Il brigatista in trappola mentre tratta la resa di Fulvio Milone

Il brigatista in trappola mentre tratta la resa BLITZ A NAPOLI. SCARCERATO DUE ANNI FA, SI ERA SOTTRATTO A UN PROVVEDIMENTO DI LIBERTA' VIGILATA Il brigatista in trappola mentre tratta la resa Arrestato Regna, ricercato per i legami con i terroristi che hanno ucciso Biagi Fulvio Milone NAPOLI Voleva costituirsi. Sabato scorso era andato dall'avvocato e gli aveva detto: «Ho letto sul giornale che sono ricercato. Voglio chiarire la mia posizione: con il terrorismo ho chiuso, ormai sono in pensione». Ma Michele Pegna, 44 anni, calabrese, da un mese e mezzo ricercato per associazione eversiva e banda armata, non ha fatto in tempo a concludere le trattative per la sua resa. Gliuomini della digos di Napoli e Roma, con i loro colleghi bolognesi del pool che indaga sull'omicidio di Marco Biagi, l'hanno ammanettato ieri mattina alle 11 in piazza Garibaldi, a due passi dalla stazione centrale, nei pressi di una cabina telefonica. Avevano individuato le sue tracce a novembre, quando un agente lo aveva riconosciuto mentre si aggirava fra le bancarelle del mercato degli stracci di Resina, vicino a Napoli. Era con una donna, sulle prime indicata come la terrorista latitante Simonetta Giorgeri, Si trattava invece della sua compagna: ed è stato proprio controllando le mosse di lei, una volta identificata, che gli inquirenti sono riusciti ■finalmente'-rai fare scattare latrappola. «Allo stato non ci sono elementi per dire chePegna si sia [;'avvalsondr:appoggr nel monda; dell'eversione o della cosiddetta «disobbedienza» per garantirsi la latitanza. I suoi amici, almeno qui a Napoli, sono estranei a quegli ambienti», spiega il questore di Napoli Franco^Malvano. Aggiungono, gli investigatori, che l'uomo accusato di far parte delle nuove Br-pcc aveva scelto la clandestinità molto tempo prima dell'ordine di custodia emesso dal gip di Roma nello scorso ottobre: era sparito dal 14 gennaio del 2000, giorno in cui aveva lasciato dopo 16 anni di cella il supercarcere di Trani. Ma il suo avvocato, Mario D'Alessandro, racconta un'altra storia, e traccia il ritratto di un uomo che si stava ricostruendo una vita normale. Pegna, dice, abitava da due armi fra Napoli e Portici, un comune dell'hinterland. Aveva una compagna e un lavoro di fornitore di prodotti surgelati ai supermercati, con i suoi documenti e il vero nome stampato sulla targhetta del citofono: «Conduceva un'esistenza alla luce del sole, assolutamente regolare e tranquilla, non certo quella del clandestino». Unico neo, aggiunge l'avvocato: due anni fa, subito dopo la scarcerazione, la «primula rossa» delle nuove Br si era sottratto a un provvedimento di libertà vigilata che l'avrebbe costretto all'obbligo di soggiorno nel comune di residenza e di firma tre volte al giorno in questura, oltre all'indicazione del domicilio dove eseguire le notifiche. «Un anno fa rivela ancora D'Alessandro - Era stato identificato a un posto di blocco a Napoli dalla polizia che Io sollecitò ad adempiere a quegli obblighi, ma lui non lo fece». Secondo il legale, insomma, non sarebbe stato poi tanto difficile rintracciare Pegna «che, tra l'altro, aveva anche affittato a suo nome'una casa al mare per le prossime vacanze estive». Per raccontare la storia della cattura di Michele Pegna occorre tornare indietro di quattro giorni. Sabato scorso il latitante si mette in contatto con l'avvocato a cui dice di aver letto sui giornali che la polizia lo cerca: «Ma io non c'entro più niente con la lotta armata, vogUo chiarire la mia posizione». D'Alessandro si mette subito in contatto con il capo della Digos napoletana, Giuseppe Bisogno, e gli spiega che il suo cliente ha intenzione di consegnarsi. A vma condizione, però: prima di far costituire il latitante, il legale vuole leggere l'ordinanza del gip di Roma. Bisogno, però, oppone ima serie di difficoltà: «Non è possibile, per fare quello che lei vuole occorrerebbero degli atti formali che prenderebbero troppo tempo. Piuttosto, dica a Pegna di sbrigarsi perchè gli stiamo addosso». Bisogno appare sicuro di sé, e ne ha motivo visto che il cerchio attorno al latitante ormai è quasi chiuso. Una serie di perquisizioni (otto nell'ultima settimana) e di interrogatori, hanno consentito agli uomini della Digos di ricostruire gli spostamenti di Pegna nell'ultimo anno. Sanno, gli investigatori, che il calabrese accusato di essere un esponente di punta delle nuove Brigate Rosse ha lasciato due anni fa il carcere di Trani a bordo di un'auto guidata dalla figlia di un ca- monista di rango detenuto nello stesso penitenziario. Arrivato a Napoli, ha conosciuto grazie a un amico delle donne che lo hanno ospitato in due appartamenti a Ponticelli, un quartiere periferico, e infine a Portici, dove ha messo radici ma da cui si è allontanato sabato scorso. Bisogno conosce quasi tutto, della sua preda. Sa, ad esempio, che Pegna non guida, così ha riempito di poliziotti in borghese le stazioni ferroviarie, disposto controlli costanti ai capolìnea degli autobus e messo sotto controllo i telefoni pubbhci più vicini ai binari dove arrivano i treni provenienti dalla provincia. E ha visto giusto, perchè Pegna ha commesso l'imprudenza di usare diverse volte la stessa cabina negli ultimi giorni. Dove? In piazza Garibaldi, la stessa in cui i detective preparano la loro trappola. E la trappola scatta, inesorabile, alle undici di ieri mattina. Un agente vede Pegna, giubbotto di pelle nera e pantaloni di identico colore, mentre cammina sul marciapiede davanti ad un albergo. E' diretto alla cabina telefonica, ma non fa in tempo a raggiungerla. I poliziotti lo circondano ma lui subito li rassicura: «Tranquilli, non c'è problema». Non è armato, e non dice una parola mentre si infila in un'auto civetta che lo porta in questura, la stessa in cui è stata accompagnata poche ore prima Luisa, la sua compagna che è scoppiata in lacrime quando ha detto: «Michele ha lasciato la lotta armata, non c'entra più niente con i terroristi». Non è accusata di niente, neanche di favoreggiamento, perchè' la nuova legge equipara le coppie di fatto a quelle sposate: «La moglie - spiegano gli inquirenti - non commette reato se tenta di proteggere la latitanza del marito». Un agente l'aveva riconosciuto mentre camminava al mercato degli stracci insieme con la compagna Ai poliziotti ha detto: «Tranquilli non c'è problema» L'avvocato: «E' da giorni che voleva costituirsi» LaconferenzastampaallaquesturadiNapolidopol'arrestodiMichelePegna