La «provincia turca» di Germania di Francesca Sforza

La «provincia turca» di Germania La «provincia turca» di Germania Due milioni e mezzo di immigrati: dove Tintegrazione è già realtà Francesca Sforza corrispondente da BERLINO Vista dalla Germania, la Turchia è già europea. Non tanto a causa delle strategie geopolitiche del cancelliere Gerhard Schroeder, quanto per questioni di poUtica intema, che toccano ogni giorno la società civile tedesca. In Germania vivono circa due milioni di turchi oltre un quarto della popolazione straniera del Paese - cui se ne aggiungono altri 500 mila che appartengono alla seconda generazione, e che di conseguenza hanno la cittadinanza, il diritto di voto e partecipano a tutti gli effetti alla vita sociale e civile. Il loro livello d'integrazione è migliore che in altri Paesi della zona euro, e anche l'Islam è praticato da molti fedeli in una versione «ammorbidita», che chiude un occhio sulle relazioni prematrimoniali delle giovani generazioni e sull'assunzione (moderata) di alcolici alle feste di scuola. «Le sembra giusto che in Europa possano entrare Paesi con cinquant'anni di comuni¬ smo alle spalle e noi no?», domanda un tassista turco di Berlino che vive qui da trent'anni, con moglie e due fighe. «Siamo delusi e ci sentiamo discriminati - dice Hakki Keskin, il presidente del Tgd, la comunità turca in Germania la data che è uscita dall'ultimo incontro tra Schroeder e Chirac è molto lontana dalle nostre aspettative». Per questo Keskin ha organizzato una raccolta di firme a favore di un'accelerazione dei tempi d'ingresso: fino a questo momento 500 mila turchi hanno aderito alla proposta. «Chi pensa che una Turchia europea significhi un'integrazione più diffìcile si sbaglia dice ancora Keskin - è vero piuttosto il contrario: accelerare l'ingresso della Turchia in Europa significa rafforzare i processi di assimilazione con i Paesi adottivi». I tedeschi però non sembrano dello stesso avviso: secondo un sondaggio condotto dall'istituto Emnid per il settimanale economico «Wirtschaftswoche», il 510Zi) degli intervistati (su un campione di mille cittadini tedeschi) si è dichiarato contrario all'adesione della Turchia all'Unione europea. Analoghe perplessità sono state espresse dall'ex cancelhere socialdemocratico Helmut Schmidt, che in un'intervista al'settimanale «Die Zeit», in edicola questa mattina, ha detto che l'ingresso di Ankara metterebbe in pericolo le strategie dell'Unione in questioni di poUtica estera: «La Germania deve giustamente essere interessata a ima Turchia pohticamente ed economicamente stabile, ma bisogna chiedersi che cosa accadrebbe nei nostri confini se ci fosse una libera circolazione di cittadini turchi». I conflitti con i curdi, si risponde l'ex cancelliere, finirebbero per spaccare il Paese e giocherebbero a favore più di una chiusura della comunità in se stessa che di una maggiore integrazione. Della stessa opinione era anche l'ex cancelhere Helmut Kobl, che una volta sintetizzò il suo pensiero in una battuta a Romano Prodi: «Caro Romano, ma quale Europa? Ricordo benissimo il mio libro di geografìa delle elementari, e l'Anatolia stava nel capitolo "Asia"». La posizione dei cristiano-democratici è rimasta la stessa, e come ricorda Kenan Kolat, anch'agli membro del Tgd, «l'attuale govemo di sinistra non ha vinto solo con i voti dell'ex Germania Est e delle donne, ma anche con il voto dei turchi», che per r8096 hanno votato Verdi o Spd. «Un Paese a maggioranza musulmana non significa un ostacolo all'unione politica europea - dice Kolat - ma una sfida e un modello per tutti i Paesi del mondo, soprattutto nell'attuale congiuntura internazionale». Kemal Hùr è un giovane giornalista curdo di Radio Multikulti, l'emittente più ascoltata dai giovani della capitale: «Non è soltanto perché sono di origini curde - ci dice in un tedesco perfetto - ma sono stato di recente in Turchia e ho diversi colleghi che lavorano lì. E' un Paese dove non c'è libertà di stampa e di espressione. Io ho una parola sola: contrario». 1 geh5rt Una dimostrazione di emigrati turchi in Germania