe avere almeno una volta prima della fine della storia». Nello scattante «L'arrosto rosa pallido», Anna chiede all'ex marito, Peter, «al massimo della virilità» mentre lei ormai declina, di aiutarla a trasferirsi nel nuovo appartamento. Mentre sistemano le tende, lui si ferma e fanno l'amore. Chi paga per la splendida casa, vuol sapere Peter, e Anna gli risponde «mio marito». L'imbufalito Peter incalza: «Dov'è lo stupido figlio di puttana mentre sua moglie si fa scopare?». E perché lo ha sposato, dannazione? «Vendetta? Meschinità?». E lei, serena: «L'ho fatto per amore». Peter da quell'individuo disinvolto che è, «imbarazzato ma felice» la bacia e facendo «capriole» se ne va. Una caratteristica peculiare di Peter è la «transitorietà», e questo si presenta come uno dei paradigmi cruciali nei racconti di Paley. Pensiamo a «Desideri», un testo fulminante. Un matrimonio è finito dopo ventisette anni. La donna incontra l'ex marito per la strada e con lui rievoca il passato. L'uomo non ha perso il gusto per i «commenti laconici» che arrivano «giù per la gola, fin quasi al cuore, come il ferro di un idraulico». Lui avrebbe desiderato tutto, lei soltanto il suo uomo. Non poteva durare, nel segno di una inconciliabilità che produce tristezza e solitudine, ma lascia nonostante tutto isole di felicità, sia pure momentanee. L'importante, per le donne, visto che gli uomini «man man che invecchiano, si rincoglioniscono per donne sempre più incredibili», sta nel conquistare quelle isole. Non esistono valori assoluti, e bisogna approfittare di quelli momentanei: qui Paley sottilmente frequenta uno dei motivi conduttori della narrativa ebraico-americana. Cosi, in «Distanza», la protagonista che parla in prima persona lamenta la propria vita sacrificata a un matrimonio solido ma senza amore, e si riscatta simpatizzando per la ragazza che sogna una scelta opposta. Un peccato che il defunto marito non possa accorgersene, ora che è «lassù a rompere le scatole agli angeli innocenti». Progressivamente, la scrittrice, pur restando fedele al motivo di fondo che il rimedio sta nel vivere nella pienezza delle tentazioni, passa da un'ambientazione realistica a una chiaramente simbolico-allegorica. Il vertice si trova probabilmente nel racconto «In giardino», cui già abbiamo accennato. Siamo verosimilmente in un paese caraibico, affondati in una natura lussureggiante. C'è una donna giovane e bella, cui otto mesi prima sono stati rapiti i figli, ora probabilmente morti. C'è il ricco marito il quale rifiutò di pagare il riscatto, e continua a sbraitare che va tutto bene. C'è il comunista, dal cuore tenero ma implacabile, che si informa dei fatti. La figura dominante si incontra in una vecchia che ha a lungo consolato la giovane ma ora non ne sopporta più il marito, e morirà presto per una paralisi «devastatrice». Pure, è lei, che ha cominciato a interessarsi del proprio coraggio - la frase chiude il racconto -, a capire il senso tragico della vita, rendendola dunque sopportabile. Il giardino, allora, è il mondo, nel quale né la bellezza, né la ricchezza, e neppure l'impegno politico possiedono un valore salvifico, a fronte della presa di coscienza incarnata dalla vecchia e da suo marito, che sanno affrontare e comprendere il caso, il dolore, la morte. Qui Paley abbandona l'ambiente urbano, il suo scintillante colloquiale, pervenendo a una misura limpida, quasi classica. Le traduttrici, Sara Poli, Marisa Caramella, Laura Noulian e Susanna Basso, hanno lavorato bene per offrire al lettore italiano la prosa ora intrisa di oralità ora lucida come il cristallo, il ritmo, la struttura anti convenzionale, aperta, astutamente frammentata, di una indiscussa maestra del racconto. «PICCOLI CONTRATTEMPI DEL VIVERE»: TUTTI I RACCONTI DELLA SCRITTRICE AMERICANA CHE COMPIE OTTANT'ANNI, TRA RADICALISMO POLITICO E AVANGUARDIA LETTERARIA RECENSIONE Claudio Gorlier Grace Paley Piccoli contrattempi del vivere Einaudi, pp. 370. Gì 7.60 TUTTI I RACCONTI Grace Paley, nata a New York nel 1922, figlia di immigrati ebrei russi

Luoghi citati: Mosca, New York, Stati Uniti, Vietnam