Nomine Rai, altra fumata nera di Maria Grazia Bruzzone

Nomine Rai, altra fumata nera NUOVE DESIGNAZIONI DI SACCA' PER LA FICTION E I VERTICI SIPRA, IL CDA CHIEDE 24 ORE Nomine Rai, altra fumata nera «L'azienda è indivisibile, sì alla riforma Gasparri» Maria Grazia Bruzzone ROMA Forse i produttori, autori, sceneggiatori, registi televisivi che ieri mattina, in rappresentanza del mondo della fiction ormai in ginocchio, hanno deciso di riunirsi in assemblea permanente per premere sulla Rai, pensavano che questa volta il cda ce la facesse a nominare almeno il direttore della Fiction, indispensabile primo passo per poi varare il piano di produzione di quelle storie italiane che il pubblico televisivo mostra di apprezzare più di ogni altro programma. Invece niente. Dal consiglio è uscita di nuovo una fumata nera. Solo un cambio di nomi da parte del direttore generale: Antonio Ferrare (ex socialista, storico braccio destro di Sodano in Rai, vicino a Sacca) per la Fiction e Vilfredo Agnese (attuale vice di Paolo Ruffini, responsabile per il palinsesto di RaiTre) al coordinamento palinsesti. E' stata questa la controproposta di Sacca, che sulla coppia di candidati alla Sipra (Raffaele Ranucci presidente, Mario Bianchi a.d.) aveva dettò di non essere disposto a transigere, ma sugli altri due posti chiave in ballo aveva manifestato qualche disponibilità per ottenere la convergenza dei consiglieri di opposizione e dello stesso Marco Staderini. Zanda e Donzelli avevano avanzato i nomi di Angelo Guglielmi (o Stefano Balassone) e di Giuseppe Cereda, l'attuale direttore della Divisione 2. Ma Sacca è arrivato in consiglio con Ferrare e Agnese. Zanda ha chiesto 24 ore di tempo e il Cda è entrato in stand by. Il fatto è che le nomine si incastrano l'ima nell'altra, insieme ad altri punti caldi (dalla definizione deir«audit», sorta di controllore intemo, alla societarizzazione di Rai International, dalla politica retributiva ai problemi di Rai Educational, fino ai fatidici casi di Biagi e Santoro), su cui Donzelli, Zanda e Staderini vogliono mettere dei paletti chiari, per non continuare ad andare avanti alla cieca. Tous se tien. Anche 0 «federalismo» che Ettore Albertoni non si stanca di chiedere, puntando i piedi su tutto il resto. Così il Cda proseguirà oggi e probabilmente anche domani. Quanto a interventi, la giornata è stata invece assai nutrita. Antonio Baldassarre ha cominciato di buon mattino al convegno su «Pluralismo e servizio pubblico nell'era del digitale», promosso dalla Vigilanza e dalTAuthority e organizzato dall'Isimm di Enrico Manca. Ha chiesto al governo di «sostenere» e «aiutare» i progetti di sviluppo della Rai nella produzione e nel digitale, ha annunciato a sorpresa l'intenzione di creare una Saxa Rubra Due, un'intera «cittadella della tv», ha criticato l'Auditel «insufficiente a rilevare la qualità» e dato il suo viatico alla proposta del ministro Gasparri di non fare della Rai quello «spezzatino» che anche Gonfalonieri disapprova, privatizzandone una rete, ma di renderla una public company, magari offrendone le azioni ai dipendenti come auspicano, da parti diverse. Manca e Biagio Agnes. Un «sì» più articolato alla riforma Gasparri è poi venuto da Baldassarre nell'audizione davanti alla commissione Cultura di Montecitorio. Mentre Sacca ha spiegato che il digitale «non renderà per almeno 10-12 armi» e che comunque «la Rai non ha le risorse». Punto. Critico sul disegno di legge governativo è stato Enzo ChelT che ha chiuso il convegno con Claudio Petruccioli. «Privatizzare la Rai non può essere una terapia risolutiva per la sua indipendenza e il pluralismo» ha avvertito il presidente dell'Autorità che, in alternativa, ha indicato la strada di «risorse certe», organi di controllo più coordinati e più rapidi, «criteri di nomina del cda simili a quelli in uso per i giudici costituzionali», sganciati dalle maggioranze, mentre Petruccioli propone che ogni consigliere sia nominato da un organismo diverso. «L'Italia radiotelevisiva era considerata in Europa un un esempio da seguire, oggi è additata come una realtà da evitare», ha aggiunto Cheli, sottolineando «l'omologazione verso il basso» della Rai, che il digitale «rischia di aggravare spingendola a ridursi a mero «servizio universale». L'ingresso della storica sede della Rai, in viale Mazzini 14 a Roma

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