Turchia, il sì dell'Ue non • il isfa Ankara

Turchia, il sì dell'Ue non • il isfa Ankara SANCITI DI FATTO I TEMPI LUNGHI DELLA PROPOSTA FRANCO-TEDESCA Turchia, il sì dell'Ue non soddisfa Ankara Il primo ministro Gùl ha parlato di «discriminazione» e «pregiudizio» ma ha poi adottato toni più concilianti, ammettendo che l'Unione «non è un club cristiano». Garanzia dei 25: «Processo irreversibile» Emanuele Novazio inviato a COPENAGHEN L'ultimo tentativo di ammorbidire la posizione Uè, il primo ministro turco Abdullah Gùl l'ha fatto ieri mattina, poco prima dell'avvio della giornata conclusiva del vertice europeo di Copenaghen. Contando sull'aiuto di Silvio Berlusconi e Tony Blair, che hanno fatto vane pressioni sui partner, il capo del governo di Ankara sperava in im ammorbidimento del testo che fissa i tempi per l'avvio delle trattative di ingresso nell' Unione. Il documento finale, invece, ricalca la formulazione presentata nella notte fra giovedì e venerdì dalla presidenza di turno danese: «I/Ue incoraggia la Turchia a proseguire con entusiasmo il processo di riforme», «si impegna ad assistere la strategia di adesione» di Ankara e ad «aumentare significativamente l'assistenza finanziaria di pre adesione», sottolinea. Ma quanto ai tempi, nessuna concessione significativa: alla fine del 2004 l'Ue verificherà il rispetto dei criteri di adesione; se Ankara li soddisferà, le trattative potranno iniziare «senza ritardi». E' questa l'unica modifica strappata proprio in chiusura dee vertice da Gùl. Altri, più forti ritocchi al testo finale «non erano questioni negoziabUi», ha commentato il premier svedese Goran Persson. La formula ricalca quella anticipata dal premier danese Basmussen nella notte fra giovedì e venerdì: se la Turchia dimostrerà di essere in linea con il programma di riforme poUtiche ed economiche, aveva detto il presidente di turno Uè, i negoziati «s'inizieranno il più presto possibile». Secondo il ministro degù Esteri danese Per Stieg Moeller, tuttavia, saranno necessari almeno «sei mesi» per mettere in moto il processo negoziale. Il calendario potrebbe dunque ricalcare esattamente la proposta messa a punto la settimana scorsa dal presidente francese Chirac e dal canceUiere tedesco Schroeder (verifica a fine 2004, avvio dei negoziati nel luglio 2005), come lo stesso Gùl non ha mancato di sottolineare polemicamente: «La dichiarazione è frutto di considerazioni interne di Parigi e Berlino». Nonostante i ripetuti richiami di Berlusconi al «compromesso sulla Turchia» raggiunto a Copenaghen, la conclusione segna una sconfitta del fronte favorevole a tempi stretti (l'ala più «filoamericana» dei 15 raccolta intorno a Italia, Gran Bretagna e Spagna, molto attenta alle sollecitazioni di Washington in favore di un alleato strategico come la Turchia). E non soddisfa affatto Ankara che pure, dopo il forte nervosismo iniziale, ha adottato in serata toni concilianti: nella sua conversazione con Blair, ieri mattina, Gùl aveva denunciato (da grande discriminazione» e «il pregiudizio anti-turco» dei 15. Particolarmente polemico il capo del governo di Ankara era stato con Jacques Chirac, che alla cena d'apertura aveva denunciato «le pressioni e i ricatti del governo turco»: «Non basta fare le riforme, bisogna anche essere educati», ha detto il presidente francese secondo la ricostruzione di un primo ministro presente alla cena. Gelida la replica: «Il vero ricatto è quello di Chirac, sono molto deluso del modo in cui ha influenzato e diretto l'incontro». Ma, vefificata la determinazione del Consiglio, Gùl ha convertito l'irritazione m realismo: la decisione dei 15 dimostra che l'Unione europea «:ion è un club cristiano», ha commentato. Confermando la «delusione» del suo Paese, ma insieme rilanciando la volontà di «procedere sulla via delle riforme» e di «proseguire il cammino verso l'U^». L'Unione europea, notava in serata il pi emier turco, «ha accettato di avviarsi verso l'apertura dei negoziati, anche se non secondo i tempi che volevamo». Nessuna rottura dunque, come ancora alla vigilia aveva minacciato il leader del partito islamico trionfatore delle elezioni di novembre, Recep Tatip Erdogan, sostenendo la possibUità di «cercare altre vie» se lUe non avesse accolto con sollecitudine la Turchia. Gùl non ha insistito sulla strada della minaccia e dello scontro: «Abbiamo detto a tutti che se la Turchia entrerà nelTUe, questa sarà la prova che un Paese islamico può essere democratico e moderno. Penso che i leader europei lo abbiamo capito», ha commentato. Per tranquillizzare Ankara, i 25 Paesi dell'Europa allargata hanno firmato una dichiarazione congiunta - inserita nel documento finale - in cui si garantisce «la natura continua e irreversibile» del processo di allargamento anche per la Turchia, oltre che per Bulgaria e Romania che potrebbero entrare nelTOe già nel 2007 (alla Turchia servirebbero comunque molti anni ancora). Anche i 10 nuovi membri dell'Unione hanno firmato una dichiarazione in favore dell' adesione di Ankara, sollecitata da una Turchia spaventata dalla possibilità che l'Ue allargata diventi più ostile alle sue richieste: «Salutiamo l'importante decisione sulla prossima fase della candidatura della Turchia», dice il testo. Niente più di una semplice presa d'atto. Il primo ministro turco Abdullah Gùl durante una pausa dei lavori al vertice di Copenaghen